mercoledì 27 luglio 2011

Il Papa a Lamezia Terme e Serra San Bruno. Alla Messa previsti fino a 150mila fedeli. La celebrazione sarà nella più spaziosa area industriale ex Sir

Sono già arrivate a circa 60 mila le prenotazioni per partecipare alla solenne Celebrazione eucaristica che Papa Benedetto XVI presiederà a Lamezia Terme domenica 9 ottobre. La Curia lametina e l’Amministrazione comunale hanno accolto con grande gioia la notizia che saranno veramente in tantissimi i fedeli, provenienti da tutte le diocesi calabresi, che vorranno assistere alla Santa Messa del Santo Padre. Il gran numero di prenotazioni che sicuramente lieviterà nelle prossime settimane (si pensa che molto probabilmente si arriverà a 150 mila fedeli prenotati), ha indotto la Curia ed il Comune a pensare ad unalocation idonea per accogliere al meglio un numero così imponente di persone. In seguito ad una riunione congiunta tra i sacerdoti del comitato organizzatore e gli amministratori cittadini, è stato sceltal’area ex Sir come sito adatto alla celebrazione del rito religioso. L’ampia zona consentirà, sul piano della sicurezza, il tranquillo svolgimento della funzione ed anche il regolare deflusso dei fedeli che, a fine cerimonia, dovranno riprendere agevolmente i mezzi per ritornare nelle varie città di provenienza. La decisione della Curia e del Comune è stata accolta positivamente dalla Prefettura e dalla Gendarmeria della Città del Vaticano. Viene quindi definitivamente scartata l’ipotesi iniziale di far svolgere il rito in contrada Rotoli, una possibilità vagliata ma mai decisa in via definitiva. Infatti, né nei mesi scorsi, né di recente, nessuna comunicazione ufficiale è mai stata diramata in tal senso dagli uffici della Curia vescovile lametina. Il Comitato della Curia vescovile che si occupa dell’organizzazione della visita del Papa a Lamezia fa anche sapere di provare “molta compassione per quelle persone che a tal proposito hanno diffuso notizie false etendenziose cercando di sminuire anche un evento di tali proporzioni come la visita del Papa in terra di Calabria. Ci dispiace molto – sottolinea ancora il Comitato organizzatore – siamo davanti a persone che mirano ad intaccare la serenità del Popolo di Dio. Finora abbiamo lavorato in piena sinergia con la Santa Sede ed il Comune di Lamezia. La scelta ricaduta sull’area ex Sir è stata valutata anche con la consulenza dei tecnici del Vaticano che hanno vagliato ogni aspetto (logistico, tecnico, relativo alla sicurezza) del sito da noi proposto. Ci auguriamo – conclude il Comitato – che simili episodi spiacevoli non si ripetano e che sia sempre la Verità a diradare le ombre gettate dalle mistificazioni e dall’inattendibilità di notizie, non dettate dalla buona fede e, soprattutto, dalla volontà di rendere un buon servizio di informazione all’intera comunità”.

CN24

Joseph Ratzinger e il fantasma del 'fondamentalismo cristiano': la religione deve lasciarsi purificare e regolamentare dalla luce divina della ragione

Il Papa ha detto poco, domenica, dei due attentati norvegesi ma credo che abbia molto pensato e temuto: e non tanto per la surreale critica che gli è rivolta nel manifesto dell’attentatore, ma per il fantasma del "fondamentalismo cristiano" che con quegli attentati per la prima volta prende forma sulla scena mondiale. Più volte, da teologo e da Papa, egli ha parlato del “fanatismo religioso” che può produrre “intolleranza e terrorismo”, un fanatismo che la fede non può “sanare” senza l’aiuto della ragione. I morti di venerdì devono essere stati per lui come una drammatica riprova della giustezza di quella teoria. Da cardinale aveva esposto quell’idea in dialogo con Juergen Habermas (foto), in un incontro del gennaio del 2004 a Monaco di Baviera (i testi sono pubblicati in italiano da Marsilio con il titolo "Ragione e fede in dialogo"). I due discutono delle legittimazioni morali e religiose del fanatismo e del terrorismo e segnalano il fatto che i terroristi presentano a volte la loro azione come, dice il card. Ratzinger, "difesa di una tradizione religiosa contro l’empietà della società occidentale". Il cardinale conclude segnalando l’esigenza che ragione e fede si "riconoscano reciprocamente" e stabiliscano tra loro una "correlazione polifonica" per aiutarsi a guarire dalle rispettive “patologie”. Queste le sue parole più impegnative: "Ci sono patologie della religione che sono assai pericolose e che rendono necessario considerare la luce divina della ragione come un organo di controllo, dal quale la religione deve costantemente lasciarsi purificare e regolamentare". In altra occasione, in dialogo con Ernesto Galli Della Loggia, nell’ottobre dello stesso anno, il card. Ratzinger aveva posto in relazione positiva cristianesimo e illuminismo, sempre al fine di una reciproca “purificazione”: "L’Europa deve difendere la razionalità e su questo punto anche noi credenti dobbiamo essere grati al contributo dei laici, dell’illuminismo, che deve rimanere una spina nella nostra carne. Ma anche i laici devono accettare la spina nella loro carne, cioè la forza fondante della religione cristiana per l’Europa". Sentendo che l’attentatore di Oslo e di Utoya, Anders Behring Breivik, veniva qualificato come un “fondamentalista cristiano” Joseph Ratzinger non può non aver ricordato quel monito che aveva formulato poco prima dell’elezione al Pontificato e che da Papa aveva più volte riproposto, in particolare con la lectio di Regensburg con primario riferimento all’islam. Ma ora la matrice era cristiana e invocata da un fanatico che si qualificava come cristiano “al cento per cento cristiano”: così è scritto nel suo manifesto. Le prudentissime parole pronunciate domenica dal Papa nel saluto di mezzogiorno vanno lette sullo sfondo di quei convincimenti ratzingeriani: di “fondamentalismo cristiano” non si parla volentieri negli ambienti cristiani internazionali, dove questa mina crescente è tenuta d’occhio con preoccupazione. Ricordo un solo testo vaticano che lo menziona in tempi recenti: l’Instrumentum laboris del Sinodo dei vescovi del Medio Oriente, cioè il documento preparatorio che fu “consegnato” ai destinatari dal Papa durante il viaggio a Cipro, il 6 giugno 2010: esso richiama, riprovandola, l’ideologia di "alcuni gruppi fondamentalisti cristiani" che "giustificano, basandosi sulle Sacre Scritture, l’ingiustizia politica imposta ai palestinesi". In più di un’occasione Papa Ratzinger ha accennato al pericolo, storico e attuale, cristiano e planetario, che l’impegno per la verità possa condurre all’intolleranza e alla violenza. Parlando al corpo diplomatico nel gennaio del 2006 si è chiesto, per esempio, se "le convinzioni diverse sulla verità" non siano destinate a "dare luogo a tensioni, ad incomprensioni, a dispute, tanto più forti quanto più profonde sono le convinzioni stesse", fino a produrre “guerre di religione”. Ammise che ciò si era verificato anche nella Chiesa Cattolica e precisò che si era trattato di “gravi errori”per i quali essa "non ha esitato a chiedere perdono". Con maggiore efficace ha poi svolto la stessa considerazione durante il viaggio in Austria nel settembre del 2007, evocando, al Santuario di Mariazell, il fatto che noi cristiani "abbiamo paura, a motivo della nostra storia, che la fede nella verità comporti intolleranza". Riflettendo sulla preghiera del Papa per le vittime di quell’assurdo cristiano che è Anders Behring Breivik, conviene dire, a correzione delle semplificazioni proposte dai titoli dei media, che egli non propriamente “minaccia” il Papa, ma lo critica e auspica l’avvento di un futuro Pontefice capace di "promuovere una nuova crociata contro l’islam". Egli fonda questa critica sulla constatazione che Papa Benedetto "ha abbandonato la difesa dei cristiani europei e dev’essere considerato codardo, incompetente, corrotto e illegittimo, alla stregua dei più recenti predecessori, Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II". Si direbbe che il folle Breivik abbia compreso il Papa teologo come questi aveva da tempo intuito la pericolosità di ogni fondamentalismo, compreso quello cristiano.

Luigi Accattoli, Liberal

Il ripiegamento dei Legionari di Cristo, obbligati negli ultimi mesi a chiudere seminari e università, fusionare comunità religiose, trasferire scuole

Si presenta come il più imponente ripiegamento istituzionale degli ultimi anni. La più grande ristrutturazione all’interno dagli scandali del suo fondatore, Marcial Maciel Degollado. Fino a poco tempo fa, la Legione era considerata l’istituto religioso di maggiore crescita, tanto economica quanto di numero di membri, dopo il Concilio Vaticano II. Sono bastati un lustro ed un fondatore colpevole di ogni genere di atti immorali, abusi sessuali contro minori compresi, per far si che la macchina frenasse drasticamente la sua marcia. Il portavoce ufficiale della Congregazione a Roma, Andreas Schoggl, ha confermato che le misure rispondono alla mancanza di vocazioni, al impatto della crisi economica internazionale, a la necessità di massimizzare le risorse e agli scandali pubblici. "E vero, si percepisce un certo ripiegamento, anche se si può anche vedere un cambiamento nella strategia. In passato abbiamo fatto dei passi troppo lunghi e adesso è arrivato il tempo di aggiustare le nostre mansioni, ma non abbiamo dei problemi con tutto questo", ha affermato. Il 15 luglio scorso, Sylvester Heereman, direttore territoriale per l’Europa, ha annunciato in una lettera la chiusura di un noviziato a Dublino, in Irlanda. "Le motivazioni che ci hanno portato a questa dolorosa decisione sono la mancanza di vocazioni irlandese negli ultimi due decenni, e anche la difficoltà odierna di mantenere il noviziato con delle vocazioni provenenti da altri paesi", ha scritto. La chiusura di questo noviziato si è aggiunta alla sospensione di altri due seminari minori: uno a Sacramento, California, e l’altro a Palo Verde, Brasile. Nel 2010, il direttore territoriale in Spagna aveva annunciato la chiusura delle attività presso il seminario minore di Valencia. A queste misure si devono aggiungere la fusione di diverse comunità nel mondo, visto che, negli ultimi anni, la politica generale è stata quella di unire le case per arrivare ad un numero maggiore e stabile dei Legionari per ogni nucleo. Ed e che negli ultimi due anni, 42 preti e 151 seminaristi, tra religiosi e novizi, abbandonarono le file della Legione mentre il proselitismo vocazionale si è visto sensibilmente affettato. Per lo più a causa dello scandalo Maciel e del processo di riforma che ha cominciato il card. Velasio De Paolis. Secondo le cifre ufficiali, mentre nel 2009 il numero totale dei membri della Congregazione era di 3.389, il 31 dicembre 2010 la cifra era di 3.265, cioè di 124 unità in meno. I Legionari hanno attualmente 3 vescovi, 889 sacerdoti, 1.244 religiosi e novizi, e 1.129 candidati, precandidati e apostolici. Questi numeri continueranno a scendere ancora di più, perché negli ultimi messi, che non sono stati considerati nelle statistiche, diversi sacerdoti e seminaristi hanno deciso di allontanarsi dalla Congregazione, mentre altri preti si trovano fuori delle loro comunità per un discernimento. Dalla crisi per il caso di Maciel, l’ordine ha perso il 5% dei suoi sacerdoti, dato significativo se si pensa che, nei suoi 70 anni di storia, 100 sacerdoti lasciarono la Congregazione, ai quali si devono aggiungere i 42 citati. Ma le difficoltà non si esprimono solo in materia di vocazioni e case religiose, ma anche in quanto istituzioni educative. Il 13 luglio scorso, il sacerdote Robert Presutti ha dovuto informare in una lettera ai donatori e benefattori la chiusura dell’Università di Sacramento, fondata nel 2005, per problemi finanziari e amministrativi. "I Legionari di Cristo devono affrontare altre priorità e sfide, semplicemente non si può continuare come avevamo pensato", ha spiegato il rettore della casa di studi. Inoltre, la Legione ha cessato le attività dei suoi due collegi statunitensi, l’uno a Saint Louis e l’altro a Baltimora. Mentre in Spagna, il futuro del collegio “Everest-El Bosque” di Madrid e incerto, perché presenta un importante debito economico ed era già pronto per la sua vendita. L’istituto è ancora dei Legionari, perché "il compratore non era pronto". "In questi momenti dovremmo vedere quali sono le nostre priorità e per farlo bisogna dire di no ad altri progetti che non siano sostentabili. Se prendono le misure che siano necessarie. Non siamo fatti per mantenere delle case, la Congregazione deve essere dinamica. Il tempo per amministrare le risorse e il personale nel modo migliore è arrivato, e bisogna farlo con molta serietà", ha stabilito Schoggl.

Andrés Beltramo Alvarez, Vatican Insider

Marcial Maciel? "Non lo conosco"

GMG 2011. Il card. Bagnasco: nelle parole profonde e semplici del Papa troveremo l'orientamento necessario per comprendere la nostra vita

“Un'esperienza fondamentale nella ricerca del volto di Dio e un momento irripetibile di Chiesa”: è la XXVI Giornata Mondiale della Gioventù nelle parole del card. Angelo Bagnasco che si possono leggere nel saluto che il presidente della CEI indirizza ai giovani in partenza per Madrid e contenuto nel “Vademecum” in dotazione ai pellegrini italiani. “Stare con i giovani è sempre un dono perché è una iniezione di vitalità e di autenticità – scrive il cardinale - per la convinzione che il dialogo tra le generazioni è il segreto della vera educazione”. Sarà un “dialogo a più voci” quello che i giovani vivranno a Madrid: “Il primo dialogo che si attiverà è quello con la propria anima che si risveglia sempre di nuovo quando esce dalla solita vita e si dispone a vivere una situazione inedita, lontano dalle solite cose, in un contesto essenziale e orientato a ciò che conta”. La GMG è un'occasione “per riscoprire i tempi del silenzio e dell'ascolto e dunque per decidersi non prima di aver scelto veramente. Attraverso le catechesi, la preghiera personale, l'Eucaristia, l'adorazione silenziosa e la confessione sacramentale – sottolinea il presidente della CEI - sarete invitati a far spazio all'azione di Dio senza frapporre ostacoli, creando le condizioni che vi aiuteranno anche nel discernimento sulla scelta di vita”. “Guida insuperabile nell'ascolto e nella meditazione della Parola di Dio” sarà Benedetto XVI: “Nelle sue parole profonde e semplici – afferma il card. Bagnasco – troveremo l'orientamento necessario per comprendere la nostra vita e per orientarci in questo difficile passaggio storico: a volte siamo tentati di abbandonarci al peggio mentre occorre conservare la speranza di costruire insieme un mondo a dimensione dell'uomo, cioè sulla misura di Cristo”. Altra esperienza sarà il dialogo che “si svilupperà tra tutti voi, giovani provenienti da ogni parte del nostro Paese e del pianeta. Sarà un momento di confronto culturale e di arricchimento reciproco. In un mondo che è ancora diviso profondamente e che vive lancinanti conflitti economici e politici e spesso guerre dimenticate, mostrare che è possibile stare insieme in nome della comune fede cristiana è un segno di speranza e una prova della forza umanizzante del Vangelo. Mi auguro – conclude il cardinale - che tornando a casa sappiate conservare questa apertura universale che è una delle note distintive della nostra identità credente che è appunto 'cattolica' perché radicata su Dio”.

SIR

Il card. Zen: Pechino ha usato violenza per limitare libertà personali, ha disprezzato autorità e magnanimità del Papa e parla di volontà di dialogo

La più sfacciata bugia del secolo. Così il card. Joseph Zen Ze kiun (nella foto con Benedetto XVI) qualifica la nota diffusa dall’Ufficio Affari Religiosi del Governo di Pechino in risposta alle proteste della Santa Sede per le recenti ordinazioni episcopali illecite. Le autorità, lamenta il porporato salesiano in un intervento pubblicato dall'agenzia AsiaNews, "hanno usato violenza per limitare le libertà personali, hanno offeso la dignità delle coscienze, hanno disprezzato l’autorità e la magnanimità del Papa ed ora vengono a parlare della sincera volontà di dialogo". Il vescovo emerito di Hong Kong rileva in questi atteggiamenti "interessi egoistici e vigliaccheria" e constata "l’assenza assoluta una doverosa parola di disapprovazione". Sottolineando la fondatezza della posizione del Vaticano che ha prima negato l’autorizzazione alle ordinazioni e poi dichiarato la scomunica dei candidati che hanno ricevuto illecitamente la consacrazione episcopale, il cardinale salesiano ha ricordato che nonostante le sue "capacita amministrative" il reverendo Lei Shiyin "non è idoneo ad essere fatto vescovo" così come non lo è il reverendo Huang Bingzhang. "La moltitudine dei fedeli in tutta la Cina - osserva Zen - rigetta questi opportunistì e starà sempre dalla parte del Santo Padre". "Non si sa - conclude – quanto durerà l’inverno rigido. Ma i nostri fedeli non hanno paura, equelli che hanno paura troveranno nella fede e nella preghiera la forza per imitare i Santi Martiri".

Vatican Insider

Card. Zen: l’assurdità di un governo ateo che vuole guidare la Chiesa Cattolica

Mercoledì 3 agosto riprendono le Udienze generali. Benedetto XVI continuerà il ciclo di catechesi sulla preghiera, iniziato lo scorso 4 maggio

Il Papa prosegue il suo periodo di riposo a Castel Gandolfo: le Udienze generali del mercoledì, sospese per tutto il mese di luglio, riprenderanno la prossima settimana, il 3 agosto. Nelle ultime Udienze, a partire dal 4 maggio, Benedetto XVI ha iniziato un nuovo ciclo di catechesi sulla preghiera, invitando a non cessare mai di imparare a pregare, perché, ha detto, “la preghiera non va data per scontata”, anche per chi è avanti nella vita spirituale. L’uomo di tutti i tempi ha nel profondo del suo cuore la preghiera: è attratto verso Dio perché da Lui è stato creato. Per questo, sottolinea il Papa, sono fallite tutte le previsioni di chi, “dall’epoca dell’illuminismo, preannunciava la scomparsa delle religioni”. Non è possibile sopprimere il desiderio di Dio e per quanto s’illuda di essere “autosufficiente”, l’uomo “fa esperienza di non bastare a se stesso”, ha bisogno di aprirsi a “qualcuno che possa donargli ciò che gli manca”: “L’uomo porta in sé una sete di infinito, una nostalgia di eternità, una ricerca di bellezza, un desiderio di amore, un bisogno di luce e di verità, che lo spingono verso l’Assoluto; l’uomo porta in sé il desiderio di Dio. E l’uomo sa, in qualche modo, di potersi rivolgere a Dio, sa di poterlo pregare” (11 maggio 2011).
Pregare è semplice: significa “parlare con Dio” o semplicemente stare con Lui. Tutti possono farlo. Ma nello stesso tempo, rileva il Papa, è difficile. La preghiera, infatti, “può essere soggetta a fraintendimenti e mistificazioni”. Può chiudersi in una dimensione consolatoria e individualista, mentre la vera preghiera permette “di uscire dallo spazio angusto del proprio egoismo” per aprirsi all’amore. Può cercare di piegare Dio ai propri schemi e ai propri progetti mentre la vera preghiera porta a seguire non la nostra volontà ma quella di Dio. Può essere evasione in un intimismo spiritualista mentre deve portare a un impegno ancora maggiore nel mondo: “Per un cristiano, pertanto, pregare non è evadere dalla realtà e dalle responsabilità che essa comporta, ma assumerle fino in fondo, confidando nell’amore fedele e inesauribile del Signore” (Angelus, 4 marzo 2007).
La preghiera è difficile perché è una lotta che richiede “tenacia e perseveranza”. Il Papa ricorda la lotta di Giacobbe con Dio: una lotta che vinciamo solo quando ci arrendiamo al suo amore. La preghiera è difficile anche perché significa far tacere le nostre parole per ascoltare Dio: “Impariamo a riconoscere nel silenzio, nell’intimo di noi stessi, la sua voce che ci chiama e ci riconduce alla profondità della nostra esistenza, alla fonte della vita, alla sorgente della salvezza, per farci andare oltre il limite della nostra vita e aprirci alla misura di Dio, al rapporto con Lui, che è Infinito Amore” (11 maggio 2011).
“Lo scopo primario della preghiera – afferma il Papa – è la conversione” che ci rende capaci di aprirci a Dio e dunque agli altri, trovando la vera vita, perché “Dio è amore”: “Cari fratelli e sorelle, la preghiera non è un accessorio, un optional, ma è questione di vita o di morte. Solo chi prega, infatti, cioè chi si affida a Dio con amore filiale, può entrare nella vita eterna, che è Dio stesso” (Angelus, 4 marzo 2007).

Radio Vaticana

GMG 2011. Dal Libano per costruire ponti di dialogo e pace, dalla Turchia per abbracciare Benedetto XVI, dalla Siria per pregare per il Paese

“Un’occasione unica per pregare, conoscere un nuovo Paese e culture diverse, fare nuove amicizie e, cosa più importante, proclamare l’amore di Dio in tutte le lingue”: è con queste motivazioni che Ribel Elias, giovane maronita del Libano di 27 anni, di professione ingegnere geotecnico, impegnato nel movimento dei laici vincenziani, parteciperà alla XXVI Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid insieme a circa 1000 suoi giovani connazionali, “un numero - racconta all'agenzia SIR – che non tiene conto di molti altri che partiranno da varie parti del mondo. Dalla sola Australia ne arriveranno 300”. Tutti posti sotto l’egida della locale Commissione episcopale per l’apostolato dei laici, i pellegrini rappresentano diocesi, parrocchie e gruppi di tutto il Paese dei Cedri. La condivisione di fede e l’annuncio del Vangelo restano gli obiettivi centrali della partecipazione libanese a Madrid, tuttavia, aggiunge Ribas, “abbiamo il desiderio di condividere anche la nostra vita e la nostra tradizione”. “C’è una frase – afferma - che nessun libanese deve mai dimenticare - sono parole di Giovanni Paolo II pronunciate nel maggio del 1997 nel corso della sua visita nel nostro Paese - ‘il Libano è più di una nazione, è un messaggio’. Parole che sono incise nei nostri cuori e che ci dicono che la missione dei giovani libanesi è quella di costruire ponti di pace e di dialogo tra persone, famiglie e comunità diverse. Ed è ciò che vogliamo fare con i giovani che incontreremo e con i quali parleremo e pregheremo”. A chi parla di “Primavera araba” a Madrid, riferendosi alla presenza dei giovani mediorientali in Spagna, il giovane maronita dice: “Parlare di ‘Primavera araba’ potrebbe essere fuori luogo anche perché tutto quello che si scrive e si legge a riguardo potrebbe non essere accurato e riflettere completamente la realtà. Personalmente credo che una primavera araba, sia essa musulmana o cristiana oppure ebraica, non avrà mai luogo fintanto che gli uomini sceglieranno di affidarsi ai leader politici ed ai regimi piuttosto che a Dio, fonte ultima dell’amore e della pace”.
In poco più di 50, dalla Turchia in Spagna, con un desiderio, quello di incontrare e abbracciare il Papa. Partiranno da Mersin, da Iskenderun e da Istanbul i giovani turchi che parteciperanno alla GMG di Madrid. A raccontarlo a SIR Europa è il vice parroco di Mersin, il polacco padre Macek Sokolowski. “Il morale del gruppo è alle stelle, hanno grande voglia di partire e di conoscere i loro coetanei e questo nonostante i tanti ostacoli soprattutto organizzativi che si frappongono. Le cose da fare sono tante – dichiara il religioso - e lo stesso Governo non nutre molta fiducia e concede i permessi con difficoltà in quanto teme che i giovani possano, con la scusa della GMG, uscire dal paese e non farvi ritorno. Da questo punto di vista abbiamo scelto i più impegnati nelle nostre chiese, coloro che prestano servizio pastorale a favore dei bambini, del coro, della Caritas”. Sono giovani che “vivono in un contesto a larghissima maggioranza musulmana e che desiderano essere confermati nella fede. In Turchia, poi, a differenza dei Paesi europei, i media non danno molto spazio al Pontefice e alle sue attività”. Infine, “dobbiamo pensare che questi giovani, soprattutto quelli che vengono da Mersin portano nel cuore il vuoto lasciato dalla morte inaspettata, violenta, di mons. Padovese. Costoro sperano possa essere colmato dall’arrivo di un nuovo pastore”.
Democrazia, riforme e diritti: saranno presenti anche queste istanze nei cuori e nelle menti degli oltre 600 giovani che dalla Siria andranno a Madrid. A raccontarlo all'agenzia SIR è il vescovo caldeo di Aleppo, mons. Antoine Audo. “La nostra presenza a Madrid vuole essere anche un modo per contribuire alla trasformazione del nostro Paese” dice il presule che non manca di lanciare una stoccata ai media occidentali, rei a suo dire, di avere “esagerato quanto stava avvenendo in Siria nei mesi scorsi”. Tuttavia, riconosce, “ora qualcosa sta cambiando, notiamo meno attacchi e maggiore volontà di capire la realtà. Nessuno – ammette - nega che il Paese abbia bisogno di riforme. Da 50 anni viviamo sotto un regime di tipo militare di un partito unico, di ispirazione sovietica. Davanti c’è un cambiamento e cambiare si deve per giungere al pluralismo, alla democrazia, al rispetto dei diritti”. Due le sfide per Bashar Assad: “Lavorare per le riforme politiche e per il pluralismo dei partiti e mantenere l’unità nazionale contro gli attacchi che provengono dall’esterno che sfruttano la leva del confessionalismo. Sono certo che i siriani sono capaci di fare da soli questo cammino di riforme. E noi pregheremo a Madrid per il nostro Paese e per la sua unità”.

SIR

La Santa Sede e la Malaysia hanno deciso di stabilire relazioni diplomatiche, a livello di Nunziatura Apostolica e Ambasciata. E' il 179° Paese

La Santa Sede e la Malaysia, desiderose di promuovere legami di mutua amicizia, hanno deciso di comune accordo di stabilire relazioni diplomatiche a livello di Nunziatura Apostolica da parte della Santa Sede e di Ambasciata da parte della Malaysia. La Malaysia è il 179° Paese che stabilisce le relazioni diplomatiche con la Santa Sede. Nel Sud-Est asiatico, essa segue il Timor Orientale, che le intrattiene dal 2002.La Malaysia, con una superficie di 329.750 km2, ha una popolazione multi-razziale e multi-culturale di circa 28.306.700 abitanti. L’Islam è professato dal 60,4% degli abitanti ed è religione di Stato: seguono i Buddisti (19,2%), i Cristiani (9,1%), gli Induisti (6,3%), le Religioni popolari cinesi (2,6%) e gli Animisti (2,4%). Indipendente dal 1957, il Paese ha attraversato un lungo periodo di rapido sviluppo in vari settori, che l’ha collocato tra i maggiori produttori di componenti elettronici nel mondo e al primo posto nel Sud-Est asiatico per l’assemblaggio e l’esportazione di autoveicoli. La Malaysia si pone sempre più come importante interlocutore su tematiche di interesse globale, come il dialogo interetnico, interculturale e interreligioso. Ha acquisito un crescente profilo internazionale, fornendo un significativo contributo ad operazioni di pace ed impegnandosi nel contenimento di alcune crisi nella regione. Inoltre, come co-fondatore dell’A.S.E.A.N., ha assunto un ruolo rilevante tra i Paesi membri. La Chiesa Cattolica è presente nel Paese dal 1511, con l’arrivo dei primi missionari portoghesi nella città di Malacca, dove si recò anche San Francesco Saverio nel 1545. Oggi, la Chiesa conta 9 circoscrizioni ecclesiastiche, raggruppate intorno alle arcidiocesi di Kuala Lumpur (nella penisola) e di Kuching e di Kota Kinabalu (nell’isola di Borneo). Il personale ecclesiastico è composto da 11 vescovi, 274 sacerdoti diocesani, 119 sacerdoti e 123 fratelli religiosi, 759 suore e 270 seminaristi maggiori. I cattolici sono 850.720, intorno al 3% della popolazione. La Chiesa Cattolica è molto attiva nell’evangelizzazione e nella pastorale per la famiglia e per la gioventù: essa è presente nei campi educativo, caritativo e sociale, con molte scuole primarie e secondarie e con istituzioni a favore dei più bisognosi e dei lavoratori migranti, nel rispetto dell’identità religiosa e culturale di ognuno. Numerosi laici partecipano alla liturgia domenicale e ai vari gruppi di preghiera, vengono formati attraverso l’animazione curata dai catechisti e offrono la propria collaborazione ai livelli diocesano e parrocchiale. Non mancano iniziative per promuovere l’armonia sociale e la riconciliazione fra le diverse comunità religiose, nel dialogo, nell’uguaglianza di diritti e di doveri e nel reciproco rispetto. La Delegazione Apostolica in Laos, Malaysia e Singapore, eretta nel 1969, il 4 giugno 1981 divenne Delegazione Apostolica in Laos e Malaysia, la quale fu a sua volta suddivisa il 7 dicembre 1983 in due Delegazioni Apostoliche, rispettivamente in Malaysia e Brunei e in Laos. Il 2 febbraio 1998 fu eretta la Delegazione Apostolica in Malaysia, che è durata fino ad oggi. I contatti tra la Malaysia e la Santa Sede sono stati contrassegnati da alcuni avvenimenti di particolare rilievo. Il 7 giugno 2002, l’allora primo ministro Mahathir bin Mohamad fu ricevuto in udienza dal Santo Padre Giovanni Paolo II e successivamente si intrattenne con il card. Angelo Sodano, allora Segretario di Stato, e mons. Jean-Louis Tauran, allora segretario per i Rapporti con gli Stati. Fu, questa, la prima volta che un primo ministro della Malaysia incontrava il Romano Pontefice e i suoi più diretti collaboratori. Nel 2005, il governo inviò un messaggio di cordoglio per la morte di Papa Giovanni Paolo II e una Missione Straordinaria per i suoi funerali e per l’insediamento del nuovo Pontefice, Benedetto XVI. Dal 14 al 16 giugno 2005, in occasione del 50° anniversario di erezione dell’arcidiocesi di Kuala Lumpur, mons. Giovanni Lajolo, allora segretario per i Rapporti con gli Stati, compì una visita nel Paese, la prima a questo livello. Infine, il 18 luglio corrente, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza a Castel Gandolfo il Primo Ministro, Najib Bin Abdul Razak (foto), il quale ha successivamente incontrato il Segretario di Stato, il card. Tarcisio Bertone, accompagnato da mons. Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati. In tale occasione si è concordato di stabilire le relazioni diplomatiche tra la Malaysia e la Santa Sede.

Radio Vaticana

RELAZIONI DIPLOMATICHE TRA LA SANTA SEDE E LA MALAYSIA

Il Papa nomina Ivo Muser vescovo della diocesi di Bolzano-Bressanone. Per diverse volte ha ospitato nel seminario il card. Ratzinger per le vacanze

Ha un nuovo vescovo la diocesi di Bolzano-Bressanone. Si tratta di Ivo Muser (nella foto con Benedetto XVI). La nomina è stata ufficializzata questa mattina a Bolzano. Ivo Muser, pusterese, 50 anni a febbraio, decano del Duomo di Bressanone, professore di Dogmatica allo Studio Teologico Accademico di Bressanone, a lungo rettore del Seminario Teologico di Bressanone. E’ stato membro della commissione teologica che ha esaminato la procedura di beatificazione del martire del nazismo Mayr-Nusser. Ha una lunga conoscenza con Papa Benedetto XVI, che risale a quando Joseph Ratzinger, ancora cardinale, trascorreva le vacanze estive nella città veascovile, proprio al Seminario Maggiore. Muser, inoltre, ha organizzato le vacanze estive del Pontefice in Alto Adige nel 2008, ospitandolo sempre al Seminario. A favore di Muser, sacerdote dal 1987, decano del Duomo di Bressanone e già segretario particolare di Egger, hanno giocato diversi elementi. Tra questi, come detto, spicca proprio l’amicizia personale con Papa Ratzinger, che ha conosciuto nel 1998 e che da allora ha ospitato una decina di volte, prima da cardinale e ora da Pontefice. Conosce molto bene i meccanismi interni della diocesi. Da tempo il vescovo Karl Golser, che soffre di una malattia molto invalidante, aveva espresso il desiderio di abbandonare l'incarico.

Alto Adige

RINUNCIA DEL VESCOVO DI BOLZANO-BRESSANONE (ITALIA) E NOMINA DEL SUCCESSORE