mercoledì 7 gennaio 2009

La preghiera dei musulmani davanti alle chiese. Joaquìn Navarro-Valls e le coscienze islamiche

«Certamente»
da A Conservative Mind - Il blog di Fausto Carioti

Cadono gli ultimi dubbi sul perché Joseph Ratzinger ha deciso di fare a meno di Joaquìn Navarro-Valls (foto). L'ex portavoce del Vaticano scrive oggi su Repubblica:
"Vedere che in Italia è permesso a dei musulmani di praticare l’Islam, davanti a una cattedrale cattolica, smuoverà certamente le coscienze di molti musulmani di tutto il mondo a riconoscere almeno in parte quegli stessi diritti mai concessi alle minoranze cristiane ed ebraiche".
Dove la cosa più lunare è proprio quell'avverbio. L'Italia e l'Europa ospitano moschee già da qualche decennio, ma questo non sembra avere smosso alcuna "coscienza" islamica: costruire chiese cattoliche, o anche solo mostrare la Bibbia o il crocifisso, in grandissima parte dei Paesi musulmani resta proibito dalle leggi, modellate sulla sharia. Per non parlare del trattamento riservato agli "apostati" dell'Islam convertiti al cristianesimo. Qualcuno informi Navarro-Valls.

Perchè la causa di Pio XII può attendere

6 gennaio 2009

Quando prima di Natale il Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, l’arcivescovo Angelo Amato, si è recato in udienza dal Papa per avere l’approvazione della pubblicazione di nuovi decreti riguardanti nuovi santi o beati in molti nei Sacri Palazzi erano curiosi di vedere se Benedetto XVI avesse dato il via libera a quello riguardante le virtù eroiche di Eugenio Pacelli. Non è stato così. Il decreto in questione, pronto dal luglio 2007, non è stato “scongelato”. Sembra che il lavoro di padre Ambrosius Eszer di revisione delle carte pacelliane in Segreteria di stato stia durando più del previsto e che non possa terminare prima del prossimo giugno. L’eventuale via libera ratzingeriano alla controversa causa di beatificazione non potrà arrivare quindi - di fatto - prima del viaggio pontificio in Giordania e Israele previsto (crisi di Gaza permettendo) per maggio.

Il messaggio del Papa per il terremoto del 1908 a Reggio Calabria e Messina: il ricordo promuova un'autentica fraternità verso i bisognosi

Il ricordo del “tragico” terremoto del 1908 che ha colpito Reggio Calabria e Messina “susciti rinnovata adesione ai perenni valori evangelici e promuova uno spirito di autentica fraternità verso i bisognosi e quanti versano in condizioni difficili”. E’ quanto ha scritto Papa Benedetto XVI all’arcivescovo di Reggio Calabria-Bova, Vittorio Mondello, in occasione della “Giornata della Gratitudine” voluta dalla diocesi per ricordare quel tragico evento e per pregare per le vittime e per quanti si sono prodigati nei soccorsi. “La solidarietà che si è manifestata in occasione del terremoto – ha detto ieri sera il presule durante una solenne celebrazione eucaristica nella Cattedrale – fu l’elemento più evidente dell’Unità d’Italia”. Il presule - riporta l'agenzia Sir - ha evidenziato il ruolo di alcuni ecclesiastici che si sono impegnati a favore dei feriti e dei senza tetto: don Luigi Orione, l’allora vescovo di Mileto, mons. Giuseppe Morabito e San Gaetano Catanoso, entrambi reggini, e il Papa Pio X che aveva espresso il desiderio di compiere una visita nelle due città terremotate per portare conforto e soccorso ai supersiti personalmente. Fu lui ad aprire ai feriti l’Ospizio “Santa Marta” in Vaticano e ad autorizzare alcuni istituti religiosi a fare altrettanto, oltre che a stanziare fondi per le opere di assistenza.

Le Chiese Ortodosse celebrano il Natale. A Mosca la prima volta senza Alessio II

Le chiese di Russia si sono riempite di fedeli ieri notte per le solenni ce­lebrazioni del Natale che, per gran parte del mondo ortodosso, cade il 7 gennaio. Per l’occasione sono arrivati gli auguri di Papa Benedetto XVI che si è ri­volto ai fratelli delle Chiese d’Oriente du­rante l’Angelus di ieri. Per la Chiesa rus­sa quest’anno le festività natalizie si svol­gono in un’atmosfera particolare, se­gnata dal ricordo di Alessio II (foto) scompar­so il 5 dicembre scorso e dall’attesa per l’elezione del nuovo patriarca che av­verrà a fine gennaio. Il rappresentante di Benedetto XVI in Russia ha partecipato alla Messa di Natale celebrata la mezzanotte scorsa dal reggente della Chiesa ortodossa russa, il metropolita Kirill. Nella cattedrale di Cristo Salvatore di Mosca, oltre al Presidente della Repubblica federale, Dimitry Medvedev, c'era il Nunzio Apostolico, l'Arcivescovo Antonio Mennini. Il metropolita Kirill ha invitato tutti a farsi forza in un periodo di grave crisi economica internazionale e ha invocato l'aiuto divino per il presidente in tempi non facili. La parola "crisi", ha spiegato Kirill, viene dal greco e significa "giudizio". Oggi il "giudizio" riguarda alcuni atteggiamenti, come il desiderio di possedere sempre di più dimenticando i veri valori. Secondo quanto raccoglie la cronaca della Radio Vaticana, ha suscitato commozione tra i fedeli la lettura del messaggio che il Patriarca Alessio II aveva già preparato per le feste natalizie prima della sua inattesa scomparsa, avvenuta all'inizio di dicembre. Il defunto capo della Chiesa ortodossa ricordava i festeggiamenti in giugno per i 1020 anni della cristianizzazione della Rus' Kieviana, invitando a vivere non secondo la propria volontà ma secondo quella di Dio. "Ricordiamoci – ha scritto Alessio II – che la vera pace la dà solo il Signore".
La Chiesa ortodossa russa ce­lebra il Natale 13 giorni dopo la Chiesa cattolica e le chiese protestanti. E, contestual­mente, slitta di 13 giorni anche l’Epifania che sarà celebrata il 19. Dietro questa differenza però non si nascondono controversie teo­logiche, ma un semplice proble­ma «di calcolo». In realtà, infatti, la Chiesa russa ricorda il Natale il 25 dicembre, ma non, come noi, secondo il calendario gregoriano, bensì secondo quello, più antico, giuliano. Tutta la questione risa­le al XVI secolo, quando gli astro­nomi si resero conto che il com­puto del tempo, basato sul ca­lendario risalente a Giulio Cesa­re, era in ritardo rispetto alla realtà astronomica. Il 24 febbraio 1582 Papa Gregorio XIII con la bolla « Inter gravissimas » diede il via al­la riforma del calendario, che però venne attuata il 4 ottobre dello stesso anno, al quale succe­dette non il 5, ma il 15 ottobre. 10 giorni andarono per così dire per­duti. Essi divennero successiva­mente 11, poi 12, e dal 1 marzo 1900 salirono a 13. Mentre il calendario gregoriano fu accolto dalla maggioranza dei Paesi europei, la Russia rifiutò di farlo. In campo civile il nuovo ca­lendario, detto novyj stil (nuovo stile) fu introdotto solo nel 1918, dopo la rivoluzione bolscevica, ma la Chiesa ortodossa manten­ne fede al calendario giuliano, co­nosciuto come staryj stil (vecchio stile). Non tutte le Chiese orto­dosse però seguono il calendario giuliano, anzi quelle che lo fanno sono la minoranza: i patriarcati di Russia, Georgia, Serbia e Gerusa­lemme, più la 'repubblica mona­stica' del Monte Athos, in Grecia. La maggioranza delle altre Chie­se ortodosse, a cominciare dal Pa­triarcato di Costantinopoli e dal­la Chiesa di Grecia, sono ormai passate al computo gregoriano. In realtà anche il Patriarcato di Mosca si è più volte interrogato sull’opportunità di passare al «nuovo stile», festeggiando il Na­tale il 25 dicembre. L’orientamen­to della gerarchia, ribadito anche dal defunto patriarca Alessio II è però tradizionalmente contrario. La Chiesa – ha spiegato in propo­sito il metropolita Kirill, «custode del soglio patriarcale» in attesa dell’elezione del nuovo capo del Patriarcato russo -«vive secondo una tradizione che ha la sua di­namica e la sua inerzia. Molte ge­nerazioni – ha aggiunto - sono state educate nella tradizione di celebrare il Natale il 7 gennaio. Ma se la Chiesa adottasse il 'nuovo stile', la maggioranza dei fedeli continuerebbe ciononostante a venire in chiesa il 7 gennaio e chia­merebbe eretici coloro che hanno festeggiato il 25 dicembre. Sorge­rebbe di nuovo uno scisma».

L'Azione Cattolica raccoglie l'appello del Papa: domenica 18 giornata di preghiera per la pace in Terra Santa

L'Azione Cattolica Italiana, insieme a tutte le Ac del mondo, si unisce a Papa Benedetto XVI e ai fedeli delle Chiese cristiane di Gerusalemme in preghiera per la fine del conflitto nella striscia di Gaza. Accogliendo le parole del Pontefice, la presidenza nazionale dell'Azione Cattolica Italiana - informa una nota - invita tutte le associazioni diocesane e parrocchiali a unirsi nella comune preghiera per la Terra Santa, anche in occasione delle molte iniziative che l'Ac tradizionalmente dedica nell'intero mese di gennaio al tema della pace.
In particolare il 18 gennaio, inizio della settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, in concomitanza con i lavori del consiglio nazionale, l'Ac a tutti i livelli, con l'Ac dei diversi paesi del mondo, si unirà in una invocazione comune per la Pace in Terra Santa.

Natale 2008. Gallerie fotografiche delle celebrazioni presiedute da Papa Benedetto XVI

Immagini della Celebrazione: 24 dicembre 2008 - Santa Messa della Notte di Natale

Immagini della Celebrazione: 25 dicembre 2008 - Benedizione 'Urbi et Orbi'

Immagini della Celebrazione: 31 dicembre 2008 - Primi Vespri in ringraziamento per l'anno trascorso

Immagini della Celebrazione: 1 gennaio 2009 - Santa Messa nella Giornata Mondiale della Pace

Immagini della Celebrazione: 6 gennaio 2009 - Santa Messa nella Solennità dell'Epifania del Signore

Immagini della Celebrazione: 11 gennaio 2009 - Santa Messa e Battesimo dei bambini

Il Papa nella prima Udienza generale del 2009: il vero culto è la comunione con la croce di Cristo. Benedetto si scusa con i fedeli per la poca voce

Il Papa, all'inizio dell'Udienza generale del mercoledì nell'Aula Paolo VI, si è scusato con i circa 4mila fedeli per la sua voce rauca. "Purtroppo mi manca la voce - ha esordito Benedetto XVI - ma spero di farmi comprendere". Automatico l'applauso di sostegno dei pellegrini presenti.
Prima di iniziare la sua catechesi, il Papa ha rinnovato gli auguri per un buon 2009. "In questa prima udienza generale del 2009 - ha detto Papa Ratzinger - rinnovo i miei fervidi auguri per il nuovo anno appena iniziato, ravviviamo l'impegno di aprire a Cristo la mente e il cuore. Quest'anno, pur con le sue inevitabili difficoltà, solo con Cristo sarà un cammino di gioia e l'anno nuovo sarà buono e felice". Solo se resteremo uniti a Gesù l'anno nuovo sarà buono e felice", ha aggiunto il Papa, nella prima udienza generale del 2009. "Ravviviamo in noi l'impegno ad aprire a Cristo la mente e il cuore, per essere e vivere da veri amici suoi", ha proseguito. "La sua compagnia farà sì che quest'anno, pur con le sue inevitabili difficoltà, sia un cammino pieno di gioia e di pace".

San Paolo “vede nella croce di Cristo una svolta storica, che trasforma e rinnova radicalmente la realtà del culto”. Proseguendo il ciclo di catechesi su San Paolo nell'Anno giubilare a lui dedicato, il Papa ha spiegato il nuovo concetto paolino di culto. E’la croce di Cristo, per Dan Paolo, il “punto di contatto tra Dio e l’uomo, punto della misteriosa presenza di Lui nel mondo degli uomini”. Nella Croce, ha ricordato infatti Benedetto XVI, “Cristo, Figlio vero di Dio, fattosi uomo vero,ha assunto in se tutta la nostra colpa”, diventando così “egli stesso il luogo di contatto tra miseria umana e misericordia divina; nel suo cuore si scioglie la massa triste del male compiuto dall’umanità, e si rinnova la vita”. Con la croce di Cristo, ci dice San Paolo in altre parole, “il vecchio culto con i sacrifici degli animali nel tempio di Gerusalemme è finito”, perché il “culto simbolico” è stato “sostituito dal culto reale: l’amore di Dio incarnato in Cristo e portato alla sua completezza nella morte sulla croce”. “La croce di Cristo, il suo amore con carne e sangue è il culto reale, corrispondendo alla realtà di Dio e dell’uomo”,ha detto il Papa. Quella di san Paolo, quindi, non è “una spiritualizzazione di un culto reale”: al contrario, “il culto reale sostituisce il culto simbolico e provvisorio”. “Onorare Dio nella più concreta esistenza uotidiana”. E’ questo, in sintesi, il significato del “culto spirituale” secondo San Paolo. Secondo Benedetto XVI, il culto spirituale non è “un culto meno reale, o addirittura solo metaforico”, ma un culto “più concreto e realistico, nel quale l’uomo stesso nella sua totalità di un essere dotato di ragione, diventa adorazione, glorificazione del Dio vivente”. Con san Paolo, ha spiegato il Papa, “il tempo dei sacrifici di animali, sacrifici di sostituzione, è finito”, ed è venuto “il tempo del vero culto”, che però non va inteso “in senso moralistico”, come se cioè “offrendo la nostra vita facciamo noi il vero culto”. In questo modo, infatti, “il culto con gli animali sarebbe sostituito dal moralismo: l’uomo stesso farebbe tutto da sé con il suo sforzo morale. E questo certamente non era l’intenzione di San Paolo”. Cristo, in altre parole, “nella sua donazione al Padre e a noi, non si sostituisce a noi, ma porta in sé l’essere umano, le nostre colpe ed il nostro desiderio; ci rappresenta, ci assume in sé. Nella comunione con Cristo, realizzata nella fede e nei sacramenti - ha concluso il Papa - diventiamo, nonostante tutte le nostre insufficienze, sacrificio vivente”.

7 gennaio 2009 - Il testo integrale della catechesi del Papa

Il card. Bertone: stiamo trattando per liberare le suore rapite in Kenya. L'appello del Papa nell'Angelus di Santo Stefano

Suor Caterina Giraudo e suor Maria Teresa Olivero, 67 e 61 anni, missionarie dell’ordine di Charles de Foucauld, rapite nel novembre scorso da un gruppo di uomini armati a El-Wak, in Kenya e subito trasferite in territorio somalo, starebbero per essere liberate. Questo, almeno, è l’auspicio del cardinale Segretario di Stato, Tarcisio Bertone: «Ci sono stati dei contatti - ha confermato il porporato nel corso di in visita al santuario del Gesù Bambino di Praga di Arenzano -, anche telefonici. Speriamo che la liberazione sia vicina. Queste due donne sono il segno di un impegno della Chiesa in frontiera, e soprattutto un segno di mediazione, di aiuto allo sviluppo di tutti senza distinzioni di etnia o di religione». Dichiarazioni di peso, perchè pronunciate dal massimo esponente della diplomazia e del governo della Santa Sede. Le parole di Bertone seguono a quelle pronunciate da Benedetto XVI subito dopo il Natale, nell'Angelus di Santo Stefano: «Dio tocchi il cuore dei rapitori - aveva detto Papa Ratzinger - siano liberate quanto prima le suore italiane rapite in Kenya da oltre un mese e mezzo. Cari fratelli e sorelle, vi invito tutti a pregare. La nostra solidale preghiera sia in questo momento per tutti di intimo, spirituale aiuto». Dunque, due interventi che, secondo gli osservatori, potrebbero anche significare che il momento tanto atteso della liberazione sia ormai vicino.Che un certo ottimismo serpeggi al di là del “portone di bronzo” lo si evince anche da quanto reso noto nei giorni scorsi da don Fredo Olivero, responsabile dell’ufficio “Migranti” della Curia torinese e fratello di suor Maria Teresa. Don Fredo avrebbe riferito di aver avuto una conversazione telefonica, se pur breve, con la sorella e di confidare concretamente in una prossima liberazione. Le trattative sarebbero giunte ad una svolta, tanté che Margherita Boniver, sottosegretario agli Esteri, parte proprio oggi per l’Africa, a capo di una delegazione italiana, con il compito di chiudere il negoziato con i rapitori. «Stiamo trattando - ha confermato Boniver - ma non intendiamo entrare nei particolari. Per giungere al fine tanto auspicato ora è necessario il silenzio». Sui tempi per la liberazione, il sottosegretario si augura che possano essere brevi, come sperano tutti coloro che in questi giorni hanno partecipato alle iniziative di preghiera a Natale e San Silvestro e alla fiaccolata della pace del pomeriggio di Capodanno a Boves. La missione della Boniver è delicata, perché al confine con il Kenya agiscono da anni bande estremiste somale e si vive in una situazione di oggettivo pericolo. Anche la notizia della richiesta di un riscatto di 2 milioni di dollari, ovviamente non confermata, ha alimentato speranze ma anche ulteriori preoccupazioni.