martedì 6 luglio 2010

Inquietanti sospetti sul card. Danneels. L'ex primate del Belgio ascoltato oggi come testimone dalla polizia sui casi di abuso su minori

Le notizie di oggi sono costernanti. A seguito della ben nota 'retata' della Conferenza Episcopale belga e, soprattutto, del sequestro di cassoni di documenti, materiali, computer, telefonini, fascicoli, in Arcivescovado e a casa del card. Danneels, iniziano a filtrare sulla stampa belga notizie davvero preoccupanti in riferimento al contenuto del materiale prelevato. In particolare, sarebbero stati rinvenuti documenti istruttori delle indagini processuali sul famigerato pedofilo assassino Marc Dutroux, come fotografie dell'esumazione delle bambine sue vittime e relazioni interne destinate ai magistrati inquirenti; si sarebbero trovati pure pezzi semibruciati di un altro dossier, sempre in tema di pedofilia, ma questa volta inerente membri della Chiesa. Quanto precede è indiscrezione giornalistica. Ma credibile: sia perché siamo abituati a questo genere di fuga di notizie, sia soprattutto perché è oggi in corso un interrogatorio a Palazzo di Giustizia del card. Danneels: segno che i magistrati ritengono necessari suoi chiarimenti. Il cardinale è sentito per ora come testimone; ma rischia, secondo la stampa belga, quanto meno un'accusa di omissione di soccorso, per non avere impedito fatti di pedofilia di cui era a conoscenza, ed una condanna fino ad un anno di prigione. Non è la prima volta che grossi sospetti si accumulano sul cardinale, fino a gennaio arcivescovo primate del Belgio. Sei anni orsono, egli ottenne un'ingiunzione giudiziale contro un giornale di Bruxelles che andava pubblicando pretesi rapporti sul suo coinvolgimento proprio nell'affare Dutroux: il giornale riferiva di asseriti tentativi di ricatto contro il cardinale, che sarebbe stato minacciato dell'invio in Vaticano di una videocassetta compromettente. Ma di tutto questo, naturalmente, nessuna prova. Invece, è purtroppo dato di fatto, che si accompagna coerentemente al "Catechismo Danneels", la circostanza che nel 1984 il cardinale, nominato arcivescovo di Bruxelles-Malines fin dal 1979, ricevette una lettera di una mamma preoccupata per l'attività del Gruppo di Lavoro Ecumenico sulla Pedofilia. Si trattava di un organismo, spalleggiato dalla Conferenza Episcopale belga, che venne perfino lodato dal giornale ufficiale dei vescovi, Kerk en Leven ("Chiesa e Vita"), sul numero del 9 agosto 1984, dove l'articolista riferiva che quell'ente avrebbe "fatto conoscere nelle chiese il fenomeno della pedofilia, condiviso informazioni e rimosso pregiudizi". Lo scopo del Gruppo, citiamo, era creare un punto di incontro per pedofili "per scambiare idee vicendevolmente e per incoraggiarsi. Sono benvenuti tutti coloro che desiderano conoscere meglio la pedofilia e i pedofili in condizioni di maggior trasparenza, rispetto e fiducia". La madre che si rivolgeva a Danneels aveva ottenuto documenti precisi che sottopose preoccupata al cardinale. La propaganda di quel Gruppo Ecumenico era di questo genere: se tuo figlio (o bambino) o figlia (o bambina) si sente a posto con la relazione con un pedofilo, per favore non rompere quella relazione; la reazione dell'ambiente sociale circostante è spesso di maggior danno che i fatti in sé; molti cristiani convinti possono imparare dai pedofili; è preferibile che si crei una relazione di fiducia tra il pedofilo e i genitori. Il card. Danneels non prese minimamente in considerazione le preoccupazioni di quella madre. Chissà se c'entrava il fatto che, proprio in quegli anni, il miglior amico e alleato del cardinale, il vescovo di Bruges Vangheluwe, praticava, sicuramente con attitudine di "trasparenza, rispetto e fiducia", una relazione pedofila col proprio nipote di undici anni. Il giornale Knack osserva che l'ispirazione per questo gruppo ecumenico venne da ambienti progressisti, interni ed esterni alla Chiesa. Il card. Danneels era papabile 'di punta' del campo progressista all'ultimo conclave. A una bambina di undici anni che, dopo il suo ritorno da Roma, gli chiedeva, per un giornale dell'infanzia dell'emittente pubblica fiamminga VRT, quale nome avrebbe scelto se fosse stato eletto Papa, questa fu la risposta: "Mi sarebbe piaciuto essere Giovanni XXIV".

Messainlatino.it

Giornata Mondiale della Gioventù 2011. Avviato un percorso di preparazione e di scambio per i gemellaggi delle diocesi italiane con quelle spagnole

Non c’è dubbio che la voglia di viaggiare, di esplorare, di conoscere nuovi amici sono da sempre tra gli "ingredienti" fondamentali delle GMG, perché sono scritti nel DNA dei giovani e li spingono costantemente verso nuove mete. Ma i pellegrini che si mettono in marcia verso il grande incontro con il Pontefice e i loro coetanei di tutto il mondo non sono mai semplici turisti, bensì veri e propri "pellegrini missionari". Per loro, infatti, la GMG non è un’occasione solo per accumulare un tesoro prezioso di conoscenze ed esperienze ma anche per donare e condividere le ricchezze portate da casa. Di questa voglia di condivisione l’espressione più evidente e intensa sono sicuramente i "Giorni nelle diocesi", i gemellaggi che i gruppi in marcia verso gli eventi centrali della GMG vivono nelle comunità locali della nazione ospite. Un’esperienza che si ripeterà per Madrid 2011 nell’agosto del prossimo anno e che già moltissime diocesi italiane stanno preparando con entusiasmo. Ne è testimonianza il lungo elenco in costante aggiornamento sul sito www.gmg2011.it e che dà notizia dei contatti già presi tra le diocesi italiane e quelle iberiche.
In alcuni casi le regioni ecclesiastiche si muoveranno assieme: è il caso dell’Umbria, che sarà ospitata da Santiago de Compostela, o della Toscana, che andrà a Valencia. "I pellegrini toscani saranno ospiti delle famiglie del centro città – anticipa don Danilo Costantino, referente regionale per la pastorale giovanile – e il programma è già in via di definizione. Partiremo in traghetto da Livorno e da Civitavecchia e abbiamo circa 1900 posti disponibili". In Toscana il cammino di preparazione vedrà la "peregrinatio" dell’icona di una Madonna venerata a Valencia e poi una festa finale regionale per il mandato ai pellegrini. "Il prossimo inverno – racconta ancora don Costantino – attendiamo la visita dei delegati di Valencia ma prima vorremmo tornare là assieme a un gruppo di giovani per cementare i già calorosi rapporti che si sono creati con la diocesi spagnola".
"I gemellaggi sono un valore aggiunto importantissimo per la GMG, perché permettono di coltivare legami intensi prima della grande esperienza in mezzo alla folla degli eventi centrali – sottolinea il responsabile della Pastorale giovanile di Cesena-Sarsina, don Marcello Palazzi –. Noi, assieme a Reggio Emilia-Guastalla, abbiamo già preso contatto con la diocesi di Girona inviando due giovani in Catalogna. Là hanno incontrato il responsabile della pastorale giovanile della città, che è anche il referente regionale", racconta don Palazzi. Prossimo "contatto" prima dell’inverno, quando il vescovo di Girona arriverà a Cesena.
Alle volte poi si tratta di riscoprire antichi legami proprio nel nome di quei missionari che hanno legato nella fede città e popoli. È il caso di Venezia, come spiega don Renato Mazzuia, responsabile della Pastorale giovanile del patriarcato della laguna: "Andremo a Pamplona (dove saranno presenti anche Vicenza e Termoli-Larino) – racconta il sacerdote – sui passi di Sant’Ignazio di Loyola e di San Francesco Saverio, entrambi navarresi e ordinati a Venezia. L’idea è quella di fare un tratto del viaggio in traghetto, richiamandoci così a quelle 'rotte' seguite nel Mediterraneo dal Vangelo".
Anche la vicina Treviso ha già preso contatti con Saragozza, come racconta don Massimo Gallina, incaricato diocesano della Pastorale giovanile: "Una prima visita l’abbiamo fatta a febbraio: ci hanno detto che potranno ospitare 7.500 pellegrini e le richieste sono già 3.500 da diverse nazioni.In questi giorni, poi, stiamo progettando le date delle veglie in Cattedrale con il vescovo per la preparazione al viaggio. In autunno, inoltre, gli incaricati della pastorale giovanile di Saragozza ci faranno visita e andranno anche a Padova e Verona, anch’esse 'gemellate' con la città spagnola per la GMG".
Questi i dati che confermano e rendono preziosi i suggerimenti arrivati dal Servizio nazionale per la pastorale giovanile della CEI. "Nelle diocesi spagnole saremo ospitati insieme ad altre diocesi provenienti da altre parti del mondo – nota don Nicolò Anselmi, responsabile del Servizio nazionale –: può essere bello avviare dei contatti e prepararsi alla conoscenza dei Paesi dei gruppi presenti". La chiave, allora, sarà la formazione, aggiunge don Anselmi, che suggerisce incontri in diocesi con gli Uffici missionari oppure itinerari dedicati all’approfondimento del patrimonio culturale, artistico e di fede della propria comunità locale. E poi ancora: preparare i doni da scambiare con gli altri giovani e con le famiglie che ospiteranno i pellegrini, portare nel pellegrinaggio immagini dei santi locali o oggetti che rappresentino la tradizione di fede del proprio territorio o dell’Italia, che il prossimo anno ricorderà anche il 150° dall’unità, preparare anche spettacoli di musica e danza da offrire durante i giorni nelle diocesi. Le idee in campo artistico, musicale, culturale, sportivo possono essere tante e ai giovani di certo non manca la fantasia e la voglia di creare legami nuovi e fare nuove conoscenze.

Matteo Liut, Avvenire

Il Papa a Sulmona. L'abbraccio di Francesca e Cristian a Benedetto. L'emozione dei fedeli: ha capito il nostro disagio e ci aiuta a credere nel domani

La prima a rompere il protocol­lo è stata Francesca. Cristian l’ha semplicemente seguita, tra l’entusiasmo generale e la sorpresa del Papa, che alla fine aveva gli occhi splendenti per la gioia. Francesca Os­satti e Cristian Di Sanza erano i due giovani incaricati di salutare Bene­detto XVI durante l’incontro in Cat­tedrale, a nome di tutti gli altri. Ave­vano svolto il loro compito in ma­niera inappuntabile, seri, vestiti ele­gantemente, solo un tantino emo­zionati. Quando poi si sono avvici­nati al Pontefice per il baciamano, nulla lasciava presagire quel gesto improvviso, affettuoso più di mille parole. È stata Francesca a dare il via. Ha abbracciato il Papa, gli ha stam­pato due bei baci sulle guance. Come si fa con un nonno, in un clima di fa­miglia. E Cristian, poco dopo ha fat­to lo stesso.
È la fiducia quella che torna nei cuori degli abruzzesi. La speran­za che spine e croci che ognuno in questa terra si porta dentro continuino ad essere affrontate con la preghiera. Benedetto XVI lascia a Sulmona e all’A­bruzzo, scossi dal terremo­to e dalla depressione economica, una grande ere­dità: la riscoperta del si­lenzio seguendo l’esempio di Celestino V. "La fede non ha bisogno di pass". Chiara non ha tro­vato posto in Piazza Gari­baldi, ma ha comunque sventolato la sua bandiera bianca e gialla davanti al maxischermo nella vicina villa comunale. Si è alzata all’alba per esserci dome­nica. "Il Papa ha capito il nostro disagio, il nostro smarrimento – dice – e, co­me un padre premuroso, è venuto ad abbracciarci per dire che la Chiesa e il Si­gnore non si dimenticano di noi". Dei suoi vent’anni non ha solo la spensiera­tezza, ma la determinazio­ne e la scorza dura della montagna ben stampate negli occhi, anche quando vincendo l’imbarazzo racconta del trasferimento forzato dopo il 6 aprile da L’Aquila a Pescara, in cerca di lavoro e tranquillità. "Siamo troppo occupati a pensare ogni giorno a quello che non abbiamo, a quello che ci è stato tolto – continua – così ci dimentichiamo la ricchezza e la forza che possiamo risco­prire affidandoci alla bontà di Dio. Con le sue parole il Papa mi ha ricordato que­sto". Non è solo l’emozione per l’eccezionalità di una visi­ta papale ad animare i tan­ti, soprattutto giovani, che hanno sentito il bisogno di stringersi intorno a Bene­detto XVI. A Sulmona, in­fatti, hanno vissuto questa visita come una mano tesa a una terra dalla fede radi­cata, ma scossa dagli e­venti. I mille festoni colo­rati che domenica hanno decorato il centro della val­le peligna e i lunghi ap­plausi al passaggio del Pontefice sono il segno più evidente che qui c’è voglia di rinascere, di trovare la forza proprio partendo dall’intenso abbraccio che Benedetto XVI ha portato in Abruzzo. Anche per chi, come Paolo, cerca in quel gesto la speranza di un fu­turo migliore. La sua a­zienda rischia di chiudere e, a cinquant’anni, questo fa ancora più paura. "Ho pregato intensamente con il Papa, con un’emozione che poche volte ho prova­to – racconta – ho pregato perché la sua vicinanza e l’esempio di fede di Pietro da Morrone mi indichino la via giusta da seguire". Tanti precari, disoccupati, terremotati e loro, i ragaz­zi. Per i fortunati che lo hanno incontrato in Catte­drale è festa grande, ma per qualcuno conoscere Bene­detto XVI ha significato qualcosa di più. Insieme alle sue amiche, Ludovica ha fatto la fila per due ore per entrare tra i primi. La sua famiglia non ha gran­di difficoltà, ma forse per questo aver visto da vicino il successore di Pietro ha lasciato un segno profon­do. "Sono rimasta colpita dalla sua umanità, dai suoi gesti – dice – è stato emozionante e mi ha fatto ri­flettere su come ascoltare se stessi e gli altri, avvici­nandosi a certi valori, pos­sa arricchire una vita che ci appare già perfetta. Ho sentito la sua carezza, è co­me se ci avesse detto: affi­datevi alla provvidenza divina per andare avanti". Sono venuti da lontano, parlano lingue diverse, ma per tutti l’importante è es­serci. È così per Martha che viene da Liverpool e, nel suo viaggio in Italia, ha scelto di fermarsi in A­bruzzo proprio durante la visita del Papa; così come per il musulmano Hassan, che al passaggio del Pon­tefice ha alzato uno stri­scione con il suo benvenu­to in arabo e italiano. È in­fine lo stesso per Adina, ru­mena ortodossa; da cinque anni a Sulmona è disoccupata e sarà presto mamma. "Ho sentito il desiderio di scendere in strada per sa­lutare il Papa – confessa – la sua presenza mi aiuta a credere nel domani".

Avvenire

Il Papa a Sulmona. Benedetto e Celestino: che cosa accomuna i due Pontefici. I mali del tempo e la coerente adesione al Vangelo

L’anno scorso, nella Basilica di Collemaggio a L’Aquila, gli ha donato il pallio indossato il giorno dell’elezione alla cattedra di Pietro. Quest’anno è venuto fino a Sulmona per rendergli nuovamente omaggio mentre le diocesi dell’Abruzzo e del Molise celebrano l’VIII centenario della sua nascita. Perché la figura di Celestino V esercita un fascino così forte su Benedetto XVI? Che cosa accomuna due uomini apparentemente così diversi come Joseph Ratzinger, il Papa teologo dell’alba del Terzo Millennio, e Pietro Angelerio, l’umile e grande eremita del Duecento? La risposta è contenuta nell’insieme delle parole e dei gesti di una visita che ha messo definitivamente in luce le sorprendenti analogie non solo tra questi due successori del principe degli apostoli, ma anche tra i periodi storici in cui la Provvidenza li ha messi al timone della Barca di Pietro. Innanzitutto la sobrietà dello stile. Man mano che il dispiegarsi del Pontificato di Benedetto XVI ci permette di approfondire la sua conoscenza, emerge sempre di più il tratto ascetico, quasi monastico della sua personalità. "Stare con Dio, ascoltare la sua Parola, nel Vangelo e nella liturgia della Chiesa, difende dagli abbagli dell’orgoglio e della presunzione", ha detto domenica ai giovani. Una sottolineatura non nuova nel magistero di un Papa che ha sempre messo in guardia dal carrierismo, dalle mode, dai valori effimeri e dalle preoccupazioni per le cose materiali, anche e soprattutto all’interno della Chiesa. Otto secoli fa, Pietro da Morrone cercava di "stare con Dio" ritirandosi sulle vette impervie dell’Appennino abruzzese. Anche Joseph Ratzinger lo ha fatto per tanti anni, immergendosi nello studio dell’amata teologia. Poi quando entrambi sono stati chiamati al soglio pontificio, non hanno per questo abbandonato lo stile che li aveva contraddistinti in precedenza. Seconda analogia: la capacità di vivere per gli altri. "San Pietro Celestino – ha ricordato domenica il Papa – pur conducendo vita eremitica, non era chiuso in se stesso". Stare con Dio non allontana dagli uomini. Lo testimonia ad esempio la straordinaria vicinanza ai drammi del nostro tempo che Benedetto XVI testimonia ogni giorno non solo a parole. Persino la sua spiccata sensibilità ecologica lo avvicina al santo eremita di otto secoli fa. Perché in tempi di emergenza ambientale non perde occasione per ribadire, come ha fatto del resto anche a Sulmona, che "tutti devono sentirsi responsabili" del futuro della Terra. Forse, però, l’analogia più interessante è proprio quella relativa alla temperie culturale. Il Papa che non esita a denunciare la "sporcizia nella Chiesa" e a chiedere perdono per il male commesso da alcuni suoi figli, il Papa che addita nel peccato il nemico più temibile per le comunità cristiane e che non si rassegna alla dittatura del relativismo etico, pone le premesse per una "rivoluzione" di non minore portata rispetto a quella messa in atto da Celestino V contro i mali del suo tempo. E il fatto che capiti anche al Pontefice teologo di non essere compreso (fuori e, talvolta, anche dentro la Chiesa) proprio come il santo eremita di otto secoli fa, rafforza ulteriormente il parallelismo. In fondo, proprio su quest’ultimo piano il cerchio delle similitudini si chiude definitivamente. La coerente adesione al Vangelo si misura anche con il metro della sofferenza. E questo vale per tutti, santi, Pontefici o semplici fedeli. Nel Duecento come nel Terzo Millennio.

Mimmo Muolo, Avvenire