mercoledì 9 settembre 2009

L'incontro del Papa con gli artisti. Mons. Ravasi: dialogo affinchè l'alleanza tra arte e fede risorga. Paolucci: se ne avverte la drammatica urgenza

Benedetto XVI incontrerà gli artisti nella Cappella Sistina il 21 novembre prossimo, a dieci anni dalla Lettera che Giovanni Paolo II dedicò proprio agli artisti (4 aprile 1999) e a 45 dall’Incontro organizzato con loro da Paolo VI (7 maggio 1964). Questo giovedì, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, si svolgerà una conferenza stampa di presentazione dell'Incontro, alla quale interverranno mons. Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, il prof. Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, e mons. Pasquale Iacobone, incaricato del Dipartimento Arte & Fede del Pontificio Consiglio della Cultura. Nel testo che ha preparato per la conferenza, riportato integralmente da L'Osservatore Romano, mons. Ravasi ricorda quella che Paolo VI definì nel 1964 la grande sfida dell'artista, cioè “carpire dal cielo dello spirito i suoi tesori e rivestirli di parola, di colori, di forme, di accessibilità”. Il Papa, aggiunge, voleva “ristabilire un'alleanza nuova tra l'ispirazione divina della fede e l'ispirazione creatrice dell'arte”, alleanza che per mons. Ravasi si è infranta “da tempo”. “L'arte ha lasciato il tempio, ha relegato su uno scaffale polveroso le grandi narrazioni bibliche, i simboli, le figure, le parabole sacrali e si è avviata lungo le strade 'laiche' della contemporaneità – osserva –. Ha abbandonato la concezione secondo la quale l'opera artistica incarna una visione trascendente dell'essere”, dedicandosi “a sperimentazioni di linguaggio, a complesse ricerche stilistiche, a elaborazioni autoreferenziali e persino a pure e semplici provocazioni”. In questo contesto, il 21 novembre Benedetto XVI “intesserà un dialogo nella speranza che risorga un'alleanza feconda, sulla scia anche di un'altra memoria particolare”, la Lettera agli artisti di Giovanni Paolo II, scritta “per confermare la sua stima e per contribuire al riannodarsi di una più proficua cooperazione tra l'arte e la Chiesa”. Ricordando che l'“incontro dell'arte con la liturgia e la spiritualità ha generato quello straordinario patrimonio che ha abbellito secoli e secoli di storia occidentale”, mons. Ravasi si dice convinto “della possibilità, o meglio, della necessità dell'incontro tra l'artista e la trascendenza, tra la bellezza e la fede, strutturalmente legate tra loro da una consonanza naturale, perché tese a esprimere il senso ultimo dell'essere, a svelare l'epifania del mistero, a conquistare l'infinito e l'eterno, a varcare il velo della superficie per intuire il segreto ultimo della realtà”. Per questo, conclude citando lo scrittore Hermann Hesse, che affermò: “Arte significa: dentro a ogni cosa mostrare Dio”. Il direttore dei Musei Vaticani Antonio Paolucci constata dal canto suo che nell'incontro “il mondo delle arti si avvicinerà al successore di Pietro con prevedibile orgoglio, certo con soddisfazione perché essere invitati dal Papa è già di per sé un segno di status, ma anche, per molti, con un misto di curiosità, di diffidenza, di imbarazzo”. Paolucci ricorda il discorso pronunciato da Paolo VI nel 1973 durante l'inaugurazione del Museo di Arte Religiosa Moderna, quando distinse fra arte sacra e arte religiosa sottolineando che “se la prima ha una precisa connotazione di ruolo e di funzione perché è destinata a qualificare il culto divino, la seconda offre all'artista uno spettro di possibilità creative virtualmente infinito”. “Tutto ciò che esprime la umana spiritualità – stupore di fronte al miracolo della natura, culto degli affetti, ascolto e riflessione di fronte ai supremi interrogativi della vita, della morte, dell'assoluto e dell'altrove – tutto questo può essere argomento di 'arte religiosa'”. Sottolineando che “un grande Papa intellettuale del rango di Benedetto XVI, un filosofo e un teologo del suo livello, non poteva non essere sensibile agli argomenti affrontati con straordinario profetico coraggio da Paolo VI”, Paolucci rileva l'importanza dell'incontro del 21 novembre osservando che “agli esordi del secolo e del millennio la questione del rapporto fra la Chiesa e le arti – quelle figurative ma non solo – non ha perso di significato né di attualità”. “Semmai, dopo il dibattito avviato da Paolo VI, se ne avverte sempre di più la drammatica urgenza e sempre di più ci si interroga sulle ragioni del divorzio”, avvenuto a suo avviso quando, dopo che per secoli la Chiesa aveva saputo “guardare al mondo delle arti con spregiudicato coraggio”, dall'Ottocento “si è chiusa in difesa, non ha più saputo né voluto rischiare”. Oggi, confessa Paolucci, ci sono forse “le condizioni favorevoli perché la Chiesa possa giocare con successo l'ultimo azzardo”. “Non è possibile che i tesori della spiritualità cristiana si siano inabissati in modo definitivo e irreversibile”, segnala. “Quali forme d'arte abiteranno il terzo millennio cristiano, non lo sappiamo. Oggi possiamo solo riconoscere e per quanto possibile onorare e valorizzare i frammenti di sapienza e di bellezza che potranno un giorno costruire il nuovo ordine estetico”.

Zenit

Il saluto del Papa al Convegno di spiritualità ortodossa: impegno generoso per la formazione ascetica delle nuove generazioni

E' iniziato oggi al Monastero di Bose, in Piemonte, la XVII edizione del Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa organizzato dal Monastero di Bose sul tema della lotta spirituale nella tradizione ortodossa. Partecipano rappresentanti della Chiesa Cattolica, del Patriarcato di Mosca e di altre Chiese Ortodosse e Orientali, nonchè delegati della Comunione anglicana e del Consiglio ecumenico delle Chiese. In un telegramma a firma del card. Tarcisio Bertone, Papa Benedetto XVI ''auspica che il fraterno incontro susciti una coscienza rinnovata del valore della lotta spirituale come conseguenza dell'amore di Cristo e un impegno generoso per una formazione ascetica delle nuove generazioni''.

Asca

Sinodo dei vescovi per l'Africa. Il card. Napier: se vogliamo avere un impatto sulla società il Vangelo deve essere il centro della nostra vita

Se i cattolici vogliono davvero influire sulla società devono mettere il Vangelo al centro della propria vita, ha spiegato il card. Wilfrid Napier, arcivescovo di Durban in Sudafrica, commentando la II Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. Il Sinodo si svolgerà in Vaticano dal 4 al 25 ottobre sul tema “La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. Voi siete il sale della terra…Voi siete la luce del mondo”. In un'intervista alla Radio Vaticana, il porporato ha osservato che il primo obiettivo dell'incontro sarà capire “come promuovere meglio la dimensione dell’essere 'luce del mondo e sale della terra'”. “Se vogliamo avere un impatto sulla società, il Vangelo deve essere il centro della nostra vita e ogni membro della Chiesa deve essere autenticamente e profondamente evangelizzato” ha affermato. “In altre parole, dobbiamo cercare un’autentica amicizia, una relazione personale con Cristo”. “Il nostro auspicio è che il Sinodo ci mostri come la Chiesa in altri Paesi africani sia riuscita a fare ciò”, ha aggiunto. Il Sinodo di ottobre arriva a 15 anni dal primo evento di questo tipo, svoltosi nel 1994. Parlando delle differenze con quell'incontro, il card. Napier ha sottolineato che in quel caso “avevamo una situazione unica”: se da un lato la transizione in Sudafrica “rappresentava il migliore esempio delle cose buone che si possono fare in Africa quando la gente lavora insieme ed è mossa da un unico intento”, dall'altro imperversavano “i massacri in Ruanda, i peggiori mai avuti in Africa, in cui l’etnocentrismo ha causato la perdita insensata di tante vite umane”. “La vera tragedia era che ciò era potuto accadere in Paesi come il Burundi e il Ruanda, ma in particolare il Ruanda, con un’alta percentuale di cattolici”, ha ammesso il porporato. Oggi, ha commentato, ci sono “molti più esempi di Paesi che hanno compiuto una transizione da dittature a forme di governo più democratiche”, ma “ci sono ancora aree dove la popolazione non può godere della pace”, come la zona dei Grandi Laghi, il Congo Orientale, il Nord e Sud Kivu, “dove la povera gente è all’esasperazione”. Il card. Napier ha quindi ricordato i grandi successi ottenuti dalla prima riunione sinodale, iniziando dalla centralità della proclamazione della Parola: “abbiamo appreso come la Chiesa stava annunciando la Parola nei diversi Paesi del Continente”. Un secondo aspetto di rilievo è stato il dialogo, “particolarmente importante in Africa dove, in genere, c’è un forte senso comunitario per cui il fatto di appartenere a diverse Chiese o religioni non significa che non possiamo sentirci comunità”. Accanto al dialogo all'interno delle Chiese e tra cristiani e altre religioni, particolare rilevanza è stata poi data al settore della giustizia e della pace. “Lo spazio riservato a questo tema durante il Sinodo – ha concluso – ha attirato l’attenzione dei Vescovi africani nel periodo successivo”.

Zenit

Lettera della Congregazione per l'Educazione Cattolica: l'ora di religione nelle scuole non sia multiconfessionale o di etica e cultura religiosa

No a un'ora di religione 'multiculturale'. Lo chiede la Congregazione vaticana per l'Educazione Cattolica in una "lettera circolare" sull'"insegnamento della religione nella scuola", firmata il 5 maggio scorso. "In alcuni Paesi - si legge - sono state introdotte nuove regolamentazioni civili, che tendono a sostituirlo con un insegnamento del fatto religioso di natura multiconfessionale o di etica e cultura religiosa, anche in contrasto con le scelte e l'indirizzo educativo che i genitori e la Chiesa intendono dare alla formazione delle nuove generazioni". Tuttavia, "spetta alla Chiesa stabilire i contenuti autentici dell'insegnamento della religione cattolica nella scuola, che garantisce, di fronte ai genitori e agli stessi alunni l'autenticità dell'insegnamento che si trasmette come cattolico". Inoltre, "spetta alla Conferenza Episcopale emanare norme generali su questo campo d'azione, e spetta al Vescovo diocesano regolarlo e vigilare su di esso". La Santa Sede ritiene anche necessario che "l'insegnamento religioso scolastico appaia come disciplina scolastica, con la stessa esigenza di sistematicità e rigore che hanno le altre discipline". Dove non si rispetta pienamente la libertà religiosa, "la Chiesa fa il possibile per offrire ai fedeli la formazione di cui hanno bisogno" e "non smette di denunciare l'ingiustizia che si compie quando gli alunni cattolici e le loro famiglie vengono privati dei propri diritti educativi ed è ferita la loro libertà religiosa". Il documento, come spiegano i firmatari, il card. Zenon Grocholewski e l'arcivescovo Jean-Louis Bruguès, rispettivamente presidente e segretario della Congregazione, riconosce che "l'insegnamento della religione nella scuola suscita molti dibattiti". "La natura e il ruolo dell'insegnamento della religione nella scuola - si legge nella introduzione della lettera - è divenuto oggetto di dibattito e in alcuni casi di nuove regolamentazioni civili, che tendono a sostituirlo con un insegnamento del fatto religioso di natura multiconfessionale o di etica e cultura religiosa, anche in contrasto con le scelte e l'indirizzo educativo che i genitori e la Chiesa intendono dare alla formazione delle nuove generazioni". "Pertanto, con la presente Lettera Circolare, indirizzata ai Presidenti delle Conferenze Episcopali - prosegue - questa Congregazione per l'Educazione Cattolica, ritiene necessario richiamare alcuni principi, che sono approfonditi nell'insegnamento della Chiesa, a chiarificazione e norma circa il ruolo della scuola nella formazione cattolica delle nuove generazioni; la natura e l'identità della scuola cattolica; l'insegnamento della religione nella scuola; la libertà di scelta della scuola e dell'insegnamento religioso confessionale". "L'educazione - prosegue la lettera del dicastero vaticano - si presenta oggi come compito complesso, vasto ed urgente. La complessità odierna rischia di far perdere l'essenziale, cioè la formazione della persona umana nella sua integralità, in particolare per quanto riguarda la dimensione religiosa e spirituale. L'opera educativa pur compiuta da più soggetti ha nei genitori i primi responsabili dell'educazione; tale responsabilità - ribadisce la nota - si esercita anche nel diritto di scegliere la scuola che garantisca una educazione conforme ai propri principi religiosi e morali". Per la Congregazione dell'Educazione Cattolica "la marginalizzazione dell'insegnamento della religione nella scuola equivale, almeno in pratica, ad assumere una posizione ideologica che può indurre all'errore o produrre un danno agli alunni. Inoltre - prosegue - si potrebbe anche creare confusione o generare relativismo o indifferentismo religioso se l'insegnamento della religione fosse limitato ad un'esposizione delle diverse religioni, in un modo comparativo e 'neutro'".

Apcom

Verso la Giornata Mondiale della Gioventù 2011. Il card. Rouco: portando la Croce, i giovani diventano portatori della gioiosa notizia di Cristo

Il card. Antonio María Rouco Varela, arcivescovo di Madrid, ha indirizzato una lettera ai giovani in occasione del “pellegrinaggio della Croce dei Giovani per la diocesi di Madrid”, che partirà il 14 settembre prossimo, festa dell'Esaltazione della Santa Croce. “Le Giornate Mondiali della Gioventù significano l'incontro con Cristo morto e risorto per noi”, spiega nel testo. Il porporato sottolinea che “questa Croce, che il Servo di Dio Giovanni Paolo II consegnò ai giovani nel 1984 perché la portassero in tutto il mondo, insieme all'icona della Vergine Maria, è un bel segno di quello che significano le Giornate Mondiali della Gioventù: l'incontro con Cristo morto e risorto per noi, Redentore dell'uomo”. “Portando la Croce sulle spalle – aggiunge –, i giovani diventano portatori della gioiosa notizia della salvezza e proclamano ai quattro venti che Cristo ci ha salvati dal peccato e dalla morte”. Per il porporato, la Croce è “il grande segno dell'amore di Dio che mostra il suo perdono e la riconciliazione verso tutti gli uomini. In realtà, il crocifisso è l'esaltato, colui che è stato elevato gloriosamente – la Croce è gloriosa – come vincitore del peccato e della morte”. “Per questo la Chiesa ha cantato e canta la Croce come segno di vittoria e del trionfo – sottolinea –. L'amore di Cristo vince su tutti gli odi, i rancori, le vendette e i crimini degli uomini. E' un amore che sana, libera, purifica, riscatta e pacifica. E' un amore eterno e infallibile. E' un amore umano e divino, capace di elevarci con Lui al culmine della gloria”. Il cardinale ha quindi invitato i giovani a proclamare “con parole e gesti semplici che Cristo ha portato tutte le croci del mondo e le ha illuminate donandosi fino alla morte”, con l'anelito che “nessun uomo si senta solo nel dolore se sa guardare al Crocifisso”. “Gioite del privilegio di portare la Croce di Cristo per mostrarla a tutti senza eccezioni”. “Approfittate di questa occasione – esorta il porporato - per vivere con fedeltà la vostra vocazione cristiana”, felici di “appartenere a Cristo, Signore della vita” e “non fate della croce un segno banale, superficiale o senza senso”. Piuttosto, aggiunge il cardinale, “la vostra vita segua il cammino della verità, dell’umiltà e dell’obbedienza ai comandamenti di Dio”, senza cadere nel tranello delle “attrazioni di questo mondo passeggero, come il denaro, la fama, il potere e la menzogna”. “La preghiera, le catechesi, l’accostamento ai sacramenti e le opere di carità”, secondo il card. Rouco Varela, renderanno il cammino verso la Giornata mondiale della gioventù un “evento di grazia straordinaria nel quale sperimenterete senza dubbio l’incontro con Cristo”.

Zenit, SIR

Anno Sacerdotale. Nella visita a Viterbo e Bagnoregio nuovi tasselli sono andati a comporre il Magistero sul sacerdozio di Benedetto XVI

Il Papa non perde occa­sione per parlare del­l’Anno Sacerdotale, con un susseguirsi di riflessioni che stanno andando a comporre un autentico 'Magistero sul sa­cerdozio'. Nella sua visita pastorale a Viterbo e Bagnoregio, do­menica, nel corso della Messa ha chiesto che "durante questo Anno Sacerdotale" si preghi "con maggiore intensità per i sacer­doti, per i seminaristi e per le vocazioni, perché siano fedeli a questa loro vocazio­ne!". All’Angelus ha poi aggiunto: "Pregate perché possa svolgere sempre con fedeltà e amore la missione di Pastore di tutto il gregge di Cristo". Alle claustrali ha affidato "soprattutto i sacerdoti, i seminaristi e le vo­cazioni. Siate con il vostro silenzio orante il loro sostegno 'a distanza' ed esercitate ver­so di loro la vostra maternità spirituale, of­frendo al Signore il sacrificio della vostra vi­ta per la loro santificazione e per il bene del­le anime". Infine ha esortato "specialmen­te i sacerdoti a mettersi alla scuola di que­sto grande Dottore della Chiesa (Bonaven­tura da Bagnoregio) per approfondirne l’in­segnamento di sapienza radicata in Cristo".

Avvenire

L'invito a riaffermare i principi etici nell'economia, l'arrivederci in Repubblica Ceca ai fedeli di Praga, l'incontro con il vice-segretario dell'ONU

''Riaffermare i principi etici nell'economia per rianimare la speranza con la solidarietà'': è l'invito rivolto questa mattina al termine dell'Udienza generale nell'Aula Paolo VI in Vaticano da Papa Benedetto XVI ai partecipanti al Convegno nazionale dei Consiglieri ecclesiastici della Coldiretti, dedicato a ''Etica ed economia oggi''. Il Pontefice ha rivolto il suo saluto ai ''consiglieri ecclesiastici, dirigenti e rappresentanti tutti della Coldiretti'', incoraggiandoli a ''proseguire con impegno il vostro servizio sociale e spirituale nel mondo dell'agricoltura''. ''Le tematiche del vostro convegno - ha concluso - vi siano di stimolo a riaffermare i principi etici nell'economia per rianimare la speranza con la solidarietà''.
“Un cordiale saluto al gruppo dei pellegrini di Kronv e Praga. Ringrazio delle vostre preghiere. Attendo con gioia di visitare la vostra patria”. Con queste parole, salutando i pellegrini di lingua ceca, il Papa ha ricordato il suo imminente tredicesimo viaggio apostolico internazionale che compirà nella Repubblica Ceca dal 26 al 28 settembre.
Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina la signora Asha-Rose Migiro (foto), vice-segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. L'incontro è avvenuto in una saletta adiacente all'Aula Paolo VI.
"Brindisi porta aperta sul mare": la definizione di Benedetto XVI durante la visita pastorale compiuta in Puglia il 14 e 15 giugno 2008, è oggi il titolo di un volume che dell'avvenimento raccoglie immagini, testi e riflessioni. Lo ha donato stamane al Papa l'arcivescovo Rocco Talucci, per esprimere la gratitudine della comunità salentina, che conserva come un tesoro prezioso il ricordo delle due giornate vissute con il Successore di Pietro.

Asca, SIR, L'Osservatore Romano

Il Papa: dobbiamo saper fare silenzio in noi per ascoltare Dio. Non lasciamoci assorbire dalle attività, dai problemi e dalle preoccupazioni

“Guardare sempre alla Croce come al supremo atto di amore di Dio nei confronti dell’uomo, che ci ha donato la salvezza” e “saper fare silenzio in noi per ascoltare la voce di Dio, nella preghiera e nella meditazione della Sacra Scrittura”. E’ questo un compito “importante anche oggi, anche per noi non monaci”. Con queste parole il Papa ha attualizzato la figura di San Pier Damiani, ”monaco, amante della solitudine e, insieme, intrepido uomo di Chiesa, impegnato in prima persona nell’opera di riforma avviata dai Papi del tempo”, nato a Ravenna nel 107 e morto nella notte tra uil 22 e il 23 febbraio del 1072. Illustrando i tratti di quella che ha definito “una delle più significative personalità del secolo XI”, al centro della catechesi dell’Udienza generale di oggi in Aula Paolo VI, Benedetto XVI ha ricordato come per Pier Damiani la cella dell’eremo era un “parlatorio dove Dio conversa con gli uomini”, e “la vita eremitica è per lui il vertice della vita cristiana, è al culmine degli stati di vita”. “Questo è importante anche oggi, anche per noi non monaci”, ha aggiunto il Papa a braccio: “saper fare silenzio in noi per ascoltare la voce di Dio, cercare per così dire un parlatorio dove Dio parla con noi, e nel silenzio della preghiera e nella meditazione imparare la Parola di Dio e la strada della vita”. “Non lasciarci assorbire totalmente dalle attività, dai problemi e dalle preoccupazioni di ogni giorno, dimenticandoci che Gesù deve essere veramente al centro della nostra vita”. “Fine teologo”, San Pier Damiani – ha ricordato Benedetto XVI – trae dall’analisi della dottrina trinitaria “conclusioni ascetiche per la vita in counità e per gli stessi rapporti tra cristiani latini e greci, divisi su questo tema”. Cristo, ammonisce il Santo, “deve essere al centro della vita del monaco”, secondo il quale tuttavia “l’intima unione con Cristo impegna non solo i monaci, ma i singoli battezzati”. Di qui “il forte richiamo anche per noi”. Nella sua Regola, ha detto il Papa ripercorrendone la biografia, Pier Damiani sottolinea fortemente il “rigore dell’eremo”: “nel silenzio del chiostro, il monaco è chiamato a trascorrere una vita di preghiera, diurna e notturna, con prolungati ed austeri digiuni; deve esercitarsi in una generosa carità fraterna e in un’obbedienza al priore sempre pronta e disponibile. Nello studio e nella meditazione quotidiana della Sacra Scrittura, Pier Damiani scopre i mistici significati della parola di Dio, trovando in essa nutrimento per la sua vita spirituale”. San Pier Damiani “ha fatto della vita monastica una testimonianza eloquente del primato di Dio e - ha aggiunto il Papa a braccio commentando questa visione – un richiamo per tutti a camminare verso la santità, liberi da ogni compromesso mondano”. Con queste parole il Papa ha concluso la catechesi dedicata ad un “monaco fino in fondo” che, “con forme di austerità che poggi potrebbero sembrare persino eccessive”, si consumò, con lucida coerenza e grande severità, per la riforma della Chiesa del suo tempo”. Parlando della “immagine ideale della Santa Chiesa” delineata da San Pier Damiani, Benedetto XVI ha fatto notare che essa “non corrisponde alla realtà del suo tempo, ed egli lo sa”. “Per questo – ha proseguito il Pontefice - non teme di denunciare lo stato di corruzione esistente nei monasteri e tra il clero”, anche quando “diversi vescovi e abati si comportavano da governatori dei propri sudditi più che da pastori d’anime”, e “non di rado la loro vita morale lasciava molto a desiderare”. Tra i tratti della “profonda teologia” di Pier Damiani, il Papa ha citato la concezione della Chiesa universale come “unica sposa di Cristo al singolare”. “Non soltanto all’interno della Chiesa universale - ha aggiunto il Papa a braccio commentando questa visione - ma in ognuno di noi dovrebbe essere presente la Chiesa nella sua totalità”.

SIR

L’UDIENZA GENERALE - il testo integrale della catechesi e dei saluti del Papa

La morte di Mike Bongiorno. Quando definì Benedetto XVI un Papa da 'Rischiatutto': non sceglie mai la busta sbagliata

Benedetto XVI "è un Papa da 'Rischiatutto', non sceglie mai la busta sbagliata. Lo avevano accolto con una certa freddezza e con un ingiustificato timore, ma con la sua mitezza, la sua linearità, la sua cultura e la forza del dialogo sta smentendo clamorosamente i profeti di sciagura". Così Mike Bongiorno (foto) rispose a una domanda sul Papa, intervistato un anno fa' dal sito Petrus. Il grande conduttore, padre della televisione italiana, si è spento ieri all'età di 85 anni. "Mike, come vorrebbe morire?", gli venne chiesto. "Gridando: allegriaaa", fu la risposta. "Certo - spiegò - mi vanto di essere cattolico. Le dirò di più: mi piace a tal punto il pensiero di Antonio Rosmini che mi considero un 'rosminiano'. Sa, senza una salda fede in Gesù e nella religione, non avrei mai e poi mai potuto superare i momenti bui della mia vita. Invece, credendo in Dio ho sempre creduto anche nel riscatto con grande serenità. E le mie preghiere sono state sempre esaudite". Nell'intervista, rilasciata al giornalista Bruno Volpe, Bongiorno confermò i suoi buoni rapporti con il Servo di Dio Giovanni Paolo II: "non lo nego, ho avuto la fortuna, indegnamente, di conoscerlo di persona: è stato - disse - un gigante del nostro tempo. Sa che le dico? Abbiamo anche sciato assieme. Io sono un amante della montagna, appena posso vado a trascorrere un fine settimana sulla neve, scio e mi piace fare lunghe passeggiate. Bene, sul monte Adamello, un comune amico maestro di sci possiede una baita alpina, e in quel posto molte volte è venuto in incognito Papa Giovanni Paolo II ed abbiamo percorso intere piste uno accanto all'altro, ben camuffati, in modo che nessuno ci riconoscesse".

Agi