martedì 12 maggio 2009

Giovanni Maria Vian: diverse parti vogliono trarre vantaggi politici dal viaggio di fede di Benedetto XVI

L'Osservatore Romano' critica la "volontà di diverse parti di trarre effimeri vantaggi politici dal viaggio papale" in Terra Santa in un editoriale del direttore intitolato "un viaggio di fede". La "finalità religiosa" del viaggio "ha dunque anche un'evidente dimensione politica, perché comporta una volontà di amicizia verso tutti, in particolare nei confronti del popolo ebraico e dei fedeli musulmani", scrive Giovanni Maria Vian. "Per questo bisogna andare al di là delle contraddizioni e dei connessi minimi episodi che pure tanto attirano l'attenzione dei media e sono dovuti alla miope volontà di diverse parti di trarre effimeri vantaggi politici dal viaggio papale. Mentre Benedetto XVI, a nome della Chiesa Cattolica, intende contribuire alla comprensione, all'amicizia e in definitiva alla pace, come ha ripetuto di fronte ai rappresentanti delle organizzazioni che a Gerusalemme sono impegnate nel dialogo tra le religioni, davanti ai capi religiosi musulmani, nell'incontro con i rabbini askenazita e sefardita e ai suoi fedeli". Sono "ovviamente possibili", per il quotidiano vaticano, "tante letture. Comprese quelle parziali, interessate o persino distorte già avanzate da molti media, in un contesto intricato ed esplosivo come quello del Vicino e Medio Oriente, regione che da molti decenni è caratterizzata da tensioni, ingiustizie, violenze e conflitti. Non bisogna però dimenticare le chiavi di lettura introdotte da Benedetto XVI".

Mons. Twal al Papa: l'agonia dei palestinesi e degli israeliani. Gesù continua a piangere con i rifugiati, le vedove, con le famiglie senza casa

Il Patriarca latino di Gerusalemme mons. Fouad Twal (nella foto con Benedetto XVI) evoca l'"agonia" dei palestinesi durante la Santa Messa celebrata dal Papa nella valle di Josafat. "Santissimo Padre - ha detto - per molti aspetti la situazione oggi non è tanto cambiata. Assistiamo da una parte all'agonia del popolo palestinese, che sogna di vivere in uno Stato palestinese libero e indipendente, ma non ci arriva; e assistiamo dall'altra parte - ha detto - all'agonia di un popolo israeliano, che sogna una vita normale nella pace e nella sicurezza ma, nonostante la sua potenza mediatica e militare, non ci arriva". "Quanto alla comunità internazionale - ha proseguito - essa gioca il ruolo dei discepoli di Gesù: se ne sta da parte, le palpebre appesantite di indifferenza, insensibile all'agonia per la quale passa la Terra Santa da sessantun anni, senza volere veramente svegliarsi per trovare una soluzione giusta. Da questa valle di Josafat, valle di lacrime, facciamo salire la nostra preghiera perché si realizzino i sogni di questi due popoli". Gesù pianse invano su Gerusalemme. Oggi, Egli continua a piangere con i rifugiati senza speranza di ritorno, con le vedove il cui marito è stato vittima di violenza, e con le numerose famiglie di questa città che tutti i giorni vedono le loro case demolite col pretesto che esse sono state "costruite illegalmente", allorquando tutta la situazione generale tutta intera è illegale e non riceve soluzione". "Per chiunque soffre, un malato, un rifugiato, un prigioniero o uno che porta il peso di una ingiustizia, il più grande sconforto è di constatare di essere stato dimenticato e che nessuno veda, non sappia né si commuova per quello che lui sopporta. La sua visita oggi - ha proseguito Twal rivolgendosi al Papa - è un grande conforto per i nostri cuori e l'occasione di dire a tutti che il Dio di compassione e coloro che credono in lui non sono né ciechi, né dimentichi, né insensibili"."Santissimo Padre lei ha davanti un piccolo gregge, e che ancora si riduce a causa dell'emigrazione, una emigrazione largamente dovuta - ha detto ancora il leader dei cristiani latini di Terra Santa - agli effetti di una occupazione ingiusta, con l'accompagnamento di umiliazione, di violenza e di odio.Ma noi sappiamo che 'questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede' e che la fede ci rende capaci di vedere e di riconoscere Gesù Cristo in ogni persona. Con Gesù e in Gesù, noi possiamo gustare qui e ora la pace che il mondo non può né dare né togliere dai nostri cuori. Questa pace significa serenità, fede, spirito di accoglienza e gioia di vivere e di lavorare in questa terra".

Il presidente Peres: siamo tutti figli di Abramo. Da fratelli perchè combatterci?

Shimon Peres (nella foto con Benedetto XVI) non concorda con la stampa israeliana, delusa dal viaggio in Terra Santa di Papa Benedetto: l'insistenza del Pontefice su Abramo padre comune contiene invece un grande messaggio. Lo ha spiegato il presidente dello stato ebraico in un'intervista al Tg1. "Se siamo tutti figli di Abramo, significa che siamo fratelli. Allora, da fratelli, perché combatterci?", ha sottolineato Peres. "Io accetto questa fratellanza, è la base per vivere insieme. La grande divisione nel mondo di oggi non è tra cristianità, islam, giudaismo e buddismo. Lo spartiacque è tra il fanatismo religioso che permette di uccidere e la vera fede che dice di no".

Messa a Gerusalemme. Il Papa: sia luogo di pace per tutti i popoli. Qui c'è posto per tutti! I cristiani in Terra Santa preziosi agli occhi di Dio

“Spero che la mia presenza qui sia un segno che voi non siete dimenticati, che la vostra perseverante presenza e testimonianza sono di fatto preziose agli occhi di Dio e sono una componente del futuro di queste terre”. Con queste parole il Papa si è rivolto ai cristiani della Terra Santa, nell’omelia della Messa nella Valle di Josafat, gremita da circa settemila fedeli venuti anche da altre città per assistere al rito, culmine della tappa israeliana del viaggio di Benedetto XVI in Terra Santa. Prima della celebrazione presieduta con tutti gli ordinari della Terra Santa, Benedetto XVI ha compiuto un giro con la papamobile. Dopo aver riconosciuto “le difficoltà, la frustrazione, la pena e la sofferenza che tanti tra voi hanno subito in conseguenza dei conflitti che hanno afflitto queste terre, ed anche le amare esperienze che molte delle vostre famiglie hanno conosciuto e – Dio non lo permetta – possono ancora conoscere”, il Pontefice si è soffermato sul compito importante che devono assumersi coloro che sono “collegati in una ininterrotta linea con quei primi discepoli”. “Proprio a causa delle vostre profonde radici in questi luoghi, la vostra antica e forte cultura cristiana, e la vostra perdurante fiducia nelle promesse di Dio – le parole di Benedetto XVI - voi cristiani della Terra Santa, siete chiamati a servire non solo come un faro di fede per la Chiesa universale, ma anche come lievito di armonia, saggezza ed equilibrio nella vita di una società che tradizionalmente è stata, e continua ad essere, pluralistica, multietnica e multi religiosa”.
Benedetto XVI ha fatto cenno alla “tragica realtà della partenza di così numerosi membri della comunità cristiana negli anni recenti”, definita “fonte di preoccupazione per tutti coloro che amano questa città e questa terra”. “Benché ragioni comprensibili portino molti, specialmente giovani, ad emigrare – ha detto il Santo Padre - questa decisione reca con sé come conseguenza un grande impoverimento culturale e spirituale della città”. “Nella Terra Santa c’è posto per tutti!”, ha ribadito il Papa, che ha rivolto un appello alle autorità “a rispettare e sostenere la presenza cristiana” e ha assicurato alla comunità cattolica locale “la solidarietà, l’amore e il sostegno di tutta la Chiesa e della Santa Sede”. A Gerusalemme, Città Santa “dove la vita ha sconfitto la morte”, “la speranza continua a combattere la disperazione, la frustrazione e il cinismo, mentre la pace, che è dono e chiamata di Dio, continua ad essere minacciata dall’egoismo, dal conflitto, dalla divisione e dal peso delle passate offese”. Il Papa ha trattato il tema della speranza come “visione che spinge tutti coloro che amano questa Gerusalemme terrestre a vederla come una profezia e una promessa di quella universale riconciliazione e pace che Dio desidera per tutta l’umana famiglia”. “Purtroppo, sotto le mura di questa stessa Città – le parole di Benedetto XVI - noi siamo anche portati a considerare quanto lontano sia il nostro mondo dal compimento di quella profezia e promessa”. Per questa ragione, “la comunità cristiana in questa città che ha visto la risurrezione di Cristo e l’effusione dello Spirito deve fare tutto il possibile per conservare la speranza donata dal Vangelo, tenendo in gran conto il pegno della vittoria definitiva di Cristo sul peccato e sulla morte, testimoniando la forza del perdono e manifestando la natura più profonda della Chiesa quale segno e sacramento di una umanità riconciliata, rinnovata e resa una in Cristo, il nuovo Adamo”. Gli ebrei, i cristiani e i musulmani “devono essere i primi a promuovere” la “cultura della riconciliazione e della pace, per quanto lento possa essere il processo e gravoso il peso dei ricordi passati”. Il Papa ai “credenti in un Dio misericordia” questo grande compito nel luogo, sotto il Monte degli Ulivi, “dove nostro Signore pregò e soffrì, dove pianse per amore di questa città e per il desiderio che essa potesse conoscere la vita della pace”.
Parlando della città “sacra ai seguaci delle tre grandi religioni”, Benedetto XVI si è soffermato sulla “universale vocazione di Gerusalemme”, definita “un fatto indiscutibile, una realtà irrevocabile fondata nella storia complessa di questa città e del suo popolo”. “Ebrei, musulmani e cristiani qualificano insieme questa città come loro patria spirituale”, ha ricordato il Pontefice, evidenziando “quanto bisogna ancora fare per renderla veramente una ‘città della pace’ per tutti i popoli, dove tutti possono venire in pellegrinaggio alla ricerca di Dio, e per ascoltarne la voce”. Gerusalemme, per il Papa, “è sempre stata una città nelle cui vie risuonano lingue diverse, le cui pietre sono calpestate da popoli di ogni razza e lingua, le cui mura sono un simbolo della cura provvidente di Dio per l’intera famiglia umana”. Di qui il richiamo di Benedetto XVI: “Come un microcosmo del nostro mondo globalizzato, questa città, se deve vivere la sua vocazione universale, deve essere un luogo che insegna l'universalità, il rispetto per gli altri, il dialogo e la vicendevole comprensione; un luogo dove il pregiudizio, l’ignoranza e la paura che li alimenta, siano superati dall’onestà, dall’integrità e dalla ricerca della pace. Non dovrebbe esservi posto tra queste mura per la chiusura, la discriminazione, la violenza e l’ingiustizia”. Quanto ai “luoghi santificati dalla presenza di Cristo”, Benedetto XVI ha auspicato che siano per i cristiani in Terra Santa, ma anche per i “pellegrini di ogni parte del mondo”, un’opportunità per continuare, “giorno dopo giorno, a ‘vedere e credere’ nei segni della provvidenza di Dio e della sua inesauribile misericordia, ad ‘ascoltare’ con rinnovata fede e speranza le consolanti parole della predicazione apostolica e a ‘toccare’ le sorgenti della grazia” per testimoniare agli altri “la libertà nata dal perdono, la luce interiore e la pace che possono portare salvezza e speranza anche nelle più oscure realtà umane”.

Santa Messa nella Josafat Valley (Gerusalemme, 12 maggio 2009) - il testo integrale del discorso del Papa

Il saluto del Rabbino capo a Benedetto XVI: Dio è misericordioso e comanda di amare tutti. Grazie per la condanna dell'antisemitismo

Ebrei e cristiani uniti nel dire a tutti i leader religiosi che “non è con il terrore che essi raggiungono i loro scopi, non è uccidendo le persone innocenti che essi rappresentano il loro Dio. Perché Dio è un Dio misericordioso e comanda a tutti noi di rispettare e amare ogni persona, anche chi non appartiene alla nostra religione”. Lo ha detto questa mattina il Rabbino capo (Ashkenazi) di Israele Yona Metzger rivolgendosi a Papa Benedetto XVI, durante la sua visita al Gran Rabbinato a Gerusalemme. “Una sola cosa – ha detto il rabbino – minaccia tutti noi: l’uso della religione come mezzo per uccidere persone innocenti”. Nel rivolgere il suo saluto al Papa, Metzger ha lanciato una proposta: quella di lavorare insieme per la creazione di un “corpo internazionale, una Onu delle religioni, a fianco dell’Onu dei diplomatici e degli uomini di Stati. Lì, gli uni accanto agli altri, siederanno attorno ad uno stesso tavolo i rappresentanti di tutte le religioni”. Scopo dell’istituzione, la risoluzione dei “conflitti e delle differenze di opinioni che provengono da cause religiose. Il tutto sulla base della fede nell’unico Dio unico che ci ha creato”. La “gratitudine” del Gran Rabbinato di Israele al Papa per le sue dichiarazioni a proposito dell’Olocausto e dell’antisemitismo. “E’ con questi sentimenti – ha continuato Yona Metzger – che desidero esprimerle la mia gratitudine per aver prevenuto il ritorno nella Chiesa Cattolica al vescovo Williamson, il negazionista dell’olocausto. Se non lo avesse fatto, sarebbe stato un messaggio che poteva essere compreso come un’ulteriore negazione dell’olocausto”. “Ho accolto con apprezzamento – ha proseguito il Rabbino capo - la sua chiara dichiarazione che l'antisemitismo non è solo un peccato contro gli ebrei, ma anche un peccato contro Dio". Il Rabbino ha poi ringraziato il Santo Padre per l’impegno preso da parte della Chiesa cattolica di “desistere da ogni attività missionaria e di conversione tra la nostra gente. E’ questo per noi – ha detto –un messaggio immensamente importante”. Poi un riferimento storico al tempo dell’olocausto, periodo durante il quale molti genitori hanno affidato i loro figli a varie chiese in Europa, molti dei quali però “sono cresciuti inconsapevoli delle loro radici ebree”. Il rabbino ha chiesto al Papa di “fare luce” per permettere a queste persone di “scegliere” la loro appartenenza.

Padre Lombardi ribadisce: il Papa non ha mai fatto parte della gioventù hitleriana. I discorsi a Gerusalemme non ripetono concetti già espressi

Il portavoce vaticano padre Federico Lombardi ha ricordato che Joseph Ratzinger non ha mai fatto parte della gioventù hitleriana. "Il Papa - ha detto padre Lombardi durante una conferenza stampa - non è mai stato nella Hitler jugend, che era un corpo di volontari fanatici, mai ne ha fatto parte, mai". Circa i temi affrontati nei tre discorsi di ieri rivolti a israeliani e mondo ebraico in aeroporto, nel palazzo presidenziale e al memoriale dell'Olocausto, il portavoce ha ricordato che all'aeroporto Papa Ratzinger ha fatto una precisa condanna dell'antisemitismo, e che a Yad Vashem ha affrontato il tema del ricordo delle vittime, del senso del "nome" per l'identità di una persona, un modo per lui "di identificarsi profondamente e spiritualmente con il luogo che visitava". Lombardi ha dunque ricordato che il Papa era un seminarista che a 16 anni fu arruolato di forza nel corpo degli ausiliari per la difesa aerea, come accadde allora a tutti i giovani tedeschi. "Si trattava - ha sottolineato - di una forza ausiliaria dell'esercito, non aveva niente a che fare con i nazisti e l'ideologia nazista". I tre discorsi di ieri diretti dal Papa allo stato di Israele e al mondo ebraico, ha spiegato Lombardi, "hanno toccato differenti argomenti e non ripetevano gli stessi concetti: all'aeroporto ha nominato con molta chiarezza i sei milioni di ebrei uccisi nella Shoah e ha fortemente condannato l'antisemitismo; con il presidente Peres ha sviluppato l'importante concetto del legame tra sicurezza e fiducia e si è interrogato su come costruire questa sicurezza; a Yad Vashem il discorso era impostato sulla memoria, non dimenticare il nome vuol dire non dimenticare la persona, e questo è un punto centrale per il mondo ebraico, la meditazione del Papa era centrata su questo punto, con in più una affermazione sull'impegno che è di oggi della Chiesa Cattolica contro crimini contro umanità". Non è detto, ha rimarcato il portavoce, che in ogni occasione si debbano ripetere gli stessi concetti, e il Papa "ha già parlato molte volte del suo essere tedesco, anche in rapporto al nazismo". A una domanda se il Papa si senta "offeso" dall' atteggiamento dei media nei confronti dei suoi discorsi, padre Lombardi ha osservato che Benedetto XVI "non è uno che reagisca in modo superficiale o immediato, è molto paziente e pronto ad ascoltare gli altri, ognuno può fare il suo discorso, certo sente che non è stato capito, io - ha aggiunto il portavoce - sento lo stesso, ma sappiamo cosa è il mondo e quali sono gli atteggiamenti, non si è sempre pronti a capire bene, a volte ci sono pregiudizi, e non tutti sono pronti a un atteggiamento di ascolto: a volte abbiamo l'impressione che non tutti" siano preparati sui temi di cui parlano.
Papa Benedetto XVI allo Yad Vashem, il Memoriale dell'Olocausto a Gerusalemme ha tenuto un discorso ''di profondissima sensibilità ed emozione, però espresso con toni sempre misurati e moderati come il Papa fa. Questo è il suo stile che però, chi lo conosce, apprezza moltissimo''. Padre Federico Lombardi ne ha parlato ai microfoni della Radio Vaticana, ricordando che si è trattato di ''un discorso detto con la consueta finezza e delicatezza del Papa che non usa toni reboanti o teatrali ma che toccava un tema profondissimo che è quello della memoria e del nome''. Sul momento di ieri al Memoriale, il direttore della Sala Stampa ha detto che ''il Papa l'ha vissuto in un modo estremamente compreso, estremamente profondo, - ha sottolineato - con la più chiara e viva intenzione di dimostrare la sua partecipazione alla grande tragedia passata di questo popolo, ed anche alla sua sensibilità di ricordare quello che è avvenuto, per evitare che si possa ripetere qualche cosa di simile in futuro, evitarlo assolutamente in ogni modo''.

Visita alla Concattedrale dei latini. Il Papa: vi chiedo di pregare per la pace di Gerusalemme e per la fine del conflitto in questa regione

“Con le parole del Salmista chiedo anch’io a voi di pregare per la pace di Gerusalemme, di pregare continuamene per la fine del conflitto che ha arrecato così grandi sofferenze ai popoli di questa regione”. E’ tornato a parlare di pace il Papa nel suo saluto alla comunità cristiana di Gerusalemme incontrata durante la sua visita alla Concattedrale latina. Comunità – ha detto Benedetto XVI – che “continua a riunirsi come ha fatto da secoli, fin dai primi giorni della Chiesa”. Nel suo saluto, il Papa ha sottolineato il valore della preghiera di coloro che “secondo le parole di Santa Teresa di Lisieux” sono chiamate per vocazione ad essere “l’amore profondo nel cuore della Chiesa” e che con le loro preghiere sostengono “l’opera di evangelizzazione” della Chiesa nel mondo. In particolare, il Papa ha rivolto una “parola di apprezzamento per l’apostolato nascosto delle persone di vita contemplativa”. “Sono particolarmente grato per le preghiere – ha detto – che offrite per il mio ministero universale e vi chiedo di continuare a raccomandare al Signore il mio servizio al popolo di Dio in tutto il mondo”.

Il rabbino Laras: soddisfazione per le parole di Benedetto XVI. Significativo l'ulivo piantato con Shimon Peres

''Le dichiarazioni del Papa sono da recepire con grande soddisfazione, perchè chiariscono tante cose, dopo le tensioni del recente passato''. Lo afferma in un'intervista a Il Giornale il presidente dell'assemblea rabbinica italiana, Giuseppe Laras, a proposito delle parole pronunciate da Benedetto XVI, sull'Olocausto e sul pericolo dell'antisemitismo. Laras non condivide la scelta degli organizzatori della visita del Pontefice al museo dello Yad Vashem, i quali hanno stabilito che il Papa non passasse davanti alla controversa didascalia su Pio XII. ''Non capisco - afferma il rabbino -. Poteva dire che non condivideva, che il predecessore ha fatto ciò che doveva. Non sarebbe stata una 'deminutio capitis' per lui. E' difficile da valutare questo omaggio''. Per il presidente dell'assemblea rabbinica italiana, l'immagine di Benedetto XVI che pianta un ulivo insieme con il presidente Shimon Peres ''è molto bella e significativa, tenendo presente che l'ulivo è una pianta millenaria''. E conclude: ''Speriamo dunque in una pace durevole''.

Il presidente dei sopravvissuti dell'Olocausto: il Papa è venuto per avvicinare Cristianesimo ed Ebraismo. Non capisco le rimostranze verso di lui

La voce del presidente del Consorzio dei sopravvissuti dell'Olocausto, Noah Frog, si è levata in queste ore in Israele a dissociarsi dalla critiche, ritenute fuori misura, riservate da altri esponenti del mondo ebraico al Papa. ''Il Papa non è il presidente di un'organizzazione sionista e non capisco quali rimostranze dobbiamo avere nei suoi confronti'', ha detto Frog a Ynet, l'agenzia online del giornale Yediot Ahronot, riferendosi al discorso tenuto ieri dal Pontefice allo Yad Vashem, il memoriale dell'Olocausto. Discorso ripreso oggi con toni di delusione dalla stampa israeliana. Secondo Frog, invece, l'aspetto da sottolineare è che Benedetto XVI ''è venuto qui ad avvicinare Cristianesimo ed Ebraismo'' e l'inizio della visita ''va considerato importante e positivo''. Zeev Factor, della Fondazione per l'aiuto alle vittime dell'Olocausto, ha detto da parte sua che da un Papa tedesco si sarebbe aspettato la conferma della condanna ''dell'antisemitismo come peccato'' nell'intervento a Yad Vashem, ma ha concordato nel definire ''in ogni caso positivo l'arrivo di Benedetto XVI'' in Israele.

Il Regina Cæli nel Cenacolo. Il Papa: i cristiani in Terra Santa candele accese che illuminano i luoghi sacri di Gesù, presenza di vitale importanza

"Le diverse Chiese cristiane che qui si trovano rappresentano un patrimonio spirituale ricco e vario e sono un segno delle molteplici forme di interazione tra il Vangelo e le diverse culture". Lo ha affermato Benedetto XVI visitando il Cenacolo dove Gesù istituì l'Eucaristia e dove poi lo Spirito Santo è sceso sui discepoli riuniti con Maria. Rievocando dunque la nascita della prinma comunità cristiana, il Papa ha sottolineato che "un nuovo impulso spirituale verso la comunione nella diversità nella Chiesa Cattolica ed una nuova consapevolezza ecumenica hanno segnato il nostro tempo, specialmente a partire dal Concilio Vaticano II". "Lo Spirito - ha spiegato - conduce dolcemente i nostri cuori verso l'umiltà e la pace, verso l'accettazione reciproca, la comprensione e la cooperazione". Per Benedetto XVI si tratta di "una disposizione interiore all'unità decisiva perchè i cristiani possano realizzare la loro missione nel mondo". Ed infatti, proprio "nella misura in cui il dono dell'amore è accettato e cresce nella Chiesa, la presenza cristiana nella Terra Santa e nelle regioni vicine - ha scandito - sarà viva". Il Papa ha espresso preoccupazione per l’esodo dei cristiani da questi luoghi, e ha ribadito la sua “personale vicinanza in questa situazione di insicurezza umana, di sofferenza quotidiana, di paura e di speranza che state vivendo. Ripeto alle vostre comunità le parole del Redentore: ‘Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno’”. Le comunità cristiane della Terra Santa – ha detto – occupano “popolo un posto speciale nell’affetto del mio cuore come Successore di Pietro”. ''Le comunitè cattoliche in Terra Santa, nella loro fede e nella loro devozione, sono come candele accese che illuminano i luoghi sacri che Gesù nostro Signore ha onorato della sua presenza'', ha spiegato. "Questa presenza - ha tenuto a rimarcare - è di importanza vitale per il bene della società nel suo insieme" perchè "la pace e il perdono - predicati dal Vangelo - sono un lievito capace di trasformare i cuori e plasmare le azioni".
"I cristiani nel Medio Oriente, insieme alle altre persone di buona volontà, stanno contribuendo - ha osservato il Pontefice - come cittadini leali e responsabili, nonostante le difficoltà e le restrizioni, alla promozione ed al consolidamento di un clima di pace nella diversità". "Come vescovi - ha assicurato il Papa ai presuli della Terra Santa riuniti con lui nel Cenacolo per la preghiera del Regina Caeli - contate sul mio appoggio ed incoraggiamento nel fare tutto quello che e' in vostro potere per aiutare i nostri fratelli e sorelle Cristiani a rimanere e ad affermarsi qui nella terra dei loro antenati ed essere messaggeri e promotori di pace". "Apprezzo - ha dichiarato sempre rivolto ai responsabili delle diverse comunità cattoliche del Medio Oriente - i vostri sforzi di offrire loro, come a cittadini maturi e responsabili, assistenza spirituale, valori e principi che li aiutino nello svolgere il loro ruolo nella societa': mediante l'istruzione, la preparazione professionale ed altre iniziative sociali ed economiche la loro condizione potra' essere sostenuta e migliorata". "Oggi - ha aggiunto Benedetto XVI - rinnovo il mio appello ai nostri fratelli e sorelle di tutto il mondo a sostenere e ricordare nelle loro preghiere le comunità cristiane della Terra Santa e del Medio Oriente ed esprimo il mio apprezzamento per il servizio offerto ai molti pellegrini e visitatori che vengono in Terra Santa in cerca di ispirazione e rinnovamento sulle orme di Gesù". Il Papa ha sottolineato che "la storia del Vangelo, contemplata nel suo ambiente storico e geografico, diviene viva e ricca di colore, e si ottiene una comprensione più chiara del significato delle parole e dei gesti del Signore", e ricordato che "molte memorabili esperienze di pellegrini della Terra Santa sono state possibili grazie anche all'ospitalità e alla guida fraterna offerte da voi, specialmente dai frati francescani della Custodia". "Per questa servizio - ha concluso rivolto ai religiosi guidati da padre Pizzaballa - vorrei assicurarvi l'apprezzamento e la gratitudine della Chiesa Universale e esprimo il desiderio che, nel futuro, pellegrini in numero ancora maggiore vengano qui in visita".


Incontro con i due Gran Rabbini. Il Papa: ebrei e cristiani insieme per la vita umana, la famiglia, l'educazione dei giovani, la libertà di religione

Il Papa incontra i due rabbini capo di Israele, a Gerusalemme, e torna ad affermare che "la Chiesa Cattolica è irrevocabilmente impegnata sulla strada decisa dal Concilio Vaticano secondo per una autentica e durevole riconciliazione fra Cristiani ed Ebrei. Come la Dichiarazione 'Nostra Aetate' ha chiarito - ha proseguito Benedetto XVI - la Chiesa continua a valorizzare il patrimonio spirituale comune a Cristiani ed Ebrei e desidera una sempre più profonda mutua comprensione e stima tanto mediante gli studi biblici e teologici quanto mediante i dialoghi fraterni". Nel suo discorso il Santo Padre ha fatto riferimento al dialogo in corso tra la Commissione della Santa Sede per le relazioni religiose con gli ebrei e il Gran Rabbinato di Gerusalemme ed ha ringraziato i membri di entrambe le delegazioni per “il faticoso lavoro nel perfezionare questa iniziativa”, ma soprattutto per “la buona volontà” nel “discutere apertamente e pazientemente non solo i punti di intesa, ma anche i punti di disaccordo”, spianando così “la strada – ha detto il Papa - per una più efficace collaborazione nella vita pubblica”. Ebrei e Cristiani sono "ugualmente interessati ad assicurare rispetto per la sacralità della vita umana, la centralità della famiglia, una valida educazione dei giovani, la libertà di religione di coscienza per una società sana". Hanno una “condivisa preoccupazione” per “il relativismo morale” e per “le offese che esso genera contro la dignità della persona umana”.
"Questi temi di dialogo - ha proseguito Benedetto XVI - rappresentano solo la fase iniziale di ciò che noi speriamo sarà un solido, progressivo cammino verso una migliorata reciproca comprensione". "Nell'avvicinare le più urgenti questioni etiche dei nostri giorni - ha detto Benedetto XVI - le nostre due comunità si trovano di fronte alla sfida di impegnare a livello di ragione le persone di buona volontà, additando loro simultaneamente i fondamenti religiosi che meglio sostengono i perenni valori morali". “La fiducia – ha detto il Papa – è innegabilmente un elemento essenziale per un dialogo effettivo”. E ritornando al cammino percorso dalle due delegazioni vaticana e israeliana, Benedetto XVI ha affermato: “Confido che la nostra amicizia continui come esempio di fiducia nel dialogo per gli ebrei e i cristiani di tutto il mondo. Guardando ai risultati finora raggiunti e traendo la nostra ispirazione dalle Sacre Scritture, possiamo con fiducia puntare ad una sempre più convinta cooperazione fra le nostre comunità – insieme con tutte le persone di buona volontà – nel condannare odio e persecuzione in tutto il mondo”.


Visita al Muro Occidentale. La preghiera del Papa: Dio di Abramo manda la tua pace su questa Terra Santa e su tutta la famiglia umana

Dopo la visita alla Cupola della roccia, il Papa è andato al Muro del Pianto, il luogo più sacro per gli ebrei, dove, come è tradizione, ha deposto una preghiera tra le pietre chiedendo a Dio d'inviare la pace in Terra Santa. "Dio di tutti i tempi, nella mia visita a Gerusalemme, la 'città della pace', casa spirituale di ebrei, cristiani e musulmani, Ti porto le gioie, le speranze e le aspirazioni, le tribolazioni, le sofferenze e il dolore di tutto il tuo popolo nel mondo", si legge nel biglietto che Benedetto XVI ha infilato fra le fessure del Muro. "Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe - continua il biglietto - ascolta il grido degli afflitti, di chi ha paura, degli abbandonati, manda la Tua pace su questa Terra Santa, sul Medio Oriente, su tutta la famiglia umana, muovi il cuore di tutti quelli che chiamano il Tuo nome, perché camminino umilmente nel cammino della giustizia e della compassione". Il biglietto si conclude con la citazione di un versetto del libro delle Lamentazioni dell'Antico Testamento: "Dio è buono verso chi è in Sua attesa, verso le anime che Lo cercano (Lam 3: 25)". Il Papa ha pubblicamente letto il salmo 122 in latino, dopo che un rabbino aveva letto un salmo in ebraico. Poi, dopo aver depositato la preghiera, è poi rimasto alcuni secondi in preghiera di fronte al muro.

Preghiera al Muro Occidentale di Gerusalemme (12 maggio 2009)

Guarda il video ...»

Visita alla Cupola della roccia. Il Papa: in un modo diviso un dialogo sincero per un mondo di giustizia e pace per le future generazioni

Il Gran Muftì di Gerusalemme e il presidente del Consiglio dei beni religiosi islamici hanno accolto stamane il Papa in visita alla Cupola della roccia sulla Spianata delle moschee. E' la prima volta che questo luogo viene visitato da un Papa, il monumento islamico più antico della Terra Santa che sorge non lontano dalla moschea di Al-Aqsa. Il Pontefice è entrato nell'edificio scalzo, in segno di rispetto per il luogo di culto musulmano. In seguito, Benedetto XVI e il seguito papale si sono trasferiti nell'edificio di Al-Kubbah Al-Nahawiyya, dove si è intrattenuto con le personalità musulmane.
“In un mondo tristemente lacerato da divisioni questo sacro luogo serve da stimolo e costituisce inoltre una sfida per uomini e donne di buona volontà ad impegnarsi per superare incomprensioni e conflitti del passato e a porsi sulla via di un dialogo sincero finalizzato alla costruzione di un mondo di giustizia e di pace per le generazioni che verranno”. Nel discorso Benedetto XVI ha affermato che anche se “può esserci la tentazione di impegnarsi in tale dialogo con riluttanza o ambiguità circa le sue possibilità di successo”, coloro che credono “hanno il compito di impegnarsi decisamente per la rettitudine pur imitando la sua clemenza, poiché ambedue gli atteggiamenti sono intrinsecamente orientati alla pacifica ed armoniosa coesistenza della famiglia umana”. Per il Papa, “la fedeltà all’Unico Dio” conduce a riconoscere che “gli esseri umani sono fondamentalmente collegati l’uno all’altro, perché tutti traggono la loro propria esistenza da una sola fonte e sono indirizzati verso una meta comune. Marcati con l’indelebile immagine del divino, essi sono chiamati a giocare un ruolo attivo nell’appianare le divisioni e nel promuovere la solidarietà umana”.
“Questo – ha aggiunto - pone una grave responsabilità su di noi”. “I cristiani – ha ricordato Benedetto XVI - affermano che i doni divini della ragione e della libertà stanno alla base di questa responsabilità. La ragione apre la mente per comprendere la natura condivisa e il destino comune della famiglia umana, mentre la libertà spinge il cuore ad accettare l’altro e a servirlo nella carità. L’indiviso amore per l’unico Dio e la carità verso il nostro prossimo diventano così il fulcro attorno al quale ruota tutto il resto”. Questa è “la ragione perché operiamo instancabilmente per salvaguardare i cuori umani dall’odio, dalla rabbia o dalla vendetta”. “Vi assicuro – ha precisato il Pontefice - che è ardente desiderio della Chiesa di cooperare per il benessere dell’umana famiglia”. Perciò, “mentre musulmani e cristiani continuano il dialogo rispettoso che già hanno iniziato, prego – ha sostenuto il Papa - affinché essi possano esplorare come l’unicità di Dio sia inestricabilmente legata all’unità della famiglia umana. Sottomettendosi al suo amabile piano della creazione, studiando la legge inscritta nel cosmo ed inserita nel cuore dell’uomo, riflettendo sul misterioso dono dell’autorivelazione di Dio, possano tutti coloro che vi aderiscono continuare a tenere lo sguardo fisso sulla sua bontà assoluta, mai perdendo di vista come essa sia riflessa sul volto degli altri”. Il Papa ha invocato "l'Onnipotente di donarvi pace e di benedire tutto l'amato popolo di questa regione". "Impegniamoci - ha esortato - a vivere in spirito di armonia e di cooperazione, dando testimonianza all'Unico Dio mediante il servizio che generosamente ci rendiamo l'un l'altro".
Il mufti di Gerusalemme Mohammad Hussein ha esortato Papa Benedetto XVI a ''svolgere un ruolo efficace per mettere fine all'aggressione'' israeliana contro i palestinesi. ''Non vediamo l'ora che Sua Santità svolga un ruolo efficace nel mettere fine all'aggressione in corso contro la nostra gente, la nostra terra e i nostri luoghi sacri a Gerusalemme, Gaza e Cisgiordania'', ha affermato Hussein.


Padre Lombardi: l'intervento dello sceicco un esempio di negazione del dialogo che non lo deve compromettere

"L'intervento dello sheik Taysir Tamimi non era previsto dagli organizzatori dell'incontro. In un incontro dedicato al dialogo tale intervento è stato un esempio di negazione del dialogo": è quanto ha dichiarato il portavoce vaticano padre Federico Lombardi, in riferimento all'intemerata fuori programma dello sceicco Tamimi (nella foto con Benedetto XVI) all'istituto Notre Dame di Gerusalemme durante l'incontro interreligioso del Papa di ieri. "Ci si augura che questo incidente non comprometta la missione del Papa diretta a promuovere la pace e il dialogo tra le religioni come egli stesso ha chiaramente affermato in molti discorsi di questo viaggio. Ci si augura anche che il dialogo interreligioso nella Terra Santa non venga compromesso da questo incidente". "Siamo molto dispiaciuti per questo incidente che ha messo in grande imbarazzo il Papa, che è una persona molto onorevole. Tamimi ha usato il Papa per diffondere al mondo il suo messaggio. Questo episodio è un "errore" del Patriarca latino Fouad Twal che ha permesso di parlare fuori dal programma". È il commento del direttore generale del Gran Rabbinato di Israele, Oded Wiener. "Chiediamo - ha annunciato Wiener - che Tamimi esca dal comitato interreligioso di cui fa parte, se non esce lui, usciamo noi".