domenica 3 febbraio 2013

Mons. Gomez corregge il tiro: rimangono vescovi in piena regola nell'arcidiocesi di Los Angeles, con pieni diritti di celebrare i sacramenti della Chiesa e di svolgere attività pastorale. La lettera di risposta del cardinale emerito: non hai mai avanzato un solo dubbio sul mio operato

Un giorno dopo la sua clamorosa sospensione “da ogni incarico amministrativo e pubblico”, il card. Roger Mahony, ex-arcivescovo di Los Angeles, ha risposto al suo successore, mons- José H. Gomez, che giovedì scorso aveva emesso il provvedimento in risposta all'ennesimo scandalo pedofilia nella Chiesa cattolica statunitense. Il provvedimento di Gomez nei confronti di Mahony, arcivescovo di Los Angeles dal 1985 al 2011, ha pochissimi precedenti quando si tratta di cardinali. Il presule dell'Opus Dei ha decretato il sollevamento del suo predecessore da ogni incarico in occasione della pubblicazione, sul sito della diocesi, di decine di migliaia di documenti, fino ad oggi tenuti gelosamente custoditi, che descrivono come la Chiesa gestì i casi di 124 sacerdoti accusati di molestie nei decenni passati. Gomez ha accompagnato il suo gesto con una lettera ai fedeli. Mahony ha risposto con una lettera aperta indirizzata allo stesso Gomez, pubblicata sul suo blog venerdì. L'ex-arcivescovo ammette di essersi trovato impreparato all'esplodere della crisi degli abusi sui minori: “Nulla nella mia educazione o nella mia cultura mi aveva preparato ad affrontare questo grave problema”, scrive il cardinale. Quando negli anni '80 esplosero i primi casi, “mi fu consigliato di rimuovere i preti dal ministero attivo se c'era una ragionevole sospetto di abuso, e di mandarli in uno dei numerosi centri residenziali di cura del Paese perché il loro caso venisse valutato”. Nella sua lettera alla diocesi, Gomez aveva scritto che Mahony aveva “fallito nel suo compito di proteggere fino in fondo i giovani affidati alle sue cure”. Ma l'ex-arcivescovo difende il proprio operato, spiegando di aver migliorato le norme e le procedure di protezione dei minori, adottando criteri più stringenti man mano che venivano proposti, e trovandosi sempre in prima fila man mano che nella Chiesa statunitense ci si rendeva conto della gravità e dell'estensione del problema. Mahony non si tira indietro dal lanciare una stoccata contro il suo successore: “Non una volta, in questi anni, hai mai avanzato anche un solo dubbio sulle nostre politiche, pratiche e procedure per affrontare il problema degli abusi sessuali del clero sui minori”. Mahony conclude dicendo di aver chiesto scusa più e più volte per i numerosi errori fatti, soprattutto negli anni '80. “Sfortunatamente – conclude – non posso tornare indietro nel tempo e cambiare le azioni e le decisioni di allora. Ma quando mi sono ritirato del mio ruolo di arcivescovo attivo, ti ho lasciato un'arcidiocesi che non era seconda a nessuno per la protezione dei bambini e dei giovani”. In un comunicato pubblicato venerdì, Gomez è sembrato fare parzialmente marcia indietro. Tanto Mahony quanto il vescovo ausiliare Thomas Curry “rimangono vescovi in piena regola nell'arcidiocesi di Los Angeles, con pieni diritti di celebrare i sacramenti della Chiesa e di svolgere attività pastorale presso i fedeli senza restrizioni”, ha scritto l'arcivescovo. Intanto, i giornali statunitensi hanno iniziato a scandagliare la mole di documenti, oltre 12mila pagine, messi a disposizione dall'arcidiocesi di Los Angeles. Ne emerge un quadro tristemente familiare, con preti molestatori riammessi all'attività pastorale con i minori e presto colpevoli di nuovi abusi, un'attenzione alla segretezza e al nascondimento delle prove, fino alla decisione di spostare alcuni sacerdoti al di fuori della California per evitare che venissero interrogati.

Alessandro Speciale, Vatican Insider

Mons. Cavina: il Papa si ricordava molto bene della diocesi più terremotata. A noi vescovi dell'Emilia ci ha detto volte che il male sembra più forte del bene che è Gesù, ma in realtà ognuno di noi può vedere come il bene, pur nel silenzio, opera ed agisce in maniera concreta

Ricevendo ieri in udienza un primo gruppo di vescovi dell'Emilia-Romagna in visita "ad Limina", Benedetto XVI ha avuto modo di informarsi sull'andamento della ricostruzione nelle zone terremotate della regione, che lui stesso ha visitato il 26 giugno scorso. "Quando mi ha visto ha detto subito: 'Ma lei è il vescovo della diocesi più terremotata!', senza che io nemmeno mi presentassi: quindi, si ricordava molto bene. Ha chiesto come stiano andando le cose, e io lo ho informato", riferisce alla Radio Vaticana mons. Francesco Cavina (foto), vescovo di Carpi. "Ha chiesto a ciascuno di noi di non spaventarci di fronte alle difficoltà", dice ancora Cavina. "A volte il male - ha usato proprio questa espressione - sembra più forte del bene che è Gesù, ma in realtà non è così. E nella vita di tutti i giorni - ha sottolineato - ognuno di noi può vedere come il bene, pur nel silenzio, opera ed agisce in maniera concreta. Quindi, è stato proprio un messaggio di grande speranza e di grande consolazione", aggiunge il vescovo di Carpi. Per quanto riguarda i beni ecclesiastici nella diocesi, spiega il vescovo, "per il 2013, sono stati approvati dalla Regione 13 progetti di ricostruzione dei danni del terremoto, quindi 13 chiese dovrebbero essere riaperte, e tra queste chiese quasi sicuramente dovrebbe esserci anche la Cattedrale. Poi, nelle zone più pesantemente segnate dal terremoto stiamo costruendo tre chiese prefabbricate". Inoltre, "ad ogni comunità parrocchiale è stato assicurato un centro comunitario proprio per poter continuare a svolgere le attività pastorali indispensabili". Tra le esigenze segnalate dal vescovo, anche "un bisogno estremo di sacerdoti". "Se ci fosse qualcuno disposto, con un'esperienza fidei donum, a venire a Carpi, sarebbe accolto veramente a braccia aperte", è il suo appello. In merito alla situazione della popolazione, poi, "nessuno più vive nelle tende; laddove non sia stato ancora possibile sistemare le case sono stati costruiti dei moduli abitativi, assolutamente provvisori - perchè l'intenzione, appunto, è quella di assicurare la ricostruzione dei nostri paesi e delle nostre realtà". Mons. Cavina sottolinea infine un ulteriore problema, "che è il dato economico: molte aziende sono in difficoltà e questi sono sicuramente segni preoccupanti, tenendo conto anche della grave crisi economica che il mondo e la nostra Italia stanno vivendo". "Carpi, economicamente, era una zona molto ricca - conclude il vescovo - e corre il rischio di rimanere in ginocchio se non si interviene quanto prima con finanziamenti diretti proprio all'attività produttiva".
 
Corriere di Bologna
 

Vescovo di Losanna-Ginevra, Friburgo: i lefebvriani sono sospesi 'a divinis', è vietato l'uso delle chiese e delle cappelle cattoliche per qualsiasi servizio sacerdotale e in particolare per l'amministrazione dei sacramenti

La sua è una presa di posizione significativa e indicativa: il vescovo di Losanna-Ginevra, Friburgo Charles Morerod, teologo domenicano, già rettore dell'Angelicum e segretario della Commissione Teologica internazionale nonché membro della delegazione della Congregazione per la Dottrina della Fede nei dialoghi con la Fraternità Sacerdotale San Pio X, ha pubblicato un decreto vietando ai preti lefebvriani di celebrare la Messa nelle chiese e nelle cappelle della sua diocesi. E ha ribadito che i preti della Fraternità sono sospesi "a divinis". Il documento, firmato lo scorso 20 gennaio, riguarda "l'ammissione delle altre religioni, confessioni o gruppi religiosi, come pure della Fraternità San Pio X e dei "teologi indipendenti" nelle chiese e nelle cappelle romano cattoliche". Mons. Morerod, un prelato che Papa Ratzinger conosce bene, nel documento spiega che le comunità appartenenti a religioni non cristiane otterranno una risposta negativa se chiedono l'uso di una chiesa cattolica. Per quanto riguarda invece le comunità e confessioni cristiane, sulla base del "Direttorio per l'applicazione dei principi e delle norme sull'ecumenismo" del 1993, il vescovo spiega che il permesso può essere accordato "per ragioni di necessità pastorale". "Se questa necessità pastorale si presenta, le chiese e le cappelle possono essere messe a disposizione solo per comunità di fede cattolico-cristiana, evangelico-riformata, ortodossa e anglicana". I sacerdoti della Fraternità San Pio X, secondo quanto si legge nel decreto, non rientrano in queste categorie. Morerod infatti dedica tre brevi paragrafi ai lefebvriani, ricordando innanzitutto che la scomunica comminata dalla Santa Sede a Lefebvre e ai vescovi da lui ordinati nel 1988 "è stata tolta per decreto della Congregazione dei vescovi il 21 gennaio 2009". Quindi cita un passo della lettera del 10 marzo 2009 inviata da Benedetto XVI ai vescovi di tutto il mondo dopo la bufera del caso Williamson: "Il fatto che la Fraternità San Pio X non possieda una posizione canonica nella Chiesa, non si basa in fin dei conti su ragioni disciplinari ma dottrinali. Finché la Fraternità non ha una posizione canonica nella Chiesa, anche i suoi ministri non esercitano ministeri legittimi nella Chiesa". Morerod ribadisce dunque l'esistenza della sospensione "a divinis", cioè del divieto di celebrare. "Per queste ragioni - conclude il vescovo svizzero - è vietato ai preti della Fraternità Sacerdotale San Pio X l'uso delle chiese e delle cappelle cattoliche per qualsiasi servizio sacerdotale e in particolare per l'amministrazione dei sacramenti".

Andrea Tornielli, Vatican Insider

Anno della fede. Lombardi: bisogna vivere più intensamente il rapporto fra fede e carità. Non c'è l’una senza l’altra, se no si rischia uno spiritualismo disincarnato o una filantropia che si riduce ad attivismo moralista

"Nella Chiesa della carità, i piccoli incontrano l'amore di Dio che viene concretamente verso di loro". Lo sottolinea il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, nell'editoriale per il settimanale del Centro Televisivo Vaticano "Octava Dies". "La bellezza, il fascino spirituale, la credibilità della Chiesa che giunge fino al cuore è riflesso - afferma padre Lombardi - dello splendore della carità, del calore dell'amore. Un amore che si impara da Dio nella Fede, guardando alla Croce". "In quest'Anno della fede bisogna vivere più intensamente il rapporto fra fede e carità. Non c'è l’una senza l’altra; se no si rischia uno spiritualismo disincarnato o una filantropia che si riduce ad attivismo moralista", ricorda il portavoce vaticano. "Bernadette, Teresa di Lisieux, Raoul Follerau, Padre Damiano, San Vincenzo de Paoli, Madre Teresa sono solo - osserva Lombardi - alcuni dei più famosi, ma quanti, quanti altri hanno creduto all’amore di Dio e perciò hanno amato senza misura, dall’abbondanza del cuore, a cominciare dai piu' piccoli e dai sofferenti nel corpo e nello spirito". "Con la libertà sovrana della legge dell'amore, dei primi due comandamenti che sono uno solo: 'Ama e fa’ quello che vuoi!'", spiega Lombardi citando l'invito di Sant'Agostino a chi si lascia guidare dallo Spirito di Gesù, e San Vincenzo de Paoli che aggiungeva: "La carità è superiore a tutte le regole e tutto deve riferirsi ad essa. E' una grande signora: bisogna fare ciò che comanda!". Per il direttore della Sala Stampa ascoltando i Messaggi del Papa per la Quaresima e la Giornata Mondiale del Malato "il mondo diventa davvero nuovo".
 
Agi
 

La bufera degli abusi sessuali compiuti dal clero investe anche la Chiesa in Polonia. La vicinanza di alcuni sospettati all'entourage di Wojtyla troppo a lungo ha reso ardue le indagini. La scure di Joseph Ratzinger

Sos abusi nel clero polacco: in arrivo un nuovo scandalo pedofilia per la Chiesa Cattolica. "In Polonia potrebbero esserci migliaia di vittime di preti pedofili”, scrive il giornalista olandese Ekke Overbeek nel suo libro Lękajcie się (“Abbiate paura”). “È una bomba a orologeria all’interno della Chiesa?”, si domanda il quotidiano polacco Polska. L’autore del libro descrive le vite distrutte di dodici vittime di abusi sessuali e condanna duramente la Chiesa polacca, ancora molto influente nel Paese, accusandola di “non aver fatto praticamente nulla” per sradicare la pedofilia dai suoi ranghi. " Nella Chiesa gli abusi sessuali sono sempre anche una forma di abuso di potere", denunciò a settembre l'ex promotore di giustizia della Congregazione della Dottrina della Fede, Charles Scicluna, oggi vescovo ausiliare di Malta. Parole utili a capire cosa cosa stia accadendo in queste ore in Polonia e negli Stati Uniti in termini di "purificazione" anti-abusi. Il fronte della lotta alla pedofilia ingaggiata da Benedetto XVI, che si sta spostando in Polonia, dove la vicinanza di alcuni sospettati all'entourage di Papa Wojtyla troppo a lungo ha reso ardue le indagini. E' la stessa ragione per la quale il caso Maciel era stato colpevolmente "congelato" fino all'elezione di Benedetto XVI. Ora si sta finalmente alzando il tiro: non ci si limita più a individuare i colpevoli materiali dei delitti ma si colpisce duramente anche chi li ha coperti, senza guardare in faccia a nessuno. Per questo nel giro di poche settimane le cronache hanno visto visto "cadere", dopo oltre una sessantina di vescovi rimossi, anche le teste di due cardinali. Il primate irlandese Sean Brady, che aveva omesso, quando era un giovane sacerdote incaricato di indagini su casi di pedolfilia, la denuncia alla Santa Sede del proprio vescovo colpevole di insabbiamento, adesso si è visto estromettere dalla cura pastorale della sua diocesi con l'arrivo di un coadiutore con pieni poteri. E' stato sanzionato anche l'arcivescovo emerito di Los Angeles, card. Roger Mahony: l'attuale arcivescovo Josè Gomez (in accordo con Benedetto XVI) lo ha sollevato da tutti gli incarichi amministrativi e dalla possibilità di presiedere le celebrazioni pubbliche, avendolo riconosciuto responsabile dell'insabbiamento di centinaia di casi. "Si tratta di una vera e propria svolta perché in precedenza due altri cardinali coinvolti nello scandalo sono stati trattati ben diversamente - afferma il vaticanista Salvatore Izzo -. Fu consentito di ritirarsi in un convento tedesco all'arcivescovo di Vienna Groer, colpevole direttamente di abusi e a lungo difeso a Roma da eminenti curiali, che avevano di fatto isolato l'allora card. Joseph Ratzinger, l'unico convinto della necessità di processare il porporato benedettino". E fu addirittura trasferito a Roma come arciprete di Santa Maria Maggiore l'arcivescovo di Boston Law, che aveva sottolvalutato le denunce e consentito così ai preti pedofili di agire indisturbati (si limitava aventualmente a trasferirli da una parrocchia all'altra). "La purificazione della Chiesa voluta da Papa Ratzinger passa sempre di più per la dissezione di consolidati gruppi di potere, cordate che non si sono limitate negli anni a promuovere i loro esponenti a incarichi sempre più prestigiosi ma hanno di fatto coperto i loro delitti. Del resto l'altro grande tema della riforma benedettiana è la critica al carrierismo".

Giacomo Galeazzi, Vatican Insider

Il Papa: mons. Sako, il suo ministero sia a conforto dei fedeli caldei nella madre patria e nella diaspora, dell’intera comunità cattolica e dei cristiani che vivono nella terra di Abramo, quale stimolo alla riconciliazione, alla vicendevole accoglienza e alla pace per tutta la popolazione

Lettera di felicitazione di Benedetto XVI al nuovo patriarca di Babilonia dei Caldei mons. Louis Raphael I Sako (foto), finora arcivescovo di Kirkuk, eletto venerdì scorso del Sinodo della Chiesa Caldea, riunita a Roma. “Il Suo ministero - scrive il Papa - sia a conforto dei fedeli caldei nella madre patria e nella diaspora, ma anche dell’intera comunità cattolica e dei cristiani che vivono nella terra di Abramo, quale stimolo alla riconciliazione, alla vicendevole accoglienza e alla pace per tutta la popolazione irachena". Nella lettera, che porta la data del 1° febbraio, il Papa accoglie e concede l’“Ecclesiastica Communio”, che il patriarca di Babilonia neoeletto aveva richiesto al Pastore della Chiesa universale e Successore di Pietro.

Radio Vaticana

Lettera al nuovo Patriarca di Babilonia dei Caldei per la concessione dell'Ecclesiastica Communio (1° febbraio 2013)

Mons. Müller: mirate campagne per screditare la Chiesa Cattolica hanno fatto sì che già adesso in alcuni settori i religiosi vengano insultati pubblicamente in modo volgare. Monta una rabbia provocata artificialmente, che di tanto in tanto ricorda già oggi un clima da pogrom

Contro la Chiesa Cattolica c'è un “clima da pogrom”. È molto duro l'attacco lanciato dal prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, monsignor Gerhard Ludwig Müller (nella foto con Benedetto XVI), dalle colonne del quotidiano tedesco Die Welt. "Delle mirate campagne per screditare la Chiesa Cattolica in America del Nord e anche qui da noi in Europa hanno fatto sì che già adesso in alcuni settori i religiosi vengano insultati pubblicamente in modo volgare", nota l'ex vescovo di Ratisbona. "Qui monta una rabbia provocata artificialmente, che di tanto in tanto ricorda già oggi un clima da pogrom", ha aggiunto. Su molti blog e anche in tv vengono avanzati attacchi contro la Chiesa i cui strumenti "risalgono alla lotta delle ideologie totalitarie contro il cristianesimo". Nel colloquio con la Welt Müller si esprime in modo critico anche sul processo di dialogo tra vescovi e laici attualmente in corso nelle diocesi tedesche. È positivo che ci sia un dialogo, ma bisogna affrontare le questioni essenziali "e non scodellare ogni volta gli stessi problemi". Quali? Müller cita ad esempio la richiesta dei laici di aprire il sacerdozio anche alle donne: questo "non è possibile", non perché le donne valgano di meno degli uomini, ma perché "è nella natura del sacramento dell'Ordine che Cristo sia rappresentato in esso come sposo in rapporto alla sposa". Altrettanto netto il rifiuto delle unioni omosessuali: "Per la Chiesa Cattolica non è possibile accettare le relazioni tra persone dello stesso sesso, simili relazioni non vanno in alcun modo equiparate al matrimonio", nota Müller. Il quale chiude la porta anche a un'eventuale abolizione del celibato: "Il celibato dei sacerdoti corrisponde all'esempio e alla parola di Gesù e ha trovato nell'esperienza spirituale della Chiesa latina una sua particolare espressione". Non ci sono segnali, ha aggiunto, che i responsabili della Chiesa vogliano cambiarlo, partendo da certe idee sbagliate, come se praticare la sessualità, dentro o fuori il matrimonio, fosse una necessità naturale. Secondo Müller se proprio si vuole parlare di un ristagno delle riforme all'interno della Chiesa, ciò riguarda semmai i "temi essenziali che non vengono affrontati: la partecipazione ai sacramenti, la conoscenza della fede". La parola “riforma” "non può essere sequestrata per frenare il vero rinnovamento in Cristo". Müller ricorda poi che non si può parlare di una "Chiesa tedesca", bensì della Chiesa Cattolica in Germania, e nega che esista un “centralismo romano”: patiamo il fatto che "abbiamo troppa poca unità, la Chiesa non soffre di centralismo, bensì del fatto che le forze centrifughe sono troppo forti". Il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede ha infine lanciato un chiaro messaggio ai lefebvriani: abbiamo proposto loro un preambolo dottrinale, ma "finora non c'è stata nessuna risposta. Noi però non aspettiamo all'infinito".

Alessandro Alviani, Vatican Insider

I saluti del Papa nelle diverse lingue: Maria ci aiuti sempre di più affinché la carità sia il tratto distintivo dell’operare cristiano e che sia questo il frutto di quello in cui crediamo come discepoli del suo Figlio

Nei saluti in varie lingue, in francese, il Papa ha ricordato la Giornata della vita consacrata celebrata ieri, che ci invita “ad ascoltare la chiamata del Signore e a rispondere con fiducia e generosità. Rendiamo grazia e preghiamo per tutti i consacrati, affinché crescano nella santità. La loro testimonianza ci invita a dare un posto importante a Dio nella nostra vita attraverso la preghiera, la messa domenicale, la lettura della sua Parola. La nostra fede più viva potrà cambiare il nostro cuore”. Anche in polacco, ha fatto riferimento alla celebrazione ieri della Giornata della vita consacrata. “A Maria, che irradia con lo splendore della santità la vita di ogni persona – è stato l’invito -, raccomandiamo nella preghiera tutti coloro che hanno scelto la vita secondo i consigli evangelici. Imitino con gioia Gesù nella povertà, castità e obbedienza, compiendo ogni giorno il servizio di Dio e del prossimo”. In spagnolo il Pontefice ha fatto riferimento alla seconda lettura, nella quale è ripreso il cosiddetto “inno alla carità” di San Paolo, nel quale “si spiega il ‘cammino’ della perfezione, che non consiste nell’avere qualità particolari, ma nel vivere l’amore autentico, che Dio ci ha rivelato in Gesù Cristo”. “Che Santa Maria, la Vergine, ci aiuti sempre di più affinché la carità sia il tratto distintivo dell’operare cristiano e che sia questo il frutto di quello in cui crediamo come discepoli del suo Figlio”, è stato l’auspicio.

SIR

Benedetto XVI: oggi in Italia, la Giornata per la vita, mi associo ai vescovi che nel loro messaggio invitano ad investire sulla vita e sulla famiglia, anche come risposta efficace alla crisi attuale

Dopo la recita dell’Angelus, Benedetto XVI ha ricordato che oggi, nella prima domenica di febbraio, ricorre in Italia la “Giornata per la vita”. “Mi associo ai vescovi italiani – ha affermato - che nel loro messaggio invitano ad investire sulla vita e sulla famiglia, anche come risposta efficace alla crisi attuale”. Ha poi salutato il Movimento per la vita e augurato “successo all’iniziativa denominata ‘Uno di noi’, affinché l’Europa sia sempre luogo dove ogni essere umano sia tutelato nella sua dignità”. Un saluto anche ai rappresentanti delle facoltà di Medicina e chirurgia delle Università di Roma, specialmente ai docenti di Ostetricia e Ginecologia, accompagnati dal cardinale vicario, e li ha incoraggiati “a formare gli operatori sanitari alla cultura della vita”.

SIR 

Il Papa: il vero profeta non obbedisce ad altri che a Dio e si mette al servizio della verità, pronto a pagare di persona. Credere in Dio significa rinunciare ai propri pregiudizi e accogliere il volto concreto in cui Lui si è rivelato, l’uomo Gesù di Nazaret. E questa via conduce anche a riconoscerlo e a servirlo negli altri

A mezzogiorno il Santo Padre Benedetto XVI si è affacciato alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro. Commentando il Vangelo odierno, prosecuzione di quello di domenica scorsa, il Papa ha ricordato che “ci troviamo ancora nella sinagoga di Nazaret, il paese dove Gesù è cresciuto e dove tutti conoscono lui e la sua famiglia. Ora, dopo un periodo di assenza, Egli è ritornato in un modo nuovo: durante la liturgia del sabato legge una profezia di Isaia sul Messia e ne annuncia il compimento, lasciando intendere che quella parola si riferisce a Lui. Questo fatto suscita lo sconcerto dei nazaretani”: da una parte, “erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca”, dall’altra, conoscendolo, lo ritengono un presuntuoso. “Proprio conoscendo questa chiusura, che conferma il proverbio ‘nessun profeta è bene accetto nella sua patria’, Gesù rivolge alla gente, nella sinagoga, parole che suonano come una provocazione”, ha osservato il Pontefice. Infatti, “cita due miracoli compiuti dai grandi profeti Elia ed Eliseo in favore di persone non israelite, per dimostrare che a volte c’è più fede al di fuori d’Israele”. A quel punto “la reazione è unanime: tutti si alzano e lo cacciano fuori, e cercano persino di buttarlo giù da un precipizio, ma Egli, con calma sovrana, passa in mezzo alla gente inferocita e se ne va”. A questo punto, ha sostenuto il Santo Padre, “viene spontaneo chiedersi: come mai Gesù ha voluto provocare questa rottura? All’inizio la gente era ammirata di lui, e forse avrebbe potuto ottenere un certo consenso…”. Ma proprio questo è il punto: “Gesù non è venuto per cercare il consenso degli uomini, ma – come dirà alla fine a Pilato – per ‘dare testimonianza alla verità’”. “Il vero profeta – ha chiarito Benedetto XVI - non obbedisce ad altri che a Dio e si mette al servizio della verità, pronto a pagare di persona”. È vero che “Gesù è il profeta dell’amore”, ma anche “l’amore ha la sua verità”. Anzi, ha evidenziato il Papa, “amore e verità sono due nomi della stessa realtà, due nomi di Dio”. Nella liturgia odierna risuonano anche le parole di san Paolo sulla carità. “Credere in Dio significa rinunciare ai propri pregiudizi e accogliere il volto concreto in cui Lui si è rivelato: l’uomo Gesù di Nazaret. E questa via conduce anche a riconoscerlo e a servirlo negli altri”, ha spiegato il Pontefice. In questo è “illuminante” l’atteggiamento di Maria. “Chi più di lei ebbe familiarità con l’umanità di Gesù? Ma non ne fu mai scandalizzata come i compaesani di Nazaret – ha dichiarato il Santo Padre -. Ella custodiva nel suo cuore il mistero e seppe accoglierlo sempre di più e sempre di nuovo, nel cammino della fede, fino alla notte della Croce e alla piena luce della Risurrezione”. Maria, ha auspicato, “aiuti anche noi a percorrere con fedeltà e con gioia questo cammino”.

SIR

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS