martedì 29 settembre 2009

'Giovani contro la Guerra', concerto nel 70° anniversario dello scoppio del II conflitto mondiale l'8 ottobre alla presenza del Papa

Benedetto XVI assisterà l'8 ottobre nell'Auditorium di Via della Conciliazione al concerto "Giovani contro la Guerra". L'atto culturale si inserisce nelle celebrazioni del 70° anniversario dello scoppio della II Guerra Mondiale. L'orchestra tedesca InterRegionales JugendsinfonieOrchester (IRO), diretta da Jochem Hochstenbach e Wolfgang Gönnenwein, interpreterà musiche di Gustav Mahler e Félix Mendelssohn-Bartholdy. La mezzosoprano Michelle Breedt e l'attore austriaco Klaus Maria Brandauer leggeranno testi di Johann Wolfgang von Goethe, Heinrich Heine, Paul Celan e Berthold Brecht e due poesie scritte da bambini rinchiusi nel campo di concentramento-ghetto di Theresienstadt. Il concerto è organizzato dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, dalla Commissione vaticana per le Relazioni Religiose con l'Ebraismo, dall'Ambasciata di Germania presso la Santa Sede e dal Forum Culturale Europeo dell'associazione culturale di Mainau. Il concerto si inserisce nel progetto "1939-2009: 70 anni dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale", che verrà presentato ai mezzi di comunicazione giovedì 1° ottobre nell'Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa vaticana. Alla presentazione interverranno il presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, il Cardinale Walter Kasper, e l'ambasciatore della Repubblica Federale di Germania presso la Santa Sede, Hans-Henning Horstmann. L'importanza di ricordare gli avvenimenti della II Guerra Mondiale è stata sottolineata da Benedetto XVI al termine dell'Angelus del 6 settembre a Viterbo, quando ha affermato che "non possiamo non ricordare i drammatici fatti che diedero inizio ad uno dei più terribili conflitti della storia".
Per questo, ha chiesto che "la memoria di questi eventi ci spinga a pregare per le vittime e per coloro che ancora ne portano ferite nel corpo e nel cuore".


Zenit

Il Papa nella Repubblica Ceca. Vian: il riconoscimento del presidente alle parole di Benedetto XVI rappresentano l'atteggiamento dell'intero Paese

“Il viaggio del Successore di Pietro - dopo i tre nelle stesse terre di Giovanni Paolo II - ha voluto anticipare il ventesimo anniversario della fine del comunismo europeo, che nell'allora Cecoslovacchia prese il nome di ‘rivoluzione di velluto’. Un avvenimento che, dopo i decenni plumbei dei regimi totalitari atei, ha coinvolto buona parte dell'Europa centrale e orientale, cambiando il volto del continente”: lo scrive nell’edizione di oggi de L’Osservatore Romano il direttore Giovanni Maria Vian in un editoriale dal titolo “Il Papa, Kafka e le lingue”. "Una visita non soltanto segnata da evidente successo, ma che avrà effetti duraturi. Così il presidente ceco Vaclav Klaus ha riassunto il viaggio di Benedetto XVI nel suo Paese", scrive Vian nell'editoriale sul quotidiano vaticano. "Con un riconoscimento importante da parte di un esponente politico non cattolico che nei confronti del Papa e delle sue parole ha saputo dimostrare un rispetto e un'attenzione davvero ammirevoli. In qualche modo rappresentativi dell'atteggiamento diffuso nella Repubblica Ceca grazie anche a un'ampia copertura dei media, altrove - sottolinea Vian - meno sensibili al significato vero dell'itinerario papale". Vian sottolinea i contenuti storico-politici evocati nei vari incontri: “Al rivolgimento pacifico che pose fine a un'epoca di oppressione, frutto di una resistenza comune di laici e cattolici, - scrive Vian - ha fatto seguito una situazione nuova, dove il materialismo ateo ha lasciato il posto a quello pratico. E se la dittatura era fondata sulla menzogna - secondo le parole di Václav Havel citate da Benedetto XVI - oggi la libertà ha bisogno di essere costruita sulla verità, alla cui ricerca sono chiamati tutti senza distinzione”. L'intero continente europeo, conclude Vian, è "chiamato proprio dalle sue radici cristiane - occidentali e orientali - a una responsabilità esigente nel contesto internazionale". L’accenno alle “lingue” nel titolo si riferisce al “sapiente uso” di lingua ceca, tedesca, inglese e italiana nei vari momenti ufficiali da parte del Pontefice e dei vari ospiti.

SIR, Apcom

Messaggio del Papa ai presbiteri riuniti ad Ars: il sacerdote non è per se stesso ma per tutti. Siate uomini della gioia e della speranza

“Il sacerdote è l’uomo del futuro”. Così il Papa nel messaggio videoregistrato indirizzato agli oltre mille partecipanti al ritiro sacerdotale internazionale che è in corso ad Ars, in Francia. Il seminario si svolge attorno al tema “La gioia del sacerdote consacrato alla salvezza del mondo” e si concluderà il prossimo tre ottobre. L’iniziativa nasce in occasione dell’Anno Sacerdotale indetto da Benedetto XVI. Una riflessione sul ruolo del sacerdote a partire da San Paolo fino al Curato d’Ars. “Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio - ha detto il Santo Padre facendo sue le parole di San Giovanni Maria Vianney - è il più gran tesoro che Dio può concedere ad una parrocchia ed è uno dei più preziosi doni della misericordia divina”. Il sacerdote è chiamato a servire, dando la sua vita a Dio, a continuare l’opera di redenzione sulla terra “ma - ricorda Benedetto XVI - la nostra vocazione sacerdotale è un tesoro che portiamo in vasi d’argilla”. In questo senso, proprio San Paolo ha espresso l’infinita distanza che esiste tra la vocazione sacerdotale e la povertà delle risposte che possiamo donare a Dio. “Quando sono debole - diceva l’Apostolo delle genti e ricorda il Papa - è allora che io sono forte”. La coscienza di questa fragilità apre all’intimità di Dio e dona forza e gioia. “Il sacerdote non è dunque per se stesso ma per tutti” e questa è una delle maggiori sfide del nostro tempo. Proprio il sacerdote, “uomo della Parola divina”, oggi deve essere più che mai un “uomo della gioia e della speranza”. “Davanti a coloro che non possono più concepire che Dio sia puro amore - prosegue Benedetto XVI - egli affermerà sempre che la vita vale la pena di essere vissuta e che Cristo ne dà tutto il senso perché Egli ama gli uomini, tutti gli uomini''. Esprimendo la propria vicinanza a quanti compiono il loro magistero in difficoltà, il Papa ha poi ricordato che il sacerdote è l’uomo del futuro, colui che tiene sempre presenti le parole di San Paolo: “Siate risorti in Cristo”. “Vi invito - aggiunge - a fortificare la vostra fede e quella dei fedeli nell’Eucaristia che celebrate, fonte della vera gioia”. “Nulla sostituirà mai nella Chiesa - prosegue il Papa - il ministero dei sacerdoti”. Testimoni viventi della potenza di Dio che opera nella debolezza degli uomini, religiosi che sono consacrati alla salvezza del mondo e scelti da Cristo affinché siano sale della terra e luce del mondo stesso.

Sinodo dei vescovi per il Medio oriente. Mons. Sako: il coraggio contro la disillusione. Riforma missionaria sui problemi delle Chiese

di Louis Sako
AsiaNews

Il Santo Padre Benedetto XVI ha convocato un Sinodo speciale per il Medio oriente, che si terrà dal 10 al 24 ottobre 2010, sul tema "La Chiesa cattolica in Medio Oriente: comunione e testimonianza". Per l’occasione, vorrei esprimere i miei ringraziamenti al Santo Padre per questa opportunità e ricchezza data a tutti noi. La Santa Sede vuole che le Chiese orientali progrediscano, ma esse stesse devono contribuire pienamente, sostenendo questo cammino comune: a questo sinodo, ogni Chiesa è chiamata a partecipare da protagonista. Ogni Chiesa è invitata ad andare avanti, a ricercare quell’aggiornamento globale che tende a ringiovanirla hic et nunc. Il Sinodo potrebbe essere una nuova Pentecoste. Ci è di grande aiuto guardare all’esperienza del Concilio Ecumenico Vaticano II. La maggioranza delle nostre Chiese non ha ancora messo in pratica gli orientamenti del Concilio. Perché il Sinodo abbia un effetto positivo, le Chiese orientali devono approfittare molto di questo impulso dello Spirito per riscoprire la loro identità e missione, per realizzare unità e comunione, per rendere attuale il proprio impegno e la testimonianza. Devono dire le cose pratiche e concrete, presentando in modo obbiettivo e coraggioso la situazione. La Chiesa è ecumenica per natura. Questo Sinodo è un tempo privilegiato e intenso: non bisogna perdere l’occasione propizia. Le Chiese Orientali devono aprirsi allo Spirito Rinnovatore e uscire dal passato, da una storia rigida, per vivere nell’oggi, in questo tempo, e preparare il futuro. La Chiesa ha una sua vocazione, chiamata, missione. La fedeltà alle radici non può voler dire chiusura, ma impegno ad essere fedeli all'uomo d'oggi, che è cambiato. Ogni Chiesa locale deve assumersi la propria responsabilità e trovare poi il modo migliore di tradurre le direttive di questo sinodo nella società attuale. Date le possibilità, una Chiesa da sola non è capace di fare fronte a questo, ma insieme e in comunione con la Chiesa universale, tutto è possibile. Molti sono i problemi da studiare.
Ne presento alcuni:
1) La riforma liturgica. Le Chiese orientali sono Chiese e non etnie; hanno una missione aperta a tutti e non solo ai propri fedeli (caldei, siri, copti... ). Come dice san Giovanni Crisostomo, la liturgia è per l'uomo. Le Chiese Orientali sono quindi chiamate ad operare una riforma liturgica seria e appropriata al contesto in cui vivono i fedeli, pena la perdita di tanti di loro, che aderiranno piuttosto alle varie sette religiose.
2) E’ necessario dare più importanza e spazio alla Sacra Scrittura. In alcune Chiese ci sono finora due tavole: l'Eucaristia e la Bibbia. Non bisogna disdegnare nessuna delle due mense che ci sono preparate!
3) La riforma delle strutture (diocesi e i territori), che risalgono al Medioevo. Ci sono diocesi molto piccole, con un prete o due. Come si può fare? Poi c’è la situazione dei cristiani del Medio oriente che vivono nella diaspora... I cristiani orientali non devono rinchiudersi esclusivamente nelle proprie comunità.
4) L’emorragia umana, ossia l'emigrazione dei fedeli da Iraq, Terra Santa, Libano... Non è solo colpa degli “altri” se il Medio oriente si svuota dei cristiani, ma anche dei cristiani stessi. La Chiesa orientale deve avere una visione chiara, con piani concreti per arginare questo esodo. É necessario un lavoro comune con tutte le Chiese, presentandosi con una sola voce alle autorità locali. Forse ci vuole una nuova evangelizzazione dei cristiani orientali.
5) L'unità con le Chiese sorelle. In pratica ora è poca cosa, a parte qualche piccolo progetto di costruzione di abitazioni. É urgente dare una testimonianza comune! I musulmani non sempre capiscono le divisioni e le denominazioni dei cristiani. É importante restaurare l'unità fra ortodossi e cattolici, soprattutto considerando che a livello dogmatico esse sono già unite (ne fanno testo le Dichiarazioni di fede comune fra la Santa Sede e varie Chiese sorelle). In pratica oggi si fa poco con gli altri cristiani. Ogni chiesa continua a darsi da fare solo per i propri fedeli. Da parte delle Chiese ortodosse si parla di mancanza di solidarietà e mancanza di carità.
6) L'islam: i cristiani devono aprirsi alla dimensione missionaria della loro presenza in terra musulmana. La loro partenza è una perdita: anche per i musulmani, un Oriente senza cristiani non sarebbe più lo stesso. È importante anche il dialogo con gli ebrei, così da aiutare la separazione fra ebraismo e sionismo. Occorre promuovere il “dialogo interreligioso” partendo da identità diverse - siano esse culturali, storiche, sociali - attraverso le quali fondare un rapporto basato sulla “comprensione reciproca”, capace di portare la “pace in aree in cui è ancora forte la tensione fra fedeli di religioni diverse". Purtroppo, specie dopo l’11 settembre, la religione è diventata espressione di identità politica! Testimoniare l’incrollabile amore di Dio per gli uomini e la Sua onnipotenza è il compito che in modo rinnovato accettiamo di assumerci. Vogliamo credere alla speranza, nonostante la disillusione e le molte difficoltà.

'Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale: i nuovi media al servizio della Parola'. Il tema della Giornata delle Comunicazioni Sociali 2010

“Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale: I nuovi media al servizio della Parola”. Questo il tema scelto dal Papa per la 44ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. A comunicarlo è una nota diffusa oggi dalla sala stampa che spiega: nel corso di quest’Anno Sacerdotale, il Santo Padre vuole invitare “in modo particolare i sacerdoti” a “considerare i nuovi media come una possibile grande risorsa per il loro ministero al servizio della Parola e vuole dire una parola di incoraggiamento affinché affrontino le sfide che nascono dalla nuova cultura digitale”. I nuovi media – prosegue la nota - “se conosciuti e valorizzati adeguatamente, possono offrire ai sacerdoti e a tutti gli operatori pastorali una ricchezza di dati e di contenuti che prima erano di difficile accesso, e facilitano forme di collaborazione e di crescita di comunione impensabili nel passato. Grazie ai nuovi media, chi predica e fa conoscere il Verbo della vita può raggiungere con parole suoni e immagini – vera e specifica grammatica espressiva della cultura digitale – persone singole e intere comunità in ogni continente, per creare nuovi spazi di conoscenza e di dialogo giungendo a proporre e a realizzare itinerari di comunione”. “Se usati saggiamente – si legge ancora nella nota -, con l’aiuto di esperti in tecnologia e cultura delle comunicazioni, i nuovi media possono così diventare per i sacerdoti e per tutti gli operatori pastorali un valido ed efficace strumento di vera e profonda evangelizzazione e comunione. Saranno una nuova forma di evangelizzazione perché Cristo avanzi lungo le vie delle nostre città e davanti alle soglie delle nostre case dica nuovamente: “Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me”. La nota vaticana ricorda che “il compito principale del sacerdote è annunciare la Parola di Dio fatta carne, uomo, storia, diventando in tal modo segno di quella comunione che Dio realizza con l’uomo. L’efficacia di questo ministero richiede quindi che il sacerdote viva un rapporto intimo con Dio, radicato in un amore profondo e in una conoscenza viva delle Scritture Sacre, ‘testimonianza’ in forma scritta della Parola divina”.

SIR

Il Papa nella Repubblica Ceca. Padre Lombardi: Il viaggio è riuscito molto bene, ha raggiunto gli scopi che si proponeva

Un viaggio che ha riscosso un grande successo sotto ogni punto di vista. Così padre Federico Lombardi commenta il viaggio apostolico nella Repubblica Ceca in un’intervista alla Radio Vaticana. "Mi sembra – spiega il direttore della Sala stampa vaticana – che il viaggio sia riuscito molto bene, raggiungendo i diversi scopi che si proponeva, sia per l’incoraggiamento e la conferma nella fede della Chiesa locale, sia per i rapporti positivi stabiliti tra la Chiesa e la società che il Papa ha anche visitato, dimostrando tutta la sua amicizia per il popolo della Repubblica Ceca". Il Papa – aggiunge padre Lombardi – "è veramente molto contento di questo viaggio. Si è sentito accolto con amicizia, con cordialità, dalla società nel suo insieme, come dai rappresentanti, dalle autorità, e naturalmente con grandissimo amore dai fedeli che hanno partecipato molto numerosi, in particolare alle due grandi occasioni di celebrazione comune: quella a Brno, in Moravia, e quella nella festa di San Venceslao". Quanto agli effetti del viaggio, il primo frutto "che sempre l’incontro con Pietro porta" è "il conforto e la conferma nella fede, nella vita cristiana e quindi il rilancio della gioia di vivere il cristianesimo". Un frutto prezioso non solo per "la comunità credente in senso stretto, ma anche per la società che la accoglie".

Avvenire

Sinodo dei vescovi per l’Africa. Il card. Njue: gli africani chiedono di essere riconosciuti come persone. Poveri materialmente, ma con tanti valori

“Gli africani attendono con fiducia ed ottimismo i risultati del Sinodo. E chiedono di essere riconosciuti come persone, nonostante la povertà”. A parlare al Sir è il card. John Njue, arcivescovo di Nairobi (Kenya), a pochi giorni dall’apertura della II Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi che sarà centrata sul tema della giustizia, riconciliazione e pace. Il card. Njue è preoccupato per “i conflitti interni, i migranti espulsi dal proprio Paese, forse a causa del tribalismo e delle religioni”. “Quando in un Paese non c’è coabitazione, non ci si accetta a vicenda – afferma in una intervista all’agenzia SIR -, niente può andare avanti in una maniera giusta e buona”. Riguardo alle ondate migratorie verso l’Europa e i respingimenti in mare, a suo avviso “i Paesi di accoglienza dovrebbero, in ogni caso, basare le loro decisioni sulla dignità della persona umana. Questo deve essere il principio fondamentale. Poi, se ci sono delle paure da parte degli europei, bisognerebbe mettere in atto degli strumenti di prevenzione per proteggere la serenità del Paese che accoglie, senza negare la dignità dei migranti. Se c’è la buona volontà dei Paesi di provenienza e di arrivo si possono trovare delle soluzioni che salvaguardino la dignità delle persone”. Riguardo al rapporto Europa-Africa, secondo l’arcivescovo di Nairobi “siamo arrivati ad un punto in cui ognuno ha bisogno dell’altro, quindi dobbiamo cercare di camminare insieme, per non fare in modo che un continente soffra mentre l’altro sta solo a guardare. A questo punto è chiaro che abbiamo bisogno ognuno dell’altro, perché ogni continente ha la sua ricchezza e la sua povertà. Nessuno può eliminare la propria povertà senza la presenza e la ricchezza dell’altro. Vorremmo vedere più comunione e il riconoscimento della dignità degli uni e degli altri”. “Siamo poveri materialmente – prosegue il card. Njue - ma la nostra cultura ha tanti valori: se vengono recepiti in Europa, o anche in Asia, possiamo diventare tutti più forti. A quel punto potremo arrivare ad una situazione senza sfruttamento”. A proposito del futuro del cristianesimo in Africa il card. Njue è ottimista: "I missionari hanno piantato in Africa un seme molto difficile da estirpare. Il nostro orgoglio di essere cristiani si manifesta nel voler vivere pienamente l’eredità lasciata dai missionari. Ci saranno delle sfide ma non vogliamo perdere la speranza. Anche se molto dipenderà dal tipo di pastori. Ecco perché puntiamo molto l’accento sulla formazione dei nostri sacerdoti, religiosi e religiose. Se ben formati possono essere dei veri strumenti di evangelizzazione”.

SIR