domenica 2 settembre 2012

Il mare di elogi e di esaltazioni della figura del card. Martini e le parole di Gesù: guai quando gli uomini diranno bene di voi, non siete del mondo

Vedendo il mare di sperticati elogi ed esaltazioni sbracate del card. Carlo Maria Martini (nella foto con Benedetto XVI) sui giornali di ieri, mi è venuto in mente il discorso della Montagna dove Gesù ammonì i suoi così: “Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi” (Luca 6, 24-26). I veri discepoli di Gesù infatti sono segno di contraddizione: “Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo (…) il mondo vi odia. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi” (Gv 16, 18-20). Poi Gesù indicò ai suoi discepoli questa beatitudine: “Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v’insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli” (Luca 6,20-23). Una cosa è certa, Martini è sempre stato portato in trionfo sui mass media di tutto il mondo, da decenni, e incensato specialmente su quelli più anticattolici e più ostili a Gesù Cristo e alla sua Chiesa. Che vorrà dire? Obiettate che non dipendeva dalla sua volontà? Ma i fatti dicono che Martini ha sempre cercato l’applauso del mondo, ha sempre carezzato il Potere (quello della mentalità dominante) per il verso del pelo, quello delle mode ideologiche dei giornali laicisti, ottenendo applausi ed encomi. E’ stato un ospite assiduo e onorato dei salotti mediatici fino ai suoi ultimi giorni. O vi risulta che abbia rifiutato l’esaltazione strumentale dei media che per anni lo hanno acclamato come l’Antipapa, come il contraltare di Giovanni Paolo II e poi di Benedetto XVI? A me non risulta. Eppure avrebbe potuto farlo con parole ferme e chiare come fece don Lorenzo Milani quando la stampa progressista e la sinistra intellettuale e politica diceva: “E' dei nostri”. Lui rispondeva indignato: “Ma che dei vostri! Io sono un prete e basta!”. Quando cercavano di usarlo contro la Chiesa, lui ribatteva a brutto muso: “In che cosa la penso come voi? Ma in che cosa?”, “questa Chiesa è quella che possiede i sacramenti. L’assoluzione dei peccati non me la dà mica L’Espresso. E la comunione e la Messa me la danno loro? Devono rendersi conto che loro non sono nella condizione di poter giudicare e criticare queste cose. Non sono qualificati per dare giudizi”. E ancora: “Io ci ho messo 22 anni per uscire dalla classe sociale che scrive e legge L’Espresso e Il Mondo. Devono snobbarmi, dire che sono ingenuo e demagogo, non onorarmi come uno di loro. Perché di loro non sono”, “l’unica cosa che importa è Dio, l’unico compito dell’uomo è stare ad adorare Dio, tutto il resto è sudiciume”. Queste meravigliose parole di don Milani, avremmo voluto ascoltare dal cardinale, ma non le abbiamo mai sentite. Mai. Invece ne abbiamo sentite altre che hanno sconcertato e confuso noi semplici cattolici. Parole in cui egli faceva il controcanto puntuale all’insegnamento dei Papi e della Chiesa.Tanto che ieri La Repubblica si è potuta permettere di osannarlo così: “Non aveva mai condannato l’eutanasia”, “dal dialogo con l’Islam al sì al preservativo”. Tutto quello che le mode ideologiche imponevano trovava Martini dialogante e possibilista: “Non è male che due persone, anche omosessuali, abbiano una stabilità e che lo Stato li favorisca”, aveva detto. E’ del tutto legittimo, per chiunque, professare queste idee. Ma per un cardinale di Santa Romana Chiesa? Non c’è una contraddizione clamorosa? Cosa imporrebbe la lealtà? Quando un cardinale afferma: “Sarai felice di essere cattolico, e altrettanto felice che l’altro sia evangelico o musulmano” non proclama l’equivalenza di tutte le religioni? Chi ricorda qualche vibrante pronunciamento di Martini che contraddiceva le idee “politically correct”? O chi ricorda un’ardente denuncia in difesa dei cristiani perseguitati? Io non li ricordo. Preferiva chiacchierare con Scalfari e, sottolinea costui, “non ha mai fatto nulla per convertirmi”. Lo credo. Infatti Scalfari era entusiasta di sentirsi così assecondato nelle sue fisime filosofiche. Nella seconda lettera a Timoteo, San Paolo, ingiungendo al discepolo di predicare la sana dottrina, profetizza: “Verranno giorni, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità, per volgersi alle favole” (Tm 4, 3-4). Nella sua ultima intervista, critica con la Chiesa, Martini si è chiesto dove sono “uomini che ardono”, persone “che hanno fede come il centurione, entusiaste come Giovanni Battista, che osano il nuovo come Paolo, che sono fedeli come Maria di Magdala?”. Evidentemente non ne vede fra i suoi adepti, ma nella Chiesa ce ne sono tantissimi. Peccato che lui li abbia tanto combattuti, in qualche caso perfino portandoli davanti al suo Tribunale ecclesiastico. Sì, questa è la tolleranza dei tolleranti. Martini ha incredibilmente firmato la prefazione a un libro di Vito Mancuso che, scrive Civiltà cattolica, arriva “a negare o perlomeno svuotare di significato circa una dozzina di dogmi della Chiesa Cattolica”. Ma il cardinale incurante definì questo libro una “penetrazione coraggiosa” e si augurò che venisse “letto e meditato da tante persone” (del resto Mancuso definisce Martini “il mio padre spirituale”). Dunque demolire i dogmi della fede non faceva insorgere Martini. Ma quando due giornalisti, in difesa della Chiesa, hanno criticato certi intellettuali cattoprogressisti, sono stati da Martini convocati davanti alla sua Inquisizione milanese e richiesti di abiura. Che paradosso. L’unico caso, dopo il Concilio, di deferimento di laici cattolici all’Inquisizione per semplici tesi storiografiche porta la firma del cardinale progressista. “Il cardinale del dialogo”, come lo hanno chiamato Corriere della Sera e La Repubblica. I giornali sono ammirati per le sue massime. Devo confessare che io le trovo terribilmente banali. Per esempio: “Emerge il bisogno di lotta e impegno, senza lasciarci prendere dal disfattismo”. Sembra Napolitano. Grazie al cielo nella Chiesa ci sono tanti veri maestri di spiritualità e amore a Cristo. L’altro ritornello dei media è sull’erudizione biblica di Martini. Senz’altro vera. Ma a volte il buon Dio mostra un certo umorismo. E proprio venerdì, il giorno del trapasso di Martini, la liturgia proponeva una Parola di Dio che sembra la demolizione dell’erudizione e della “Cattedra dei non credenti” voluta da Martini, dove pontificavano Cacciari e altri geni simili. Scriveva dunque San Paolo che Cristo lo aveva mandato “ad annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di Cristo. La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio. Sta scritto infatti: ‘Distruggerò la sapienza dei sapienti e annullerò l’intelligenza degli intelligenti’. Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dov’è il sottile ragionatore di questo mondo? Dio non ha forse dimostrato stolta la sapienza del mondo? Poiché… è piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione… Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini” (1Cor 1, 17-25). E il Vangelo era quello delle dieci vergini, dove Gesù, ribaltando i criteri mondani, proclama “sagge” quelle che hanno conservato la fede fino alla fine e “stolte” quelle che l’hanno perduta. Spero che il cardinale abbia conservato la fede fino alla fine. Le esaltazioni di Scalfari, Dario Fo, Il Manifesto, Cacciari gli sono inutili davanti al Giudice dell’universo (se non saranno aggravanti). Io, come insegna la Chiesa, farò dire delle Messe e prenderò l’indulgenza perché il Signore abbia misericordia di lui. E’ la sola pietà di cui tutti noi peccatori abbiamo veramente bisogno. E’ il vero amore. Tutto il resto è vanità.

Antonio Socci, lo Straniero

Controversia su Martini (Il Foglio)

Anno della fede. L’invito dei vescovi dell'Uruguay e della Polonia a riscoprire i documenti del Concilio Vaticano II e il Catechismo della Chiesa

Riscoprire i documenti conciliari e il Catechismo della Chiesa Cattolica “che costituiscono i testi fondamentali per confermare, comprendere e approfondire ciò in cui crediamo”. È l’invito dei vescovi dell’Uruguay attraverso una lettera pastorale diffusa in questi giorni. Nella lettera si osserva che la scelta dell’11 ottobre come data di inizio dell’Anno della fede “non è casuale”, poiché coincide con il cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, “un evento memorabile che continua ad essere un faro luminoso nel cammino di rinnovamento e fedeltà della Chiesa di oggi”, ma anche con i venti anni del Catechismo della Chiesa Cattolica “il cui obiettivo è insegnare ed educare tutti i fedeli alla verità, alla vitalità e alla bellezza della fede”. “Siamo profondamente convinti – continuano i vescovi – che nel turbinio di notizie e avvenimenti della vita quotidiana le nostre comunità e il nostro popolo abbiano un grande desiderio di ascoltare l’annuncio del Cristo Risorto, sempre vicino al cuore che cerca risposte appaganti alle debolezze e alle incertezze che affliggono la condizione umana. La fede che grazie a Dio professiamo – sottolinea ancora la lettera – ci permette di testimoniare che abbiamo trovato una nuova luce e un livello di certezza, fortemente ancorato a Gesù Cristo, che è la Via, la Verità e la Vita”. La fede va, però, “coltivata, alimentata, formata nel corso di tutta la nostra vita”, per questo i vescovi invitano a studiare e conoscere i documenti del Concilio Vaticano II e il Catechismo. Il documento ricorda inoltre la centralità dell’Eucaristia e “la partecipazione frequente e fedele alla Messa che nutre e accresce la nostra fede, apre la nostra speranza e accende la nostra carità”.
L’11 ottobre, in ogni cattedrale della Polonia e in molte parrocchie si celebrerà una Messa solenne e i Vespri per l’apertura dell’Anno della fede. Durante la liturgia, saranno portati in processione una copia decorata dei documenti del Concilio Vaticano II e del Catechismo della Chiesa Cattolica. L’arcivescovo Stanislaw Gadecki, metropolita di Poznan, presidente della Conferenza Episcopale polacca e della Commissione per la pastorale, ha dichiarato che “per un anno intero, in tutte le chiese polacche, in uno degli altari laterali sarà esposto il libro con i documenti del Concilio Vaticano II e il libro del Catechismo della Chiesa Cattolica”, che resteranno disponibili per tutto l’Anno della fede e che ricorderanno ai fedeli l’importanza di questi di ciò che, come osserva l’agenzia Zenit, è considerato quasi una sintesi del cristianesimo moderno. “Vogliamo – prosegue l’arcivescovo – invitare i fedeli di ogni parrocchia a capire e realizzare sul serio gli insegnamenti contenuti nei documenti del Concilio Vaticano II e nel catechismo della Chiesa Cattolica. Durante l’Anno – conclude – i fedeli professeranno il credo in modo solenne”.

Radio Vaticana

Joseph Ratzinger e Carlo Maria Martini: così diversi, così uguali. A unirli l'amore per la Chiesa, la ricerca della verità, lo studio della Bibbia

Dice padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, a Il Giornale che "la suggestione del direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli di avere Papa Benedetto XVI domani ai funerali di Carlo Maria Martini (foto) nel Duomo di Milano è significativa ma appare improbabile visti gli impegni del Papa, non ultimo l'imminente viaggio in Libano". E, infatti, dalla diocesi ambrosiana confermano che i funerali saranno presieduti dal card. Angelo Scola, arcivescovo di Milano. Ma, dice ancora Lombardi, "la suggestione resta vista la grandezza di Martini, una figura che il Papa apprezza e stima molto". È più che altro dal punto di vista mediatico che le due grandi figure eccelsiali, Martini e Ratzinger, si trovano agli opposti: più progressista il primo, più conservatore il secondo. In realtà Martini detestava questa visione, coloro che lo descrivevano come il grande oppositore del Pontificato ratzingeriano, una sorta di antipapa del XXI secolo. E si sa anche quanto Papa Ratzinger sfugga a questo stereotipo. Martini ha sempre detto di non riconoscersi affatto nel ritratto che fa di lui il mondo giornalistico. Eppure la sua figura ancora divide. Ieri è stato il mondo di internet a scatenarsi: diversi utenti e siti web hanno criticato L'Osservatore Romano di aver omesso la notizia della scomparsa del cardinale, salvo dimenticarsi che ieri il quotidiano vaticano non poteva avere la notizia perché ha chiuso prima della morte di Martini. E, infatti, oggi, in prima pagina la notizia c'è. La differenza principale tra Martini e Ratzinger risiede nella realtà ecclesiale che li ha formati, una realtà dalla quale entrambi hanno cercato di prendere le distanze approdando sostanzialmente su lidi opposti. Martini ha fatto molto per superare la Chiesa ambrosiana, quella che secondo l'ambrosiano arcivescovo di Bologna Giacomo Biffi dopo l'arrivo di Martini non è più esistita: "Con lui la Chiesa ambrosiana è arrivata alla sua conclusione - ha scritto -, dopo quasi novant´anni, l'epoca che nella Chiesa ambrosiana era iniziata nel 1891 con la venuta del beato cardinale Andrea Carlo Ferrari. Un'epoca tra le più luminose e feconde per il calore e la certezza della fede, per la concretezza della iniziative e delle opere, per la capacità di rispondere alle interpellanze dei tempi non con cedimenti e mimetismi ma attingendo al patrimonio inalienabile della verità... Sempre con l'ispirazione e lo slancio attinti alla grande tradizione di San Carlo Borromeo e al ricchissimo, sereno e rasserenante magistero di Sant'Ambrogio". Martini è cresciuto in questa Chiesa, ma se ne è in qualche misura anche voluto distanziare arrivando, lui porporato della Parola di Dio, a spingersi su aperture che molto hanno fatto discutere fedeli e gerarchie. Amava la dottrina cattolica ma nello stesso tempo voleva andare oltre il conservatorismo della Chiesa, dimostrare con la parola che la Chiesa sa accogliere le sfide dei tempi, i temi della vita, l'aborto, l'eutanasia, le coppie di fatto, l'omosessualità, ecc., e insieme è capace di sorprendere. Joseph Ratzinger è, invece, figlio della Chiesa tedesca, notoriamente la realtà ecclesiale più anti romana d'Europa. Nella Chiesa che ancora oggi chiede, ad alta voce, l'abolizione del celibato sacerdotale, l'ordinazione sacerdotale femminile, in generale un insieme di riforme che probabilmente soltanto un Concilio Vaticano Terzo può dare, Papa Ratzinger ha giocato da oppositore, romano tra vescovi anti romani, ancorato alla dottrina tra porporati molto vicini alle posizioni del mondo protestante. In questo senso egli è un tedesco ecclesialmente atipico. Certo, viene dalla Baviera, terra da sempre più "romana" che "tedesca", ma ha dovuto comunque smarcarsi dai suoi conterranei per divenire ciò che è oggi. Eppure spesso gli opposti si toccano. Se è vero che Martini è andato più "a sinistra" dopo essere nato e cresciuto in una Chiesa più conservatrice e Ratzinger è andato più "a destra" superando la forte influenza protestante che subisce la sua terra, è altrettanto vero che i due non sono mai stati poi troppo distanti. E l'incontro privato dello scorso giugno nell'arcivescovado di Milano è stato in questo senso un segno importante. A unirli c'è l'amore per la Chiesa, anzitutto. E poi il fatto che, colleghi universitari, amano entrambi la ricerca della verità, lo studio del testo biblico come possibilità di maggiore conoscenza del divino, financo la speculazione teologica. Amano ricercare, insomma, più che ritenere di sapere. Qui sta la loro forza e anche ciò che più d'ogni altra cosa li unisce.

Paolo Rodari, Il Giornale

Le affinità intellettuali e le marcate differenze personali fra il card. Martini e Papa Benedetto (Raffaella)

Il candidato “liberal” che non fu mai in gioco per il Soglio di Pietro (La Stampa)

Il Papa: non possiamo dire 'ho la verità', ma la verità, che è Cristo stesso, è venuta verso di noi, dentro di noi per pulirci dalle nostre miserie

Si è conclusa con una Messa celebrata questa mattina dal Papa nel Centro Mariapoli di Castel Gandolfo il tradizionale seminario estivo degli ex-allievi di Benedetto XVI, il cosiddetto "Ratzinger Schülerkreis", incentrato quest’anno sul tema “Risultati e domande ecumenici nel dialogo con il luteranesimo e l’anglicanesimo”. Il Papa nell’omelia ha commentato le letture della liturgia domenicale, svolgendo la sua catechesi a partire dalla lettura del Deuteronomio, dove si legge che Israele, unico tra tutti i popoli, riceve da Dio la Legge, legge che dà la vera saggezza. "Si tratta di un dono di cui gioire - ha sottolineato Benedetto XVI - non un frutto della propria genialità che possa generare trionfalismo. Così la Chiesa, un Israele diventato universale, può solo gioire del dono di Cristo, che è il nucleo essenziale della Legge, Legge fatta carne, Amore di Dio per noi. Abbiamo ricevuto la saggezza che è verità, sappiamo vivere e morire, perché Cristo è la vita e la verità. Non c’è spazio per nessun trionfalismo, ma solo per la gioia e la gratitudine per il regalo ricevuto, che non abbiamo fatto noi". Benedetto XVI ha quindi rilevato che con il passare del tempo usanze umane si sono aggiunte al dono di Dio, nascondendo la saggezza donata da Dio. Queste aggiunte possono condurre la Chiesa al cosiddetto trionfalismo, a lodare se stessa. Così in questa fase vediamo solo ciò che è fatto da noi, non troviamo più la gioia della fede. Così non osiamo più dire che Dio ci ha insegnato la verità e ci ha insegnato cosa è l’uomo. Ma oggi, ha spiegato il Papa, i concetti di verità e intolleranza sono quasi fusi tra di loro; così dire di avere la verità diventa sinonimo di intolleranza. E noi cristiani non osiamo più credere o parlare di verità. "In effetti è vero - ha osservato -: nessuno può dire 'Possiedo la verità', perché siamo noi che apparteniamo alla verità che è qualcosa di vivo! Non la possediamo, è piuttosto lei che ci acciuffa; e rimaniamo in lei solo se ci lasciamo guidare e spingere da lei. Credo - ha affermato - che dobbiamo imparare di nuovo, questo 'non avere la verità'. Nessuno può dire 'Ho dei figli', perché non sono un nostro avere, sono un regalo, e sono un dono di Dio ed un compito. Così non possiamo neanche dire 'Ho la verità', ma la verità, che è Cristo stesso, è venuta verso di noi e nell’Eucaristia è venuta addirittura dentro di noi per pulirci dalle nostre miserie, dal nostro egoismo che fa sembrare il cristianesimo solo un sistema di usanze. E così dobbiamo imparare di nuovo a farci condurre dalla verità. E allora attraverso di noi la verità potrà di nuovo brillare per la salvezza del mondo". Un inciso il Papa lo ha dedicato alla Lettera di San Giacomo, laddove invita a essere di quelli che mettono in pratica la Parola e non soltanto ascoltatori. Questa, ha sottolineato, è un’esortazione a non accentuare la dimensione intellettuale della fede e della teologia. "Spesso - ha proseguito - temo proprio questo, quando leggo tante cose intelligenti in questi tempi: che la teologia diventi un gioco dell'intelletto che non compenetra la nostra vita e che quindi non ci introduce alla verità. Dunque – ha concluso – è un invito proprio a noi teologi: non solo ascoltare ma lasciarsi forgiare dalla verità e lasciarsi guidare da lei".

Radio Vaticana

SANTA MESSA A CONCLUSIONE DELL’INCONTRO CON IL "RATZINGER SCHÜLERKREIS" - il testo integrale dell'omelia del Papa

Benedetto XVI: felice di andare tra poco in Libano. I saluti plurilingue: ricomincia la scuola, è bello e necessario imparare, fatelo con il cuore

Nei saluti in varie lingue che seguono la recita dell'Angelus, in francese Benedetto XVI si è rivolto, “in questo periodo di rientro”, a studenti e allievi che cominciano un nuovo anno scolastico: “È bello e necessario imparare. Fatelo con il cuore. Possiate voi anche scoprire la gioia dell’amicizia! Il tempo per lo sport e lo svago è importante, ma il tempo per la famiglia e per Dio è più importante ancora. I vostri genitori e i vostri insegnanti dovrebbero incoraggiare il giusto equilibrio”. Anche in polacco il Papa ha ricordato: “Domani i bambini e i giovani cominceranno il nuovo anno scolastico e catechistico. Chiedo a Dio la luce dello Spirito Santo e i doni necessari per gli allievi e le allieve, nonché per tutti coloro che si impegneranno affinché questo sia per loro un tempo di crescita nella sapienza e nella grazia davanti a Dio e agli uomini”. Ancora in francese ha salutato i pellegrini libanesi presenti, ha assicurato loro la sua preghiera e ha espresso la sua “gioia” di visitare tra poco il loro “bellissimo paese”. In inglese, il Pontefice ha ricordato che il Vangelo odierno spinge a una “più grande armonia tra la fede che custodiamo nei nostri cuori e il nostro comportamento esterno. Per grazia di Dio, possiamo noi essere purificati dentro e fuori, in modo da vivere integralmente il nostro servizio a Cristo e al suo messaggio”. In spagnolo ha posto l’accento sul fatto che la “vera sapienza consiste nel soddisfare con sincerità i precetti di Dio, affinché con il suo aiuto cresciamo nella conoscenza e nella pratica della virtù”.

SIR

Il Papa: la Legge dono più prezioso di Dio, testimonianza dell'amore paterno, della volontà di stare vicino al suo popolo, scrivere una storia d'amore

A mezzogiorno il Santo Padre Benedetto XVI si è affacciato al balcone del Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo e recita l’Angelus insieme ai fedeli e ai pellegrini presenti. “Nella liturgia della Parola di questa domenica emerge il tema della Legge di Dio, del suo comandamento: un elemento essenziale della religione ebraica e anche di quella cristiana, dove trova il suo pieno compimento nell’amore”, ha affermato il Papa. “La Legge di Dio – ha chiarito - è la sua Parola che guida l’uomo nel cammino della vita, lo fa uscire dalla schiavitù dell’egoismo e lo introduce nella ‘terra’ della vera libertà e della vita”. Per questo “nella Bibbia la Legge non è vista come un peso, una limitazione opprimente, ma come il dono più prezioso del Signore, la testimonianza del suo amore paterno, della sua volontà di stare vicino al suo popolo, di essere il suo Alleato e scrivere con esso una storia d’amore”. Il Pontefice ha richiamato, poi, le parole con cui prega il pio israelita: “Nei tuoi decreti è la mia delizia, / non dimenticherò la tua parola. (…) Guidami sul sentiero dei tuoi comandi, / perché in essi è la mia felicità”. “Ed ecco il problema – ha sottolineato Benedetto XVI -: quando il popolo si stabilisce nella terra, ed è depositario della Legge, è tentato di riporre la sua sicurezza e la sua gioia in qualcosa che non è più la Parola del Signore: nei beni, nel potere, in altre ‘divinità’ che in realtà sono vane, sono idoli”. Certo, “la Legge di Dio rimane, ma non è più la cosa più importante, la regola della vita; diventa piuttosto un rivestimento, una copertura, mentre la vita segue altre strade, altre regole, interessi spesso egoistici individuali e di gruppo”. E così, ha avvertito il Papa, “la religione smarrisce il suo senso autentico che è vivere in ascolto di Dio per fare la sua volontà, che è la verità del nostro essere, per vivere bene, e si riduce a pratica di usanze secondarie, che soddisfano piuttosto il bisogno umano di sentirsi a posto con Dio”. Ed “è questo un grave rischio di ogni religione, che Gesù ha riscontrato nel suo tempo, ma che si può verificare, purtroppo, anche nella cristianità – ha ammesso il Pontefice -. Perciò le parole di Gesù nel Vangelo di oggi contro gli scribi e i farisei devono far pensare anche noi”. Gesù fa “proprie le parole del profeta Isaia: ‘Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini’. E poi conclude: ‘Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini’”. Anche l’apostolo Giacomo, nella sua Lettera, “mette in guardia dal pericolo di una falsa religiosità. Egli scrive ai cristiani: ‘Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non soltanto ascoltatori, illudendo voi stessi’. La Vergine Maria, alla quale ora ci rivolgiamo in preghiera, ci aiuti ad ascoltare con cuore aperto e sincero la Parola di Dio, perché orienti i nostri pensieri, le nostre scelte e le nostre azioni, ogni giorno".

SIR

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS

Sarà il card. Angelo Comastri l'inviato speciale di Benedetto XVI alle esequie del card. Martini. Concelebrerà con il card. Scola

Il card. Angelo Comastri, arciprete della Basilica papale di San Pietro e Vicario generale di Sua Santità per lo Stato Città del Vaticano, è l'inviato speciale del Papa ai funerali, lunedì 3 settembre nel Duomo di Milano, del card. Carlo Maria Martini (nella foto con Benedetto XVI), deceduto venerdì Gallarate alle 15.45. Il card. Comastri concelebrerà con il card. Angelo Scola, arcivescovo di Milano. La notizia è stata confermata nella serata di ieri da padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede.

Luis Badilla, Il Sismografo

L'impronta ecumenica del 'Ratzinger Schülerkreis': un cenacolo nato e cresciuto all’insegna dell’incontro e del dialogo con i cristiani non cattolici

Fin dai loro esordi, alla fine degli anni Sessanta, gli incontri periodici del circolo di giovani teologi “dottorandi” sotto la guida del prof. Joseph Ratzinger hanno compiuto incursioni e affondi in tutte le direzioni nel territorio sconfinato della teologia, della filosofia e della storia della Chiesa. Un’apertura d’orizzonte ispirata dallo stesso doktorvater, che non ha mai voluto creare intorno a sé una conventicola teologica fossilizzata sulle proprie convenzioni di metodo e di contenuto. "Se Joseph Ratzinger ha voluto trasmettere ai suoi studenti di dottorato un’impronta specifica - ha spiegato a suo tempo il suo ex assistente Stephan Otto Horn, coordinatore attuale dello "Ratzinger Schülerkreis" - credo che questa vada posta soprattutto nello sforzo di aprire lo sguardo a tutto l’ampio spettro della fede e a tutta la pienezza delle prospettive teologiche". Detto questo, di certo l’ecumenismo e i rapporti con le Chiese e le comunità nate dalla Riforma protestante, al centro della riunione in corso in questi giorni a Castel Gandolfo, hanno sempre rappresentato un polo d’interesse primario per l’ex professore diventato Papa e per i suoi allievi. Fin dai tempi dell’insegnamento a Tubinga, su suggerimento di Peter Kuhn, allora assistente del prof. Ratzinger, la cerchia aveva inaugurato la consuetudine di organizzare ogni fine semestre incontri con professori e teologi famosi al di fuori della facoltà. La serie fu inaugurata nel 1967 proprio con una sortita collettiva a Basilea, per andare a incontrare proprio il grande teologo protestante Karl Barth, che sarebbe morto pochi mesi dopo e che a quel tempo, come ha ricordato lo stesso Kuhn, era impegnato a studiare la Costituzione "Dei Verbum" sulla Sacra Scrittura prodotta dal Concilio Vaticano II "con un coinvolgimento e una serietà di molto superiori rispetto a quelli che si registravano negli ambienti cattolici". Negli anni Settanta, quando Joseph Ratzinger si era trasferito a insegnare a Ratisbona, gli allievi del teologo bavarese avevano potuto approfondire insieme al prof. Wilfried Joest il confronto tra il concetto di fede di Lutero e quello emerso nel Concilio di Trento. Alla fine del semestre estivo del 1975, un incontro con l’altro grande teologo protestante Wolfhart Pannenberg aveva offerto spunto per animate discussioni su tematiche cristologiche. Mentre nel luglio 1978, il brain storming del circolo-Ratzinger, divenuto nel frattempo arcivescovo di Monaco e cardinale, era stato dedicato a un incontro-convivenza di due giorni col vecchio suo amico e collega Heinrich Schlier, grande esegeta luterano convertitosi al cattolicesimo. Nell’87, quando il 60enne card. Ratzinger si era già da tempo insediato a Roma come prefetto dell’ex Sant’Uffizio, i suoi ex allievi si diedero appuntamento nella Città Eterna per festeggiare il loro ex professore e ascoltare le riflessioni di padre Pierre Duprey, a quel tempo segretario del dicastero vaticano per l’ecumenismo, sull’infallibilità papale vista in prospettiva ecumenica. Mentre nel settembre 1988 la riunione annuale dello "Schülerkreis" fu ospitata presso il centro ortodosso di Chambésy, legato al Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, e si concentrò sulle questioni controverse nel dialogo tra Ortodossia e Chiesa Cattolica. L’impronta ecumenica degli incontri del circolo ratzingeriano, evidente nella scelta dei temi trattati, è sempre stata alimentata dalla particolare sollecitudine di molti suoi membri per la questione dell’unità dei cristiani e in particolare per il dialogo tra cattolicesimo e comunità ecclesiali evangeliche e luterane. Il citato professore Peter Kuhn, esperto di ebraismo e assistente del futuro Papa negli anni d’insegnamento a Tubinga, proviene da una famiglia luterana e ha abbracciato la fede cattolica da adulto. Anche lo storico della Chiesa Vinzenz Pfnür, allievo di Joseph Ratzinger fin dai tempi di Bonn, è un ecumenista “incallito”, convinto assertore della possibilità di consenso cattolico alla Confessio augustana, la formula di fede stesa dal luterano Filippo Melantone. E non si può dimenticare il professore di teologia ecumenica Heinz Schütte, scomparso nel 2007: sempre pronto a valorizzare le aperture del suo professore verso il mondo protestante, Schütte aveva preso parte agli incontri riservati di un mini-gruppo di lavoro informale, comprendente anche Joseph Ratzinger, il vescovo luterano bavarese Johannes Hanselmann e il teologo luterano Joachim Track, che nell’estate 1998 avevano lavorato al testo della dichiarazione comune cattolico luterana sulla giustificazione, vincendo le ultime esitazioni e preparando il terreno per la successiva firma del testo, che sarebbe avvenuta nel dicembre 1999.

Gianni Valente, Vatican Insider

Seminario di studio promosso dalla Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli per 92 nuovi vescovi delle nazioni dipendenti dal dicastero

Sono 92 i vescovi nominati negli ultimi due anni nelle circoscrizioni ecclesiastiche che dipendono dal dicastero missionario, che parteciperanno a Roma al seminario di studio promosso dalla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. I 92 vescovi partecipanti al Seminario provengono da 42 nazioni: 25 dell’Africa (63 vescovi), 8 dell’Asia (17 vescovi), 6 dell’America (6 vescovi) e 3 dell’Oceania (6 vescovi). Proseguendo una tradizione inaugurata dal dicastero nel 1994, il seminario di studio vuole offrire a tutti i vescovi nominati di recente alla guida di diocesi o circoscrizioni ecclesiastiche dei territori di missione, un tempo per pregare, riflettere, approfondire la vita e il ministero episcopale, che specialmente nei primi anni può riservare difficoltà e problemi. A questo scopo le relazioni saranno presentate da autorevoli personalità del mondo ecclesiale. Nella giornata di oggi i vescovi arriveranno al Pontificio Collegio di San Paolo Apostolo, sede del seminario. La prima giornata dei lavori, lunedì 3 settembre, sarà aperta dalla Concelebrazione Eucaristica presieduta dal card. Fernando Filoni, prefetto di "Propaganda Fide". La prima relazione riguarderà “l’attualità della Missione Ad Gentes nella realtà del mondo e della Chiesa di oggi”, illustrata da padre Alberto Trevisiol, rettore magnifico della Pontificia Università Urbaniana; quindi nel pomeriggio mons. Savio Hon Tai Fai, segretario della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, parlerà delle origini, la storia e lo sviluppo della Congregazione e delle Università e Collegi dipendenti da essa. La mattina di martedì 4 mons. Protase Rugambwa, segretario aggiunto della Congregazione e presidente delle Pontificie Opere Missionarie, ne illustrerà struttura, competenze e attività. Venerdì 7 avrà luogo l’udienza del Santo Padre a Castel Gandolfo. Il seminario si concluderà sabato 15 settembre, con la Concelebrazione Eucaristica sulla tomba dell’Apostolo Pietro presieduta dal card. Filoni. Il programma del Seminario prevede gli interventi dei cardinali: Antonio Canizares (Munus sanctificandi), Peter Turkson (Dottrina sociale della Chiesa ed evangelizzazione), Angelo Amato (Spiritualità del vescovo), Marc Ouellet (Munus gubernandi), Mauro Piacenza (paternità nei confronti dei presbiteri), Zenon Grocholewski (formazione nei seminari e del clero), Raymond Leo Burke (amministrazione della giustizia), Attilio Nicora (servizio amministrativo), Joao Braz de Aviz (vita consacrata), Robert Sarah (organizzazioni caritative nei paesi di missione), Kurt Koch (dialogo interreligioso ed ecumenismo). Inoltre prenderanno la parola gli arcivescovi e vescovi: Nicola Eterovic (Sinodo dei vescovi), Juan I. Arrieta (programmi pastorali e strutture diocesane di collaborazione), Claudio Maria Celli (mezzi di comunicazione per l’evangelizzazione), Dominique Mamberti (rapporti con gli stati), Luis Francisco Ladaria (munus docendi). Sono infine previste le relazioni di padre Joseph Koonamparampil (prassi della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli), mons. Livio Melina (famiglia e vita), prof. Guzman Carriquiry (laici e missione), signora M. Peeters (la famiglia nella cultura post moderna).

Fides