E' "improbabile" un accordo tra Santa Sede e lefebvriani, secondo padre Niklaus Pfluger, primo assistente del superiore della Fraternità Sacerdotale San Pio X, mons. Bernard Fellay. "La Curia vaticana e anche noi crediamo che l'unione non ha alcun significato se non vi è una comprensione comune della fede", ha detto il sacerdote in un'intervista a Kirchliche Umschau. Ciò "deve essere espresso in una 'dichiarazione dottrinale'. Abbiamo a lungo negoziato su tale dichiarazione, e nel mese di aprile 2012, mons. Bernard Fellay, Superiore generale della Fraternità, ha già presentato un testo informale. Tuttavia, con nostra sorpresa, questo testo non è stata accettato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. Ci troviamo al punto di partenza". Gli sforzi compiuti sinora "non hanno fallito, ma un accordo in tempi brevi è improbabile". Per l'esponente lefebvriano, ad ogni modo, il Concilio Vaticano II "non è più sacrosanto", mentre per i "conciliari" presenti a Roma "un riconoscimento della Fraternità San Pio X sarebbe non solamente un affronto, ma anche una rimessa in discussione del Concilio, e dunque una debacle. Evidentemente hanno saputo imporsi".
Passo avanti nel processo di Beatificazione di Papa Luciani (nella foto con l'allora card. Ratzinger). E' stato consegnato ieri, nel giorno del centenario della sua nascita, alla Congregazione delle Cause dei Santi, nelle mani del suo prefetto prefetto Angelo Amato, il 'Summarium testium', il primo dei quattro documenti che contribuiranno a preparare la 'positio' sulle virtù eroiche del Servo di Dio Giovanni Paolo I. Il card. Amato ha spiegato che la documentazione consegnata dovrà essere "accompagnata e completata da altri dossier che ancora mancano". Tra questi la 'Informatio super virtutibus', che "è la parte più rilevante, perché offre la chiave di lettura dell'intero dossier: è la 'disquisitio' sulla santità del Servo di Dio". Sui tempi per la conclusione, il cardinale ha specificato che si tratta di un processo lungo e complesso. "E' vero - ha chiarito a quanto riferisce l'agenzia Zenit - si tratta di una procedura canonica raffinata, perché la beatificazione e la canonizzazione di una persona richiedono un accertamento serio delle virtù cristiane. Non si va per sentito dire, ma per oggettiva documentazione".
L’Anno della fede nella
Basilica papale di San Paolo fuori le
Mura si apre nel giorno della festa di
San Luca, giovedì 18 ottobre, con la
celebrazione dei Vespri solenni. È il benedettino Ildebrando
Scicolone, abate emerito di San
Martino delle Scale, a tenere la meditazione.
Vengono eseguiti anche
brani di musica sacra collegati alla
figura e alla testimonianza dell’evangelista.
"È questo lo stile che caratterizza
il programma di eventi organizzati
in basilica per dare particolare
risalto all’Anno della fede, rimarcando
alcuni aspetti della figura e
dell’insegnamento dell’apostolo Paolo", spiega il cardinale arciprete
Francesco Monterisi, sottolineando
come tutte le iniziative siano state
pensate e promosse in piena collaborazione
con l’abbazia benedettina.
In Basilica si sentono "particolarmente
interpellati" dall’Anno della
fede e dalle celebrazioni per i cinquant’anni
dell’apertura del Concilio
Vaticano II. "Proprio a San Paolo
infatti - ricorda il card. Monterisi
- il 25 gennaio 1959, giorno della
festa della conversione dell’ap ostolo
delle genti, Papa Giovanni
XXIII annunciò l’intenzione di indire
il concilio Vaticano II, che poi ebbe
inizio circa tre anni dopo, l’11 ottobre
1962". Inoltre, "sempre in questa
Basilica, Benedetto XVI, ai vespri
del 28 giugno 2010 per la Solennità
dei Santi Pietro e Paolo, ha annunciato
l’istituzione del Pontificio Consiglio
per la Promozione della Nuova
Evangelizzazione".
Nel suo anelito di portare la salvezza
di Cristo a tutte le genti, san
Paolo sottolineava che la giustificazione
deriva dalla fede in Cristo
morto e risorto e non dalle opere
della legge. Secondo il cardinale, "la
situazione religiosa e morale del
tempo di san Paolo ha punti di somiglianza
con quella attuale: perdita
del senso del sacro e conseguente
immoralità diffusa nei costumi della
società dell’impero romano, come
l’apostolo scrive nella Lettera ai Romani,
ai capitoli 1 e 2. Ed è proprio
per superare questa 'esertificazione'
del senso religioso che il Papa
ha indetto l’Anno della fede e il Sinodo
sulla nuova evangelizzazione.
L’esempio e la dottrina di San Paolo,
grande missionario, possono suscitare
cristiani convinti ed entusiasti per
la missione della nuova evangelizzazione". È in questa prospettiva che,
insieme con la comunità benedettina,
è stato preparato un programma
di eventi, semplice ed essenziale.
"Siamo partiti - spiega Monterisi - dalla constatazione che
durante il Concilio Vaticano II le sessioni
iniziavano con la Messa e con
l’intronizzazione del Vangelo per indicare
le basi delle discussioni, delle
proposte, dei documenti". Così,
ogni giorno a San Paolo, alle ore
10.30, "sarà celebrata la Messa dedicata
espressamente ai pellegrini
dell’Anno della fede".
A ricordare, poi, la centralità del
Vangelo "ecco i vespri solenni in
onore dei quattro evangelisti e di San
Benedetto". Dopo la preghiera del
18 ottobre nella festa di san Luca,
giovedì 27 dicembre sarà la volta di
San Giovanni: la meditazione sarà
proposta dall’abate di San Paolo,
Edmund Power, anima di queste iniziative.
Quindi giovedì 21 marzo,
giorno della festa di San Benedetto,
l’arcivescovo Piero Marini, presidente
del Pontificio Comitato per i
Congressi Eucaristici Internazionali
e già maestro delle Celebrazioni Liturgiche
Pontificie, terrà una riflessione
sulla spiritualità del Concilio
Vaticano II.
Giovedì 23 aprile, per la festa di
San Marco, la meditazione sarà affidata
al benedettino Benoît Standaert,
monaco dell’abbazia di Saint-André a Bruges. Infine, venerdì 20
settembre, in occasione della ricorrenza
di San Matteo, a proporre la
riflessione sarà il carmelitano Innocenzo
Gargano, monaco dell’abbazia
di San Gregorio al Celio.
Un altro momento forte è in programma
poi, afferma il card.
Monterisi, "la sera del 25 gennaio
2013, a conclusione della tradizionale
Settimana di preghiera per l’unità
dei cristiani: la celebrazione ecumenica
dei Vespri presieduta dal Pontefice". Inoltre, aggiunge il porporato,
"il Papa nella Lettera Apostolica 'Porta
fidei' invita alla conversione e alla
penitenza. In questo senso sono state
programmate tre celebrazioni penitenziali
con confessione individuale:
una in Avvento il 14 dicembre,
una in Quaresima il 1° marzo e una
nel tempo di Pasqua, poco più di un
mese prima della festa di San Paolo
il 17 maggio". Infine, conclude il
cardinale, "rimarrà aperta sino al
termine dell’Anno della fede la mostra
'Sanctus Paulus extramoenia et
Concilium Oecumenicum Vaticanum II' allestita nella pinacoteca, nell’ambito
del chiostro, con appunto ricordi e
riferimenti all’annuncio e alle diverse
fasi del Concilio Vaticano II".
Roma incontra il Sinodo
dei vescovi. Incrocia gli sguardi,
ascolta la testimonianza dei protagonisti
di questa grande assise ecclesiale.
Voci che parlano di continenti e
terre lontane dove la pace e il pane
quotidiano non sono scontati ma,
soprattutto, dove l'annuncio di Cristo
risuona con il particolare accento
di una novità di vita buona. E' avvenuto
oggi in Campidoglio con una
giornata speciale di confronto e dialogo,
intitolata "Una bella notizia"
e dedicata appunto al Sinodo dei vescovi
sulla nuova evangelizzazione.
Nella cornice solenne della protomoteca,
il sindaco Gianni Alemanno,
ha accolto tre Padri sinodali: gli
arcivescovi di Manila e di Abuja
(Nigeria), Luis Antonio G. Tagle e
John Olorunfemi Onaiyekan, e il vescovo
ordinario militare per la Colombia,
Fabio Suescun Mutis. Ad
accompagnarli l'arcivescovo segretario
generale del Sinodo Nilola Eterovic,
l'arcivescovo presidente del
Pontificio Consiglio delle Comunicazioni
Sociali, Claudio Maria Celli,
e il direttore della Sala stampa della
Santa Sede, il gesuita Federico Lombardi.
A fornire una testimonianza anche
tre uditori dell'assise sinodale nonchè
responsabili di importanti aggregazioni
laicali come la presidente dei
focolari, Maria Voce, il presidente
dell'Azione cattolica italiana, Franco
Miano, e la fondatrice della comunità
Nuovi Orizzonti, Chiara Amirante.
"L'fincontro di oggi è stato pensato
per creare uno scambio tra città
e Sinodo, perche non si viva in
mondi separati e non comunicativi",
ha detto padre Lombardi, il quale
ha sottolineato la vocazione di Roma
come "città sempre più varia e
piena di esperienze diverse che vengono
da tutte le parti del mondo".
Introducendo l'incontro il sindaco
ha posto l'accento sull'importante
contributo che la riflessione sulla
nuova evangelizzazione può dare al
superamento della crisi morale e politica
e alla costruzione di un nuovo
umanesimo che sappia valorizzare in
modo particolare i valori della famiglia.
L'importanza della famiglia e dai
suoi valori è stata sottolineata anche
da mons. Eterovic. "La famiglia
cristiana - ha rilevato - è
già in se una testimonianza", principalmente
"nei Paesi nei quali i cristiani
non hanno quasi diritto di cittadinanza
". Per questo, ha aggiunto
il presule, fondamentali sono anche i
moderni mezzi di comunicazione
che plasmano immagini e modelli di
comportamento.
E al ruolo, insostituibile, dei mass
media si e richiamato mons.
Celli, per il quale la "sfida" presente
in questo momento culturale è racchiusa
nella comprensione di come
"annunciare il Vangelo con un linguaggio
nuovo". Infatti, "la nuova
evangelizzazione non inventa un altro
Vangelo, ma lo dona con una
lingua che l'fuomo di oggi possa capire". Di qui, anche l'invito a cogliere
le opportunità fornite dagli strumenti
digitali diffusissimi tra i giovani.
"Messaggi fatti da scritti, immagini,
suoni, ma soprattutto caratterizzati
dalla interattivita". Strumenti,
insomma, che implicitamente invitano
alla partecipazione e alla condivisione
di esperienze.
L'incontro è poi culminato con
l'ascolto delle testimonianze dei Padri
sinodali che hanno fatto risuonare
le esperienze della Chiesa in continenti
lontani. Al tema della giornata
si è richiamato direttamente l'arcivescovo di Abuja, il quale ha sottolineato
come anche in Nigeria accadano
ogni giorno "belle notizie", anche
se "i giornali occidentali si accorgono
di noi solo quando facciamo
qualche sciocchezza". Il riferimento
e ovviamente alle violenze anti
religiose compiute dal gruppo terroristico
di Boko Haram espressione
dell'islam radicale. Tuttavia, ha detto
il presule, "in Nigeria siamo in 170
milioni, cristiani e musulmani, provenienti
da 250 tribù diverse. E ogni
giorno ci sforziamo di vivere insieme,
e insieme cerchiamo di sopravvivere". Alla base di questa convivenza
e degli ottimi rapporti che quotidianamente
i cristiani hanno con i
musulmani "c'e una comune visione,
la cultura dei nostri padri africani
che ci hanno tramandato il valore
della fede in un Dio creatore che
vuole l'onesta e ripudia la malvagità". Dell'esperienza evangelizzatrice
della Chiesa in Asia ha parlato l'arcivescovo di Manila, il quale ha sottolineato
lf'mportanza del "dialogo
della vita", attraverso una presenza
che oltre alle parrocchie si ramifica
nelle scuole, negli ospedali e nella
società. Per offrire, cioè un "reale
contributo alla promozione della vita,
allo sviluppo e alla difesa della
donna, dei bambini, delle popolazioni
indigene". Insomma, come ha
sottolineato mons. Suescun Mutis
richiamando l'esperienza della
Colombia e, più in generale
dellfAmerica latina, "la nuova evangelizzazione
non è uno slogan pubblicitario". In questo senso, la Chiesa
del continente, rispondendo anche
all'invito del Magistero pontificio,
"avverte la necessità di passare
da una pastorale di conservazione a
uno stato di missione permanente".
Sinodo dei vescovi al “giro di boa” e a metà cammino il bilancio stilato questa mattina nella Sala Stampa vaticana da alcuni Padri sinodali ai giornalisti è sicuramente positivo. Con la presentazione ieri della “Relatio post disceptationem” che fa il punto di tutte le discussioni avvenute in aula, da oggi fino alla conclusione i Padri sinodali si riuniranno nei circoli minori per presentare poi al Santo Padre le preposizioni finali del Sinodo. Il card. John Tong Hon, arcivescovo di Hong Kong, parla ai giornalisti del Sinodo usando tre parole: “Meraviglioso, difficile, possibile”. “Meraviglioso - spiega - perché è un consesso incredibile che ci permette d’incontrare e ascoltare fratelli vescovi provenienti da tutto il mondo”. “Difficile” perché l’evangelizzazione oggi si scontra con “la realtà della mancanza di vocazioni” e dell’“edonismo”. “Possibile - conclude l’arcivescovo cinese - perché siamo pieni di speranza per il futuro dell’evangelizzazione”. Tanti dei Padri sinodali presenti oggi alla conferenza stampa hanno sottolineato quanto sia stata importante la presenza “costante” del Santo Padre ai lavori sinodali. “Una presenza - ha detto il card. Tong Hon - incoraggiante e ispiratrice” dando “consigli e idee positive che ci permettono di arricchire la Chiesa e di andare avanti nel mondo con il suo umanesimo”. "E' un gran peccato che ai vescovi cinesi non sia permesso di uscire dal paese per venire al Sinodo". "Dobbiamo pregare che un giorno possano venire e dobbiamo pregare che il Governo si apra, perché la Cina è aperta al business ma ha ancora restrizioni alla libertà religiosa". In questo senso, "è necessario dialogo tra Pechino e la Santa Sede". Il porporato rispondeva ad una domanda dei giornalisti in merito ad una lettera spedita al Sinodo dal vescovo novantenne Lucas Ly Jingfeng. "Ha già scritto in occasione dello scorso Sinodo", ha rilevato Tong Hon.L’arcivescovo di Kinshasa, card. Laurent Monsengwo Pasinya, ha sottolineato che l’evangelizzazione è “nuova” e alla ricerca di linguaggi e metodi nuovi perché si confronta con un mondo che “non si pone più la questione di Dio o la pone male”. "Non si può evangelizzare nella ricchezza, il Signore è venuto ad evangelizzare i poveri". "Se vogliamo rinnovare la fede in un momento di crisi, dobbiamo assolutamente ritornare ai poveri. Quando San Francesco ha rinnovato la Chiesa, era per tornare alla povertà. Ogni riforma che voglia essere seria è il ritorno alla povertà. Non ci si può santificare in unambiente di ricchezza enorme. Abbiamo problemi e ci poniamo la questione di una nuova evangelizzazione - ha concluso il porporato africano - perché abbiamo lasciato l'essenziale, che è evangelizzare i poveri". Mons. Jan Babjak, arcivescovo metropolita di Presov per i cattolici di rito bizantino (Slovacchia), ha parlato “dell’importanza di alcuni luoghi di pellegrinaggio” come i santuari mariani, “luoghi dove le persone sono più disponibili ad ascoltare la voce di Dio e aprire i cuori e le menti alle cose belle che ha creato”. Mons. Jose Horacio Gomez, arcivescovo di Los Angeles, ha parlato di un’“esperienza fortissima” di “universalità della Chiesa” grazie alla presenza di vescovi di tutto il mondo che ha dato la possibilità di fare “una valutazione” sullo stato della Chiesa nel mondo e di partecipare ad uno “scambio di esperienze” per capire “cosa fare per il futuro”. L’arcivescovo greco-cattolico dell’Ucraina, Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, ha infine concluso gli interventi dicendo: “Si avverte un grande entusiasmo. Se posso usare un’immagine per descrivere questo Sinodo, direi: la Chiesa è nelle fiamme dello Spirito Santo”. “È un gesto, un gesto cristiano di carità, di conforto e di consolazione al popolo di Siria”: così il card. Monsengwo Pasinya, definisce la “missione siriana” dei Padri sinodali annunciata qualche giorno fa dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone. Il porporato fa parte della delegazione dei Padri sinodali che si recherà in Siria ma oggi, parlando ai giornalisti in conferenza stampa, non è stato in grado di dare i particolari del viaggio e le date precise. A questo ultimo proposito, ha detto che prima di partire occorrerà espletare tutte le necessarie formalità e che probabilmente la partenza avverrà “la settimana entrante”: non è stato ancora reso noto il programma del viaggio e quindi - rispondendo a una domanda di un giornalista - il cardinale ha detto che non si sa se la delegazione incontrerà il presidente Assad. Si sapranno tutti i particolari quando la delegazione tornerà al Sinodo e presenterà ai padri sinodali la relazione sul viaggio. Il card. Monsengwo ha comunque ripetuto che la delegazione porterà “la prossimità spirituale del Papa e nostra a coloro che soffrono in Siria”. Su sollecitazione dei giornalisti, poi, il card. Francisco Robles Ortega, arcivescovo di Guadalajara (Messico) spiega:
“Ci sono molti nuovi movimenti da noi. Naturalmente, bisogna mettere un po’ di ordine, perché altrimenti ognuno comincia a fare ciò che vuole e c’è disordine nella casa. Normalmente, i vescovi sono aperti, i nuovi movimenti fanno il loro lavoro senza difficoltà ma ogni tanto c’è qualcuno che vuole imporsi al vescovo… Ciascuno faccia il suo lavoro e poi le cose andranno bene!".
In sostanza, tutti ribadiscono la sfida: indicare la strada di verità e bellezza della fede.
Tra i materiali sequestrati nella casa dell'ex maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele (nella foto con Benedetto XVI), non c'erano
solo atti, lettere autografe del Pontefice e migliaia di fotocopie di documenti sensibili, ma anche
decine e decine di foto e filmati di Benedetto XVI, scattate e ripresi da "Paoletto" con i suoi due
telefonini, anch'essi posti sotto sequestro.
Da una prima valutazione, sembra che né foto né filmati siano mai stati pubblicati, cioè siano finiti
su organi di stampa. Ma, naturalmente, nessuno può escludere che gli scatti del Pontefice, sicuramente non autorizzati, possano essere stati comunque "inviati" elettronicamente oltre le
Mura leonine. E così, la questione delle foto e dei filmati si va ad aggiungere a quella delle copie
degli oltre mille "fogli" sensibili che Gabriele ha detto di avere, almeno in parte, consegnato sia al
giornalista Gianluigi Nuzzi, sia a "B" un sacerdote che ha testimoniato di averle bruciate, lasciando
però molti dubbi in proposito.
Il profilo di Gabriele che ne emerge è molto lontano da quello del mero fotocopiatore di documenti,
in vista di un'operazione trasparenza, vista la mole di originali che erano nel suo appartamento,
insieme alle foto. Mentre la sua attività di "raccolta" ha avuto inizio appena entrato in servizio, nel
2006. A questo, si aggiunge il contenuto del materiale informatico, con varie chiavette USB, due o
tre portatili, un iPad, un computer fisso, una Playstation, un hard disk, diverse memory card. "Sarà
interessante analizzarli", ha affermato durante la sua testimonianza in aula il gendarme Stefano De
Santis. Il presidente del Tribunale, Giuseppe dalla Torre ha precisato che "questa parte riguarda lo
stralcio del processo". Cioè il processo al tecnico informatico della Segreteria di Stato Claudio
Sciarpelletti che si svolgerà con ogni probabilità a novembre.
Ma a parte i processi, in questo momento in Vaticano ci sono quattro indagini aperte sul caso del
Corvo. La prima riguarda appunto gli approfondimenti informatici. La seconda i reati più gravi,
quelli collegati al contenuto dei documenti "leakati" (in gran parte di argomento finanziario, legati
alle vicende dello Ior, dell'Aif ) e, cioè i delitti contro lo Stato Vaticano e i suoi poteri, la calunnia e
la diffamazione. Quest'ultima, complessa indagine, ha a sua volta subito uno stralcio, in cui
risultano indagate quattro persone. Infine c'è l'indagine per calunnia nei confronti della
Gendarmeria, accusata da Gabriele di maltrattamenti.
In un incontro avuto ieri a Najaf, il nunzio
apostolico di Iraq e Giordania, mons. Giorgio Lingua, ha consegnato
all‘ayatollah ʿAlī al-Sīstānī, figura religiosa più in vista della città santa
sciita, l’Esortazione Apostolica post-sinodale del Papa “Ecclesia in Medio oriente”. A darne notizia
è il sito Baghdadhope che riporta le dichiarazioni del nunzio: “Lo scopo della
visita a Najaf era quello di visitare i luoghi cristiani scoperti in quella
città. Al Sistani ci ha concesso una visita di cortesia durante la quale gli ho
consegnato l’Esortazione ‘Ecclesia in Medio oriente’ ed abbiamo commentato il
recente viaggio del Papa in Libano risultato molto significativo anche per il
dialogo interreligioso. Il clerico sciita ha ricordato ai giovani che i
musulmani e i cristiani, l’Islam e il Cristianesimo, possono vivere insieme
senza odio, nel rispetto del credo di ciascuno, per costruire insieme una
società libera e umana”. Nell’incontro, inoltre, è stato sottolineato quanto i
cristiani siano parte integrante ed antichissima del tessuto sociale iracheno.
Tra i siti visitati da mons. Lingua che guidava una nutrita delegazione di
sacerdoti e vescovi, la biblioteca di Al-Haidariyah, il santuario dell‘Imam
ʿAlī, il terzo luogo sacro in termini di importanza per gli sciiti del mondo,
dopo Mecca e Medina e i resti archeologici della città di Hira. SIR
L'arcivescovo statunitense Joseph Tobin (nella foto con Benedetto XVI), 60 anni, nominato nel 2010 segretario della Congregazione per gli Istituti di Vita consacrata e le Società di Vita apostolica, lascia Roma dopo solo due anni. Il Papa lo ha infatti nominato arcivescovo di Indianapolis negli Stati Uniti.
Origini irlandesi, cordiale e stimato da interlocutori e sottoposti, Tobin fu chiamato nel 2010 al dicastero allora guidato dal controverso card. Franc Rodé. Il porporato sloveno andò in pensione l'anno successivo, sostituito dall'arcivescovo brasiliano Joao Braz de Aviz, nel frattempo creato cardinale da Benedetto XVI. Tra i dossier che si trovò ad affrontare, Tobin, ex superiore dei redentoristi, c'era l'indagine avviata dal suo dicastero vaticano sulle suore degli Stati Uniti. In un'intervista al National Catholic Reporter pubblicata poco dopo il suo arrivo a Roma Tobin spiegò di capire "la rabbia e il dolore" delle suore nei confronti di un'indagine che Rodé aveva motivato con il "femminismo" delle religiose Usa. Tobin, che è cresciuto a Detroit, aveva affermato che avrebbe lavorato per sanare eventuali spaccature tra le sorelle americane e la gerarchia cattolica a Roma e che sperava anche di rimuovere quel velo di segretezza che circondava l'indagine. Così in effetti è stato, mentre prosegue parallelamente una visitazione promossa dalla Congregazione per la Dottrina della fede, e da oggi Tobin torna negli Stati Uniti.
Le rivendicazioni dei popoli arabi per ottenere riforme costituzionali, economiche e sociali sono giuste e legittime, ma non lo è affatto la pretesa di imporre tali cambiamenti “dall'esterno e attraverso la forza”, come la scelta di scatenare “la violenza e la guerra” in nome di tali obiettivi. E' questo uno dei criteri di discernimento emersi durante una riunione di patriarchi, cardinali e vescovi svoltasi in margine ai lavori del Sinodo dei vescovi sulla Nuova Evangelizzazione in corso in Vaticano. L'incontro, al quale hanno partecipato, tra gli altri, i cardinali Timothy Dolan, Leonardo Sandri, Louis Tauran e Pèter Erdő, insieme al Patriarca greco-melchita Grégoire III Laham, si è svolto lunedì 15 ottobre presso il Pontificio Collegio Maronita, su invito del Patriarca della Chiesa maronita Béchara Boutros El Raï (nella foto con Benedetto XVI), e ha fornito l'occasione di un confronto sul ruolo dei cristiani in Libano e in Medio Oriente nell'attuale, delicata congiuntura storico-politica. Dalla sintesi della riunione, pervenuta all’agenzia Fides, emerge che rispetto alla crisi siriana i Padri sinodali presenti alla riunione hanno concordemente auspicato che una soluzione del conflitto e la realizzazione delle riforme siano raggiunte “attraverso il dialogo e il negoziato politico e diplomatico”. I presenti hanno anche ribadito che, alla base delle tensioni e delle divisioni in Medio Oriente, c'è “il conflitto israelo-palestinese e il conflitto arabo-israeliano”, rispetto ai quali la comunità internazionale è chiamata a favorire l'applicazione delle risoluzioni internazionalmente legittimate. I patriarchi, i cardinali e i vescovi riuniti al Pontificio Collegio Maronita hanno anche condiviso il rammarico per la politica di alcune potenze dell'area mediorientale e occidentale che “sfruttano le proteste popolari e le loro rivendicazioni per seminare il caos e promuovere i conflitti interni e settari”, preoccupate solo di incrementare il traffico d'armi e affermare i propri interessi strategici. Tutti hanno concordato che in questa fase storica la road map per i cristiani del Medio Oriente è rappresentata dalle parole pronunciate da Benedetto XVI nel corso del recente viaggio apostolico in Libano. L'invito rivolto a tutti i cristiani dell'area mediorientale è quello di “perseverare nella loro testimonianza unica di convivenza islamo-cristiana”, anche resistendo ai conflitti religiosi e culturali che vengono fomentati per miope interesse politico “da alcune potenze regionali e internazionali”.
Ieri pomeriggio, alle 16.30, alla presenza del Santo Padre,
con la preghiera "Pro felici Synodi exitu", ha avuto inizio la sedicesima
Congregazione generale. Presidente delegato di turno il card. Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa. Sono intervenuti anche alcuni Uditori e Uditrici. È
seguito un tempo di interventi liberi. A questa Congregazione generale,
che si è conclusa alle 19.00 con la preghiera dell'Angelus Domini,
erano presenti 254 Padri. È intervenuto il relatore generale, il card. Donald William Wuerl, arcivescovo di Washington, per la lettura
della "Relatio post disceptationem" (Relazione dopo la Discussione). Nella sua seconda relazione, a conclusione della discussione generale
sul tema sinodale in Aula, il relatore generale ha sintetizzato i vari
interventi succedutisi in queste giornate nelle Congregazioni Generali e ha
offerto alcune linee di orientamento per facilitare i lavori dei Circoli minori. “Dalle discussioni sinodali è emersa con molta chiarezza l’idea che il fondamento della nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede è anzitutto l’azione della Santissima Trinità nella storia. Dio Padre invia suo Figlio, il quale porta con sé la vera Buona Novella di chi siamo nella potenza dello Spirito Santo”. Il cardinale ha riassunto una parte delle osservazioni presentate riguardo ai temi della natura della nuova evangelizzazione; del contesto odierno del ministero della Chiesa; delle risposte pastorali alle circostanze attuali, degli agenti e partecipanti alla nuova evangelizzazione. “Dopo la sua morte e risurrezione, Gesù ha inviato la Chiesa, sua Sposa e suo nuovo Corpo, nel mondo per continuare la sua missione evangelizzatrice”, ma ha chiarito il porporato, “il dovere di annunciare la verità salvifica non è soltanto responsabilità del clero e dei religiosi. Anzi, il Sinodo ha sottolineato l’importante ruolo di ogni discepolo di Cristo nella missione di diffondere la fede”. “Tutti i continenti hanno evidenziato il bisogno della nuova evangelizzazione poiché le loro culture sono colpite dal processo di secolarizzazione, anche se appare in maniere diverse a seconda delle aree geografiche”, ha sottolineato il card. Wuerl, per il quale “i segni della nuova evangelizzazione in Africa, America, Asia, Oceania ed Europa includono una molteplicità di forme in cui le piccole comunità cristiane sono diventate centri viventi di evangelizzazione. Il rinnovamento delle parrocchie continua ad essere uno snodo centrale del rinnovamento della Chiesa. L’azione dei laici è uno sviluppo essenziale e fecondo”. Una situazione “particolarmente delicata” è emersa “dagli interventi relativi al Vicino Oriente. Ci è stata ricordata l’importanza della presenza dei cristiani in quella zona”. Molti padri, poi, “hanno parlato del secolarismo e dell’indifferenza alla religione insiti nella cultura di molte parti del mondo”. Per questa ragione, “la Chiesa deve fronteggiare le sfide di un mondo che cerca altrove le sue fonti di ispirazione”. Alcuni padri hanno anche avanzato “esempi di violenza locale, mentre altri hanno parlato di un calo nella libertà religiosa. Tutto ciò costituisce una sfida che la Chiesa deve fronteggiare in molte parti del mondo”. “L’esigenza suprema del nostro tempo - ha spiegato il cardinale - è un rinnovamento spirituale che la Chiesa è chiamata a proclamare e a realizzare. Il rinnovamento spirituale è l’elemento più importante della nuova evangelizzazione, poiché implica il rinnovamento dell’incontro personale con Gesù Cristo e una catechesi che promuova la nostra crescita spirituale”. In realtà, “la nuova evangelizzazione dovrebbe riversarsi sulla società stessa in cui viviamo. La cultura è l’ambito della nuova evangelizzazione”. Uno dei temi ricorrenti, ha ricordato il porporato, “è l’esigenza di sottolineare il ruolo della Chiesa come presenza autentica di Cristo nel mondo odierno”. La capacità della Chiesa “di portare a compimento le sue numerose opere di amore, negli ambiti della giustizia sociale, del servizio, dell’attenzione sanitaria o dell’educazione sono state viste come elementi della sua identità e segni in cui gli altri possono riconoscere l’attiva presenza di Dio nel nostro mondo”. Si è parlato anche dell’aspetto educativo, in particolare dei giovani, “come un elemento costitutivo della nuova evangelizzazione”. I Padri sinodali hanno sottolineato “l’esigenza di trovare modelli pratici e concreti per offrire ai giovani un’adeguata educazione nella fede”. “C’è stata attenzione al ruolo della famiglia, che rappresenta lo strumento grazie al quale la fede viene trasmessa persino nelle situazioni più difficili. Occorre incoraggiare la vita familiare, soprattutto oggi, quando soffre tanto per le pressioni della nuova visione secolarizzata della realtà”, ha precisato il card. Wuerl. Il Sinodo ha parlato altresì “del ruolo fondamentale delle donne nella vita della Chiesa e del luogo che la madre occupa nella famiglia nella trasmissione della fede”. Molti poi hanno messo in evidenza “il ruolo dei laici nell’opera per la nuova evangelizzazione. A tutti i livelli: nelle aree professionali dell’educazione, del diritto, della politica o delle attività economiche, nonché in tutti i campi che vedono impegnati i laici, il compito dei singoli cattolici è di richiamare la gente alla pratica della fede, con la parola, ma anche e soprattutto con le opere, con l’azione e con la nostra maniera di vivere”. Non sono mancati gli interventi che hanno messo in luce anche il fenomeno delle migrazioni. “Succede spesso che i cattolici arrivano a un contesto nuovo e smettono di essere attivi nella loro fede. L’accoglienza e il loro inserimento nella comunità possono essere forme di nuova evangelizzazione”, ha concluso il card. Wuerl. Nei quindici interventi liberi seguiti alla relazione dopo la discussione, i Padri hanno espresso unanime apprezzamento al cardinale Wuerl per la sua "esauriente e corposa relazione", rilevando allo stesso tempo alcune osservazioni e indicazioni. È stata espressa, tra l’altro, l’esigenza di riservare maggior spazio all’analisi della vita religiosa nel cammino della nuova evangelizzazione e la necessità di più espliciti riferimenti all’islam, al dialogo e al cammino fraterno di convivenza con i musulmani. È stata anche chiesta un’ulteriore riflessione sul rinnovamento liturgico del Concilio Vaticano II. Dai Padri sinodali anche alcune proposte: tra le altre, l’istituzione del "ministero del catechista" e la riscoperta dell’apologetica. Un tratto comune a molti interventi liberi è stata la riaffermazione dell’esigenza di ripartire dai sacramenti dell’iniziazione cristiana, riscoprendo in particolare la confessione e la centralità dell’Eucaristia.
Dal 3 novembre la Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa viene unita al Pontificio Consiglio della Cultura.
"Ecclesiae historiam esse quoque inseparabiliter culturae et artium historiam", "la storia della Chiesa è anche, inseparabilmente, storia della cultura e dell'arte", si legge nel Motu Proprio "Pulchritudinis fidei" con cui la Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa viene unita al Pontificio Consiglio della Cultura. Approvato lo scorso 30 luglio da Benedetto XVI e pubblicato sugli "Acta Apostolicae Sedis" del 3 agosto, il documento pontificio entrerà in vigore il prossimo 3 novembre".
“L’unificazione dei due organismi - si legge in un comunicato del Pontificio
Consiglio della Cultura, diffuso oggi dalla Sala stampa
vaticana - suggella un percorso di convergenza, attuato anche negli ordinamenti
di molte nazioni, verso una visione ampia e articolata nella sua organicità e
unitarietà, in cui anche lo straordinario patrimonio storico-artistico della
Chiesa, prodotto lungo i secoli, con le sue più specifiche esigenze di tutela,
conservazione e valorizzazione, riceve una sua più degna collocazione
nell’ambito delle attività culturali promosse dalla Santa Sede”. Il Pontificio
Consiglio della Cultura venne creato da Giovanni Paolo II il 20 maggio del 1982,
e nel 1993 venne fuso con il Pontificio Consiglio per il dialogo con i non
credenti. Nello stesso anno Giovanni Paolo II creò la Pontificia Commissione per
i beni culturali della Chiesa. La Commissione diventerà quindi un dipartimento all'interno del Pontificio Consiglio per la Cultura? "Sì - risponde il card. Gianfranco Ravasi (nella foto con Benedetto XVI), presidente del dicastero vaticano, in un'intervista L'Osservatore Romano - come Fede e arte, il Cortile dei Gentili o quello appena costituito dedicato allo Sport. Anche l'Unesco, oggi protegge la 'cultura immateriale'; alla base del nuovo concetto di cultura non c'è più l'idea settecentesca di una aristocrazia intellettuale, ma un concetto antropologico, l'elaborazione cosciente di ogni opera della creatività umana; l'arco delle attività non si può selezionare a brani, serve una simbolica d'insieme. Tra le aree di competenza del dipartimento c'è ovviamente anche la collaborazione con la Fondazione per i Beni e le Attività Artistiche della Chiesa".
L’invio della delegazione apostolica in Siria, decisa da Benedetto XVI, “è una bellissima notizia che ci procura gioia e consolazione. Ma il suo significato non è solo pastorale ma anche sociale e politico. I componenti della delegazione, infatti, potranno rendersi conto di quanto veramente sta accadendo in Siria e che i media non riportano sempre correttamente. Le forze armate del governo si sono macchiate certamente di abusi e violenze, non tanto quanto i ribelli e i terroristi appartenenti a movimenti fondamentalisti”. A parlare in un'intervista all'agenzia SIR è mons. Jean-Clement Jeanbart, arcivescovo greco-melkita di Aleppo, citta martire al centro da settimane di scontri e violenze tra forze armate governative e di opposizione. Per l’arcivescovo, l’arrivo, previsto nei prossimi giorni, della delegazione, potrebbe essere un’occasione utile anche per portare avanti una “missione di pace”: “È quello che tutti speriamo. L’auspicio è che la delegazione del Papa, di altro profilo visti i nomi che la compongono, possa incoraggiare Governo ed Opposizione ad accettare il dialogo arrivando anche ad un compromesso. Sarebbe importante per porre fine alle violenze”.
La Santa Sede ha aderito ufficialmente all'Expo che si svolgerà a Milano nel 2015, con una lettera della Segreteria di Stato. E' quanto annunciato dal presidente di Regione Lombardia e Commissario Generale Expo 2015, Roberto Formigoni, durante la conferenza stampa convocata a Palazzo Lombardia per discutere della situazione politica regionale.
"Il Vaticano ha aderito all'Expo con una lettera della Segreteria di Stato", ha dichiarato Formigoni ricordando come la Santa Sede abbia partecipato solo ad alcune edizioni dell'Esposizone Universale, fra cui quella di New York del 1964 quando portò in esposizione la Pietà di San Pietro.